In Sala
‘Tutta la Bellezza e il Dolore’. Arte contro bruttezza farmaceutica omicida
Arriva in sala il Documentario Leone D’oro a Venezia 76 e nominato agli Oscar
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2 anni agoon
Leone d’oro alla 79 Mostra del cinema di Venezia, Tutta la Bellezza e il Dolore , All the Beauty and the Bloodshed è l’appassionante storia della fotografa internazionale, attivista, artista e performer Nan Goldin.
Il documentario della regista premio Oscar Laura Poitras, candidato agli Oscar 2023, arriverà al cinema per tre giorni, il 12, 13 e 14 febbraio, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection.
“Droll thing life is–that mysterious arrangement of merciless logic for a futile purpose.
The most you can hope from it is some knowledge of yourself–that comes too late–a crop of unextinguishable regrets. I have wrestled with death. It is the most unexciting contest you can imagine.
Questa commovente e verissima citazione sulla vita, fatta di rimpianti inestinguibili e del conoscersi troppo tardi, è tratta da Hearth of Darkness di Joseph Conrad. Viene trovata, scritta in una lettera, in tasca di Barbara.
La sorella di Nan Goldin si toglierà al vita ancora adolescente, morendo suicida sui binari, schiacciata da un treno in corsa.
Questo documentario All the Beauty and the Bloodshed è potente, interessante, catartico, commovente e utile a livello sociale, dimostrando che l’arte quando si unisce al cinema, ha un’intelligenza superiore ad ogni sopruso, ad ogni miliardario, ad ogni male.
Imperdibile per chi ama l’arte, gli altri e vuole crescere in empatia.
Tutta la Bellezza e il Dolore. La recensione e la storia di Nan
Eroina. AIDS. Bowery New York. Rapporti gay. Famiglie allargate. I ruggenti anni ’80 – ’90 e le loro contraddizioni. Oltre a quelle della società, quelle dell’artista sono il trampolino di lancio di un’attivista coi ‘cosiddetti’, precursore di tematiche oggi tanto discusse, forse anche grazie a tali interventi.
Un’infanzia difficile, abbandonata la famiglia disfunzionale, meta di violenze e soprusi tanto da portare la sorella Barbara al suicidio, Nan viene data in affido a un’altra famiglia adottiva da cui scappa. Scappa da scuola, rimane muta per sei mesi, traumatizzata da vari eventi drammatici.
E’ li che, a causa della sua profonda timidezza, arroccata in fobia sociale, Nan si chiude in sè stessa e inizia a drogarsi. Solo verso i 18 anni scoprirà che la fotografia poteva fornirle un linguaggio, territorio di sofferenze alleviate. La foto diviene allora la sua voce. Una voce in grado di passare attraverso le paure. Con quel modo di esprimersi inizia a scattare così centinaia di foto. In sostanza inizia a parlare.
Il suo lavoro più noto è The Ballad of Sexual Dependency (1985), una sorta di slide show composto da circa 700 immagini scattate tra il 1979 e il 1985, nelle quali Goldin ha ripreso le sue esperienze personali e amorose all’interno della “famiglia allargata” in cui ha vissuto nel quartiere di Bowery in quegli anni, la sottocultura gay e dell’eroina, trasformando “l’istantanea familiare intima in un genere artistico” e in un’arte fotografica nuova nella sua essenza corale, intima e libera.
Fa diverse performance al Moma, al Guggenheim e riesce dopo anni a far togliere da diversi musei le sale dedicate alle famiglia e il loro nome con il motto virale in tutto il mondo:
The Sackler lie. Sackler die. The Sackler lie. Sackler die
I Sackler mentono. I Sackler fanno morire
La sua lotta contro l’ossicodone alla fine viene vinta e molti musei del mondo scorporano il nome e le sale dedicate ai Sackler.
La sinossi di All the Beauty and the Bloodshed
Racconto epico ed emozionante dell’artista e attivista di fama internazionale Nan Goldin, raccontata attraverso diapositive, dialoghi intimi, fotografie rivoluzionarie e rari filmati, della sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per le morti di overdose da farmaco.
Il film intreccia il passato e il presente di Goldin, l’aspetto profondamente personale e quello politico, dalle azioni del P.A.I.N. presso rinomate istituzioni artistiche alle immagini di amici e colleghi catturate da Goldin, passando per la devastante Ballad of Sexual Dependency e la leggendaria mostra sull’AIDS Witnesses: Against Our Vanishing del 1989, censurata dal National Endowment for the Arts.
La storia inizia con P.A.I.N., un gruppo da lei fondato per indurre i musei a rifiutare i fondi Sackler, togliere lo stigma alla dipendenza e promuovere strategie di riduzione del danno. Ispirato da Act Up, il gruppo ha orchestrato una serie di proteste atte a denunciare i Sackler e i crimini della Purdue Pharma, produttrice dell’ossicodone. Al centro del film campeggiano le opere d’arte di Goldin The Ballad of Sexual Dependency, The Other Side, Sisters, Saints and Sibyls e Memory Lost.
In queste opere, Goldin ritrae gli amici rappresentandoli con bellezza e cruda tenerezza. Queste amicizie e l’eredità della sorella Barbara sono alla base di tutta l’arte di Nan Goldin che, seppur dal punto di vista artistico non sia visivamente trascendentale riesce a diventarlo dal punto di vista sociale e politico.
La cosa più importante Nan la fa come attivista: i musei sono territori di vita e bellezza. Di sicuro non c’è spazio per morte, droga, dipendenza. Boicottando la famiglia, vincendo le cause non solo restituisce dignità e denaro alle famiglie di coloro che hanno perso figli, parenti e amici a causa di un farmaco, ma riesce anche a ripristinare quel territorio neutro della creazione e della visione di opere, compiendo un gesto sciamanico di pulizia dal potere economico nei musei del mondo intero.
Il commento della regista Laura Poitras di ‘All the Beauty and the Bloodshed’
Ho iniziato a lavorare a questo film con Nan nel 2019. Due anni prima Nan aveva deciso di sfruttare la sua influenza come artista per denunciare la responsabilità penale della ricchissima famiglia Sackler, nell’alimentare la crisi da overdose da ossicodone. Senza avvertire e negando ogni affetto avverso, la loro casa farmaceutica ha procurato 400mila morti.
Il processo di realizzazione di questo film è stato profondamente intimo. Nan e io ci incontravamo a casa sua, nei fine settimana e parlavamo. All’inizio sono stata attratta dalla storia terrificante di una famiglia miliardaria che ha consapevolmente creato un’epidemia. Successivamente ha versato denaro ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria.
Mentre parlavamo, ho capito che questa era solo una parte della storia che volevo raccontare, e che il nucleo del film è costituito dall’arte, dalla fotografia di Nan e dall’eredità dei suoi amici e della sorella Barbara. Un’eredità di persone in fuga dall’America.
Tutta la bellezza e il dolore il Leone d’Oro di Venezia arriva al cinema