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‘I came by’ : un film tra thriller e horror
Un thriller crime che strizza l’occhio a grandi temi politici.
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2 anni agoon
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Luca BoveI came by, un film diretto dal regista iraniano – britannico Babak Anvari e scritto insieme a Namsi Khan, è disponibile su Netflix.
Un thriller crime che strizza l’occhio a grandi temi politici.
Babak Anvari, che esordì nel 2016 con Under the Shadow, realizza un film per certi versi ambiguo. I came by inizia come una classica opera basata sullo scontro generazionale, prosegue imboccando la strada dell’horror e termina come un thriller. Il regista riesce a creare una certa suspense, ma è sufficiente?
I came by La trama del film
Toby (George Mackay) e Jay (Prcelle Ascott) sono due writers che vanno in giro, facendo irruzione nelle case di persone ricche, scrivendo sulle pareti la tag che dà il titolo al film. Toby vive con sua madre Lizzie (Kelly Macdonald) ma il loro rapporto non è idilliaco. Jay, invece, vive con Naz (Varada Sethu), la sua ragazza, che scopre di essere incinta. La futura paternità convince Jay ad allontanarsi da Toby, che decide di continuare da solo l’attività di graffitismo. Un giorno si introduce nella ricca abitazione di Hector Blake (Hugh Bunneville), un ex giudice che nasconde dei brutali misteri.
Lo scontro sociale nel film I came by
La pellicola è ambientata in una modernissima Londra, ma l’inizio del film, per certi versi, sembra riportare alla luce lo scontro sociale, vissuto dai londinesi ai tempi della Lady di ferro. Non siamo, però, negli anni Settanta. La vicenda si svolge ai nostri giorni e l’eco delle proteste delle classi meno abbienti contro Margaret Thatcher svanisce quasi subito.
Nel film, in ogni modo, è percepibile una sotto-traccia rivolta al sociale e a temi che interessano la politica, non solo inglese, ma globale, e lo scontro tra ricchi e poveri dà l’avvio alla narrazione.
Toby e Jay sono presentati come dei Robin Hood contemporanei, ma loro non hanno bisogno di rubare ai ricchi per dare ai poveri. I due amici, ragazzi del tutto comuni, si accontentano di intrufolarsi nelle case dei ricchi e lasciare la loro firma sui muri: I came by.
Non mancano espliciti riferimenti alla differenza di classe, come quando Toby è in metropolitana e riesce far sborsare del denaro a un tipico uomo d’affari londinese a favore di una povera mendicante. Il tutto avviene attraverso un simpatico e machiavellico stratagemma. E la piccola abitazione in cui vive Toby, insieme alla madre, contrasta con le sontuose case delle vittime prescelte da lui e Jay.
Siamo nel 2022 e lo scontro sociale è ben diverso da quello vissuto negli anni Settanta. Le differenze economiche contano, ma c’è altro a rendere la situazione molto più complessa.
La crisi sociale ed economica vissuta dai personaggi di questo film, rispecchia, grosso modo, quella vissuta attualmente dalla classe media europea. Lizzie, la madre di Toby, interpretata da Kelly Macdonald (Madden), non è un’operaia, ma una psicologa, che da sola ha cresciuto suo figlio e Toby, il quale come tanti ragazzi di oggi, non ha ancora deciso quale strada seguire. Accenni sociali sono dedicati anche a Jay, un giovane di colore, operaio e, in parte perseguitato dalla polizia.
Il mistero inquietante
La tematica sociale del film è palpabile nei primi minuti. In seguito non svanisce del tutto, ma acquista un tono misterioso, in bilico tra il thriller e l’horror. Ciò avviene con l’introduzione di Sir Hector Blake, un uomo apparentemente perbene. L’ex giudice, interpretato da Hugh Bonneville (Downton Abbey II – Una nuova era), incarna i valori tipicamente liberali, in senso anglosassone. L’uomo difende i diritti dei rifugiati politici e si dichiara apertamente difensore della comunità LGBTQ, ma nasconde un mistero e una doppia vita raccapricciante.
A scoprire il suo segreto è Toby, che si è introdotto in casa sua per firmare la parete della sontuosa villa dell’ex giudice. Il ragazzo, però, scopre nel seminterrato l’orribile mistero dell’uomo.
Il regista, alla maniera dei classici film di Alfred Hitchcock, crea un’efficace suspense, prima di svelare l’identità dell’inquietante segreto.
Da thriller a horror (spoiler attenzione).
I came by imbocca la strada dello slasher ed Hector Blake acquista i connotati del malvagio antagonista, alla ricerca delle sue giovani vittime.
Sotto le grinfie di Hector Blake non finiscono solo Toby e Lizzie, ma anche il giovane massaggiatore omosessuale d’origine mediorientale. È a quest’ultimo che l’ex giudice confessa il suo trascorso. Un’infanzia traumatica, vissuta in un collegio, dopo aver scoperto il cadavere della madre suicida.
Ma il trauma più profondo, Hector Blake l’ha vissuto per colpa del padre, il cui ritratto è in bella vista nel suo elegante salotto.
“Ma che mi piaccia o no è lui che mi ha reso l’uomo che sono”.
L’ex giudice ha ereditato dal padre, corruttore di un giovane e bellissimo servitore, la sua morbosa omosessualità.
La duplice e malsana personalità dell’ex giudice sembra rispecchiare la rappresentazione della sua elegante abitazione. Ciò che è visibile, infatti, appare tutto di buon gusto, ma appena si scende di livello e si giunge al seminterrato emerge una realtà diametralmente opposta. E la sua ossessione di far togliere le scarpe ai suoi ospiti si rivela una nota rivelatrice del suo animo malvagio.
I came by ha tutte le carte in regola per essere un ottimo film, ma a fine visione si resta perplessi. Non si comprendono appieno le vere intenzioni del regista che ha preso ispirazione da eventi reali, per poi romanzarli all’estremo.
La vicenda, nonostante gli agganci al tessuto sociale, non ha un vero climax e quando c’è è davvero debole. Le emozioni vissute dai personaggi, inoltre, sono forti, soprattutto quelle di Lizzie, ma non riescono ad incrociarsi empaticamente con lo spettatore.
La ragione di tutto ciò sta nel fatto che il film ha la pretesa di essere più cose contemporaneamente. I came by risulta come un grande calderone dove il cuoco ha messo a cucinare le più diverse pietanze e alla fine ogni gusto si confonde con l’altro.