In concorso a Venezia 79, ‘Love Life’ di Kôji Fukada, la storia di una donna alle prese con un evento tragico inaspettato e un ritorno dal passato. Il film uscirà nelle sale, distribuito da Teodora Film, il 9 settembre.
‘Love Life’: la storia
Taeko vive con il compagno Jiro e suo figlio Keita, nato da una precedente relazione. Gli equilibri della famiglia vengono sconvolti da un evento improvviso e dal ritorno di Park, ex di Taeko e padre biologico di Keita.
La donna si trova contesa tra l’uomo con cui ha scelto di condividere la vita e il suo passato amore.
Credits. La Biennale
La canzone che ha ispirato il film
‘Love Life’ si ispira all’omonima canzone di Akiko Yano, datata 1991; il brano accompagna gli ultimi minuti e i titoli di coda del film.
Qualunque sia la distanza tra di noi, niente può impedirmi di amarti – sono le parole del testo musicale che rivelano l’essenza stessa del film.
La distanza, metaforica e reale, è un elemento che percorre tutta l’opera; l’incomunicabilità e i silenzi ampliano gli spazi tra i personaggi e tra questi ultimi e il pubblico che, a fatica, riesce ad appassionarsi alla vicenda e a instaurare una connessione con i protagonisti.
Fumino Kimura, nei panni della protagonista, incarna una figura femminile che affronta l’imprevedibilità della vita e il dolore, divisa tra due uomini che non riescono ad entrare in contatto con lei veramente, per motivi diversi. Jiro non guarda mai Taeko quando parla con lei mentre Park è non udente e comunica con la lingua dei segni.
Il punto di rottura
Il punto di rottura del film è un evento tragico vissuto dai protagonisti; lo tsunami emotivo che li travolge, rivoluziona gli equilibri e cambia le dinamiche relazionali.
All’inizio del film, c’è una scena emblematica, in cui il piccolo Keita campione del gioco L’Othello, muove le pedine: ogni mossa determina quella successiva così come l’entrata o l’uscita di una pedina. Tutta la struttura drammatica dell’opera si basa sullo stesso principio del gioco: le mosse delle partite si fanno metafora delle interazioni tra i personaggi.
‘Love Life’ è un film rigoroso, pulito e senza fronzoli nella messa in scena e calibrato nella scrittura ma, nonostante la bravura di Kimura, non riesce a coinvolgere lo spettatore.
Sicuramente a questa rappresentazione ‘asettica’ dei sentimenti e delle vicende narrate, si aggiunge la scarsa conoscenza delle tradizioni nipponiche, da parte del pubblico occidentale, nonché il gap culturale e le inevitabili differenze tra le modalità espressive e comunicative. Ciò rende anche difficile decodificare, o comprendere pienamente, alcune azioni o reazioni dei personaggi.
È come se tra il pubblico e la storia si frapponesse uno schermo ben più impenetrabile di quello cinematografico. I silenzi del film anziché sovraccaricarsi di senso non fanno altro che aumentare la distanza, non solo tra gli interpreti, ma anche tra questi ultimi e chi si trova in sala.