Skam 5 su Netflix conferma il successo delle stagioni precedenti dell’amato serial italiano: la recensione.
Ritorna il gruppo di adolescenti creato per l’Italia dalla penna di Ludovico Bessegato con nuovi 10 episodi creati dal team di Cross Productions e Netflix. Nel cast: Francesco Centorame (Elia), Beatrice Bruschi (Sana). Federico Cesari (Martino), Giancarlo Commare (Edoardo). Rocco Fasano (Niccolò), Ibrahim Keshk (Rami), Martina Lelio (Federica). Ludovica Martino (Eva), Mehdi Meskar (Malik). Greta Ragusa (Silvia), Ludovico Tersigni (Giovanni). Pietro Turano (FIlippo) e Nicholas Zerbini (Luchino). Debuttano in questa stagione Lea Gavino (Viola) e Nicole Rossi (Asia).
La serie, tratta dal format norvegese di Julie Andem, parte come al solito da un personaggio principale, il protagonista di stagione, i cui problemi e disagi diventano il punto di partenza per i temi da trattare e attraversare.
Il prescelto della stagione 5 ( con Tiziano Russo regista e Ludovico Bessegato, co-sceneggiatore insieme ad Alice Urcioli) è Elia, il diciannovenne interpretato da Francesco Centorame. Al centro della nuova stagione l’importante percorso di accettazione che il giovane dovrà compiere. La complicità degli amici di sempre, determinante per raggiungere questo obiettivo, si intreccerà alle vicende di Elia alle prese con i nuovi personaggi.
Elia è stato bocciato e non ha concluso il suo percorso liceale insieme ai suoi compagni. Crescere non sarà così facile come aveva creduto. Rimasto indietro al vecchio mondo, mentre gli altri sono proiettati in avanti, Elia si sente sospeso e sfugge sempre più le relazioni. Come in una bolla, si allontana anche sentimentalmente da amici e complicazioni sentimentali.
Svelata la motivazione della sua ritrosia ( una caratteristica fisica vissuta come un difetto) veniamo a conoscenza del motivo del suo profondo disagio fisico e mentale.
Miti da sfatare
Un tema forte dunque quello scelto da Skam 5 che si inoltra su un terreno difficile toccando un argomento inesplorato ma attuale: il body shaming e la mascolinità tossica. Quasi sempre il focus è sulle donne: l’approccio alla questione dal punto di vista qui maschile mostra l’universalità della sofferenza, quando il proprio corpo non si conforma alla ‘normalità’ e permette anche di sfatare qua e là, qualche mito di troppo sulla sessualità maschile e femminile. La mancata accettazione di sé da parte di Elia coincide con un’incapacità a costruire e un’importante carenza di autostima. L’isolamento sembra essere la via più semplice e meno dolorosa da percorrere.
Bullismo e altre tematiche
Elia sarà ovviamente nell’occhio del ciclone social, sommerso da bullismo e derisione per il suo ‘difetto’ sbandierato ai quattro venti. Deciderà però di affrontare il mostro dei bulli con il sostegno degli amici. Questo perché il racconto in Skam si conferma corale: anche se uno dei ragazzi del gruppo è al centro della stagione, chi gli sta attorno ha comunque la sua importanza nel rappresentare quel legame affettivo ( anche se fittizio in parte) che le amicizie scolastiche sanno regalare. La serie tende sempre a voler veicolare un’idea di condivisione e partecipazione, consapevole di essere vista essenzialmente da un pubblico appartenente ad una fascia di età vicina a quella dei protagonisti.
Il percorso di Elia si interseca poi con quello di varie new entry. Ad arricchire il cast c’è soprattutto Viola (Lea Gavino) che riuscirà a guadagnarsi la fiducia del ragazzo. Attraverso lei si affronterà anche un altro tema importante come quello sulle molestie.
Non c’è solo la vicenda legata ad Elia infatti in questa stagione di Skam Italia. Senza fare spoiler, scopriremo nel corso degli episodi che un altro personaggio della serie deve affrontare il dolore legato alle conseguenze di una manipolazione psicologica.
Emerge la consapevolezza che viviamo in un’epoca in cui tutti possiamo diventare bulli. Risatine sottovoce, commenti inappropriati, sguardi ironici. Superare il limite e passare dall’altro lato è semplice. Basta solo un attimo.
Seppur non perfetto. Skam Italia 5, alla fine, lascia dunque un monito importante: non dimentichiamo che l’essere vittima a volte non ci giustifica dal poter noi stessi fare del male.