Remake cinematografico del precedente lungometraggio televisivo del 1973, “Non avere paura del buio” ricorre a quello che è da sempre l’inquietante universo infantile, tempestato di esseri nascosti sotto i letti o pronti a celarsi tra le coperte per balzare fuori all’improvviso.
Con protagonista una giovane moglie impegnata a fronteggiare misteriose creaturine demoniache nascoste all’interno della sua nuova abitazione, il lungometraggio televisivo Non avere paura del buio– diretto nel 1973 dal compianto specialista del piccolo schermo John Newland – non solo “regalò” notti insonni a coloro che ebbero la fortuna di vederlo, ma anticipò di sicuro quel bel cinema del brivido a basso costo basato su storie prevalentemente ambientate in interni, a partire dalla ricca produzione di Charles Band.
Del resto, non c’è da stupirsi se i mostriciattoli digitalmente ricreati in questo rifacimento che segna l’esordio alla regia per il noto disegnatore di fumetti Troy Nixey ricordano da vicino quelli visti nella serie vampiresca Subspecies, sfornata proprio dalla Full Moon del citato re dei b-movie, mentre si apprestano a tormentare la piccola Sally alias Bailee”Mia moglie per finta”Madison, giunta nella casa vittoriana del Rhode Island che il padre Alex e la sua nuova compagna Kim – rispettivamente con i volti di Guy Pearce e Kathy Holmes – stanno ristrutturando.
Ovviamente, sotto la produzione di Guillermo del Toro, autore de Il labirinto del faunoche firma anche la sceneggiatura insieme al veterano Matthew Robbins (Sugarland expresse Miracolo sull’8ª strada nel curriculum), la confezione appare più lussuosa rispetto a quella pur curata del capostipite, comunque rispettato e oggetto soltanto di alcune indispensabili modifiche.
Infatti, a cominciare dagli affascinanti titoli di testa realizzati nello stile dei telefilm horror di tanti anni fa, i quali giungono dopo un prologo che già promette sia spaventi che un pizzico di violenza, si torna a giocare in maniera efficace con le atmosfere cupe, grazie anche al buon lavoro svolto su fotografia e scenografie.
Aspetto da non sottovalutare, se teniamo in considerazione il fatto che ci troviamo nel secolo in cui l’horror cinematografico sembra necessitare inevitabilmente di estremo sadismo e frattaglie sparse.
A differenza del film di Nixey, che, non eccelso ma coinvolgente e concepito con grande professionalità, ricorre a quello che è da sempre l’inquietante universo infantile, tempestato di esseri nascosti sotto i letti o pronti a celarsi tra le coperte per balzare fuori all’improvviso.
Tutti elementi che, come il titolo stesso suggerisce, portano all’intramontabile fobia nei confronti delle tenebre, testimoniando che le favole, a loro modo, funzionano sempre, sia quando sono rivolte agli spettatori più piccoli, sia quando sono mirate a trasmettergli terrore.