Presentato alla 19esima edizione delle Giornate degli Autori, durante la 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e in arrivo a Montone grazie alla ventisettesima edizione di Umbria Film Festival Blue Jean segna il debutto al lungometraggio di Georgia Oakley.
Ambientato nell’epoca Tatcher, Blue Jean è un’opera importante e imperdibile.
Jean (la bravissima Rosy McEwen) insegna educazione fisica in un liceo di Newcastle. È benvoluta dai suoi studenti, soprattutto dalla giovane Siobhan (Lydia Page), che la vede come una figura di riferimento e ci tiene a farle una buona impressione. Le giornate di Jean si sviluppano su un doppio binario: la mattina a scuola e la sera al locale.
La donna fa infatti parte della comunità gay del luogo e ha una compagna di nome Viv (Kerrie Hayes), ma nessuno sa di lei. Non la famiglia, composta dalla sorella con marito e prole, e certamente nemmeno i suoi colleghi e superiori. Il giorno in cui Lois (Lucy Halliday) si presenta alla sua lezione, Jean avverte un immediato legame con lei. Ben presto però le cose tra loro si complicheranno.
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Piccoli gesti di ribellione
Siamo nel 1988 e il governo Tatcher ha marchiato gli omosessuali come una deriva da fuggire e allontanare. La protagonista vive sulla sua pelle la paura di essere etichettata ed emarginata. Semplici gesti, come il tingersi i capelli di biondo quasi platino, hanno il sapore di una piccola ribellione.
Segni identitari di una donna che sa chi è e cosa vuole, ma che è costretta a rimanere nell’ombra per un quieto vivere. Nel momento – l’unico nel corso dei 100 minuti della pellicola – in cui affermerà se stessa, una risata liberatoria la travolgerà, portandola sino alle lacrime.
Jean possiede una grande forza interiore, un istinto affinato, ma spesso le sue fragilità emergono a incrinare un equilibrio costruito col tempo. Quando incontra Lois, sebbene rifiuti di riconoscerlo, scopre nella ragazza qualcosa che le appartiene. O meglio, che le apparteneva, in passato. Ecco perché sente il desiderio di prenderla sotto la sua ala, ma ha fatto i conti senza Lois.
La simbologia dei colori
Un’altra età, un’altra generazione e, sicuramente, altre esperienze, rendono quest’ultima più intraprendente, smaliziata, ma anche più esposta e incosciente. Il rischio di essere presa di mira, in un’epoca come quella della storia, non solo è altissimo, ma può portare a rischiare qualcosa di peggio di una semplice sospensione scolastica.
Il titolo, Blue Jean, simboleggia alla perfezione il carattere della protagonista. Rivelandosi, altresì, una vera e propria ciliegina sulla torta, di un progetto più che pregevole. L’aggettivo “blue”, associato a un sostantivo – che può essere uno stato d’animo, una persona o un giorno della settimana (famoso è il blue monday) – acquisisce un significato preciso. Malinconico, triste, depresso, sono i più comuni.
Ma nel caso di Jean, ci troviamo dinanzi un essere umano sfumato, attraversato da emozioni diverse e complicate. Nella ricerca di una sua personale serenità, attraversa momenti difficili, che la segnano e la spingono a uscire dal guscio in cui si è infilata per paura. Il blu caratterizzerà, quindi, gran parte delle sue vicende, ma lascerà infine spazio, sul finale, a un bianco tutto da colorare.
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