Presentato alla 79ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra e al MedFilm Festival 2022 Fuori concorso, arriva in sala dal 12 Gennaio Nezouh. La pellicola della regista siriana Soudade Kaadan, è un dramma da camera affacciato sulla tragedia della guerra in Siria. Un racconto allegorico sull’emancipazione femminile ambientato in una Damasco fatta di macerie.
‘Nezouh’: Trama
Mutaz (Samer al Masri), padre di Zeina (Hala Zein) e marito di Hala (Kinda Alloush), decide, malgrado i bombardamenti continui, di non abbandonare la propria casa. Quando però anche i muri si sgretolano sotto i colpi delle bombe, tocca a madre e figlia decidere se restare o andarsene. Con o senza il consenso del capofamiglia.
Una condizione ineluttabile
Nezouh è una parola araba che ha a che fare con il dislocamento. Un destino peggiore della morte per il padre di famiglia Mutaz. Persino quando la guerra gli irrompe letteralmente dentro casa e diventare un rifugiato pare l’unica scelta possibile.
Sono coordinate semplici quelle che la regista siriana Soudade Kaadan, già premiata a Venezia con l’opera prima The Day I Lost My Shadow, traccia per questa piccola storia famigliare dagli spunti autobiografici. Un microcosmo – fatto di orgoglio, spinte liberatorie e una tradizione conservatrice difficile da scardinare – di colpo alle prese con un mondo esterno infinitamente più grande.
La crescita passa anche per la guerra
È qui che il kammerspiel cade sotto i colpi dei missili, aprendosi alla realtà e all’orrore di uno dei conflitti più devastanti della storia recente, senza per questo cadere mai nella trappola del reportage o del melodramma bellico. “Com’è possibile fare un film in Siria dove nessuno muore?”, si chiede, non a torto, il giovane amico di Zeina. Eppure Kaadan riesce nell’impresa, perché a contare nel suo film non è la guerra in sé ma le tracce che questa lascia nel tessuto stesso dei rapporti famigliari, nelle storie individuali, nell’identità delle sue vittime.
Tra vecchio e nuovo mondo
È un’identità in fieri, d’altronde, quella della quattordicenne Zeina, alle prese con un viaggio di formazione che è anche un percorso di emancipazione. Sotto il peso delle bombe a crollare sono così anche i retaggi di un sistema di valori arrivato al capolinea. Un mondo cocciutamente chiuso in se stesso, fatto di modelli anacronistici e prevaricazioni sistematiche.
La salvezza, se c’è, può quindi solo essere trovata abbracciando la nuova condizione di nezouh, di espatriati. Profughi in fuga verso un mare che è ultima, ingenua speranza di pace (“Non importa quanto bombarderanno, il mare ci sarà sempre”). Miraggio a cui è necessario aggrapparsi per poter sopravvivere. Anche al proprio paese e alle proprie radici.