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Biennale del Cinema di Venezia

Perché questi film dovrebbero vincere a Venezia 79?

Scopriamo gli imperdibili film alla 79 Mostra del Cinema di Venezia e i loro perché trasversali. Uno su tutti l'autenticità!

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perchè questi film dovrebbero vincere venezia79

Tanti ne abbiamo visti e alcuni amati molto, in questa edizione veneziana di cinema. Vediamo quali film dovrebbero assolutamente vincere a Venezia79.

Tár di Todd Field 

L’arte è come una cipolla. Man mano che se ne sfogliano gli strati si capisce di più, si aggiunge consapevolezza fino al punto, come avviene con la sindrome di Stendhal, di piangere di fronte ad un’opera immensa. O arrivati al nucleo della cipolla che fa lacrimare. Ed è questo il caso.

Todd dirige una Cate Blanchett proveniente da un altro pianeta, un’intelligenza superiore, una potenza espressiva senza pari, una plasticità di linguaggio che definisce una risemantizzazione del concetto di #metoo.

Tale premessa per dire che Tár unisce molti livelli di lettura. Film complicato, sofisticato anche lungo, tre ore che in realtà volano, cosparsi come si è da tale bellezza espressiva, architettonica, dei luoghi, della musica, dei gesti, dei ruoli.

La bravura di è chi sa capire come il potere logori. Non solo chi non ce l’ha.

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The Banshees of Inisherin

Possiamo dire che il 90 per cento delle persone che incontriamo sia noioso? La risposta di questo film, dal punto di vista di Brendan Gleeson, uno dei due eccelsi protagonisti, pare proprio essere si.

Ci sono luoghi noiosi, persone noiose, argomenti noiosi. E il peggio avviene quando questi sono tutti e tre lì contemporaneamente.

“Hai parlato per due ore della cacca del tuo asinello. Sei noioso”.“Ho la sensazione che il tempo mi scappi di mano – dice Brendan nel ruolo di Colm, annoiato, colto, suonatore di violino, amante della musica e un po’ arrogante – e voglio usarlo al meglio”

E proprio attorno alla noia, ruotano le vicende tragicomiche del film. Il divario/abisso tra cultura ostentata, velata arroganza di chi ha qualcosa da dire, magari perché ha studiato, contrasta con semplicità, (bontà) e serenità e una totale mancanza di argomenti.

La crasi tra una vita legata alla lettura e una disgiunta da essa, genera una doppia spirale che risucchia i due protagonisti diversissimi e provoca enorme ironia. Almeno all’inizio.

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Perché questi film dovrebbero assolutamente vincere a Venezia79?

The whale di Darren Aronovsky (5 stelle)

Potenza della scrittura di Hunter. Usandola bene ne aveva già ricavato una piece teatrale. Qui visualizzata alla perfezione dalla crasi che Aronosvsky fa tra mente corpo, di un eccelso protagonista, Fraser, gigante non solo nel fisico, ma anche e soprattutto nelle mente coltissima, letteraria, espansa più dei suoi glutei.

"Perché

Il messaggio del film in cui un insegnante di scrittura online non si fa mai vedere dagli studenti, fingendo una telecamera rotta da anni, è sublime.

Dare maggiore importanza all’intelligenza e sensibilità quali quelle del protagonista, in un’epoca di social, apparenza, vuoto cosmico e corpi rifatti, ritoccati, plastificati, cerulei, sbiancati, tonici, secchi, radicati, dove la pienezza dell’addome è direttamente proporzionale alla grandezza del cervello, è un bellissimo messaggio a differenza di quello negativo e fondamentalmente inutile dell’italico Guadagnino: ‘GIRATE, CHE ME TE MAGNO’

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L’immensità di Emanuele Crialese (3 stelle)

Riflettere sul fatto che l’anima non abbia sesso, qui fornisce una certezza. L’idea che le etichette si trovino più al supermercato che tra esseri umani è idolatrante. Questo film è un abisso che ti risucchia tra legami carmici: quello tra Emanuele e sua madre, quello tra Emanuele e l’attrice da lui scelta per interpretarlo. L’immensità è un film vero che commuove, percuote, stira, assorbe e filtra.

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White noise di Noah Baumback (3 stelle)

A ridosso della nube tossica di ieri di San Giuliano Milanese, dove una fabbrica di petrolchimica ha ′preso fuoco diffondendo armi letali volatili nell’aria, il film di Baumbach perplime e conferma del tutto il sospetto di visionarietà e capacità intuitiva che gli artisti devono avere per essere definiti tali.

L’importanza di questo film, basato sul libro di Don DeLillo, risalente a metà degli anni ottanta, giace nell’obbligo morale di iniziare finalmente tutti a prendersi cura della natura, anche al di là della riuscita tecnica del film. Il messaggio acuto vale un premio.

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A Compassionate Spy di Steve James (3 stelle)

Attuale, credibile, apocalittico. Questo il senso ultimo del film che dal passato illumina il cono d’ombra che perdura fino ad oggi, come quello delle minacce di bombe atomiche. Dalla loro esegesi all’oggi è un attimo.

Il documentario prodotto da Participant e Kartemquin Films, non solo è uno dei numerosi film del festival di quest’anno che affrontano il tema del disastro nucleare: da White noise a Nuclear, qui è la finzione che influenza la realtà. Diventa anche perno e spunto per riflettere sul tema della fiducia: sia essa nel proprio coniuge, nei governi, nei politici che, come Putin e altri oggi hanno ‘quel famigerato tasto’  nella valigetta sotto mano.

Il film  seppur non un capolavoro dal punto di vista cinematografico è interessante sia per la storia che per le dinamiche che l’hanno sottesa.. Mescola interviste al protagonista prima della morte, racconti della moglie 90 anne, ancora totalmente intrisa d’amore per il marito che non la tradì mai. Aggiunge punti di vista delle figlie, a reperti storici e filmati sia del cinema in bianco e nero che documentaristico dell’epoca, oltre a una fiction ricreata sui protagonisti da giovani.

Soprattutto ha il potere di raccontare il coraggio di un uomo, descritto come ‘strano’, fin dai tempi dell’università che assieme al compagno di studi è forse riuscito a evitare all’epoca il monopolio nucleare anche a scapito della propria vita. Messaggio: credere in se stessi fino in fondo. Anche per il bene dell’umanità

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All the beauty and the bloodshed di Laura Poitras (4 stelle)

“Droll thing life is–that mysterious arrangement of merciless logic for a futile purpose.

The most you can hope from it is some knowledge of yourself–that comes too late–a crop of unextinguishable regrets. I have wrestled with death. It is the most unexciting contest you can imagine.

Questa commovente e verissima citazione sulla vita, fatta di rimpianti inestinguibili e del conoscersi troppo tardi, è tratta da Hearth of Darkness di Joseph Conrad. Viene trovata, scritta in una lettera, in tasca di Barbara.

La sorella di Nan Goldin si toglierà al vita ancora adolescente, morendo suicida sui binari, schiacciata da un treno in corsa.

Questo documentario All the Beauty and the Bloodshed è potente, interessante, catartico, commovente e utile a livello sociale,  dimostrando che l’arte quando si unisce al cinema, ha un’intelligenza superiore ad ogni sopruso, ad ogni miliardario, ad ogni male.

Imperdibile per chi ama l’arte, gli altri e vuole crescere in empatia.

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Bonnie di Simon Wallon (3 stelle)

Per la capacità e intelligenza del regista di illuminare colei che rende un film unico, figura sconosciuta ai più e sottovalutata: il casting director, Bonnie Timmermann. Senza il casting perfetto e la visionarietà di Bonni, non ci sarebbero i grandi attori americani che conosciamo. Sappiate che la riuscita di un film che parla anche di rifiuto è al 90 per cento merito del chi ne scelte i volti..

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