In concorso alla Settimana Internazionale della Critica, Tant que le soleil frappe (Beating Sun) è il primo lungometraggio di finzione di Philippe Petit.
Tant que le soleil frappe: la trama
Max non sogna di realizzare “green wall” per alberghi a cinque stelle. Paesaggista tenace ma con le spalle al muro, lotta per creare un giardino naturale, senza recinzioni, nel centro di Marsiglia: un’area verde aperta a tutti. Dopo anni di fallimenti, il suo progetto raggiunge la fase finale di un concorso di architettura. Questa, per Max, è l’ultima possibilità di dare ossigeno alle persone che stanno soffocando in un inferno urbano, sotto il sole battente.
La forza dell’utopia
“Un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni, senza slanci, sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura” diceva Fabrizio De André. Sono proprio i sogni e gli ideali a delineare la vita di Max, il protagonista di Tant que le soleil frappe, un paesaggista che vive a Marsiglia e che lotta per dare nuova vita a una piazza della città. Il suo sogno è quello di realizzarvi un giardino naturale, con spazi aperti in cui gli abitanti del quartiere possano svagarsi, ripararsi e respirare libertà. È più di un progetto, è immaginazione, è una visione, è un’ideale di creazione e di connessione sociale che si trasforma in una missione. È desiderio di aprirsi alla natura e di concepire spazi senza barriere fisiche e sociali, laddove invece c’è solo incuria e trascuratezza che diventa anche morale.
Eppure, nonostante il progetto venga lodato e definito più volte interessante, l’approvazione e i finanziamenti non arrivano mai, in una ciclica condizione di attesa, rimandi e speranze disilluse quasi beckettiana. C’è sempre qualcosa che non convince appieno gli interlocutori a cui Max si rivolge, non trovando però una chiara definizione nelle loro parole. Serve più concretezza, gli dicono, più valore, più tangibilità. In buona sostanza, serve che la piazza porti soldi: la matematica pura contrapposta ai bisogni dei cittadini. È un mondo che Max non riesce a comprendere, un teatro dell’assurdo a cui prova a opporsi con tutte le sue energie, spostandosi senza sosta da un luogo all’altro, rincorrendo architetti, funzionari, personaggi pubblici.
Tant que le soleil frappe segue quindi i frenetici movimenti del protagonista, il suo percorso costeggiato dalla morte e dal fallimento e al tempo stesso dalla vita e dalle opportunità, segno del suo ondivago presente che riflette quello della città e dei propri cambiamenti. Ma la sua direzione è soprattutto quella che distanzia l’idea dall’ideale, quell’impulso che si lega all’agire, al desiderio di lottare per un’utopia e di spingere la realtà oltre la realtà stessa. Un film fervente nella sua anima politica, battente come il sole del titolo dal quale la piazza di Marsiglia ha bisogno di essere riparata. Un sole dal quale si può trovare sollievo solo agendo, anche attraverso il posizionamento di un solo albero, da cui nasce una nuova ombra.