Passato in concorso alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove viene presentato in anteprima mondiale,Athena è il nuovo film scritto e diretto da Romain Gavras.
Un pugno nello stomaco e una dose di adrenalina che durano ben 97 minuti, ai quali non è possibile sottrarsi e dai quali si esce profondamente toccati.
La comunità francese di Athena è sconvolta dall’ennesima aggressione, da parte della polizia, a carico di uno dei suoi. Questa volta, però, si è consumata una vera e propria tragedia. La morte di Idir getta nel panico e nel delirio il popolo intero. I fratelli maggiori della vittima, ciascuno in maniera diversa, reagiscono all’accaduto.
Sei con noi o sei contro di noi.
Abdel (Dali Benssalah), agente di polizia con un senso civile e un’etica del lavoro fortissimi, chiede di mantenere la calma e invita alla marcia silenziosa in onore del fratello. Karim (Sami Slimane) riunisce una “banda” armata, fa irruzione nella stazione di polizia e ruba le armi, con le quali dovrà difendere le barricate innalzate nell’edificio in cui vive. Nel mezzo, Moktar (Ouassini Embarek) tenta di farsi gli affari suoi, che poi tanto puliti non sono. Prospettive diverse, reazioni agli antipodi, dinanzi a una perdita violenta e priva di un reale significato.
Alla ricerca di una giustizia che (forse) non esiste
La giustizia viene chiamata a gran voce, ma inutilmente. Dietro società marce, i cui fili vengono tirati da istituzioni e personaggi corrotti, non c’è spazio per un simile valore. Tutto è fumo, nebbia, cenere. La regia di Gavras trae la sua forza e la sua poesia da inquadrature e dettagli simbolici: una divisa della polizia in fiamme, una croce composta dalle finestre di un palazzo, una bandiera che sventola nelle mani dei ribelli, elementi architettonici a memoria di antichi castelli.
Il cineasta parigino scrive, insieme a Elias Belkeddar e Ladj Ly (I Miserabili), un’opera di una potenza strabordante. Salde e ramificate, le radici affondano nella realtà francese, sebbene alla mente sopraggiungano anche le immagini delle peggiori (e note) sommosse del mondo, tra Stati Uniti, Grecia e Cina, giusto per citarne alcune.
La guerra è già iniziata.
Piani sequenza per un batticuore continuo
15 minuti iniziali di piano sequenza valgono da soli il prezzo del biglietto – e poco importa che la pellicola arrivi su Netflix il 23 settembre, meriterebbe di essere vista su un grande schermo. La tensione creata nell’incipit non calerà mai. Anzi tenderà a crescere, alternando brevissimi momenti di quiete, destinati al lutto e alle lacrime, ad anticipare una tempesta da cui non sarà possibile fuggire.
Viene così creata, con maestria ed eleganza, una sensazione di ansia, claustrofobia, terrore. Un batticuore continuo e frenetico, che inchioda lo sguardo all’azione e fa serrare i pugni sino ai titoli di coda.
L’epicità della storia viene data anche dalla musica, solenne e malinconica, dalla fotografia, straordinariamente immersiva, dai movimenti della macchina da presa, degni di un vero e proprio capolavoro del cinema. La sommossa di Athena ha i tratti della guerra civile più violenta, dura e devastante che si possa immaginare.
Athena, il nuovo capolavoro targato Netflix
Ma se tecnicamente il film è ineccepibile, narrativamente lo è ancora di più. La tragedia di una famiglia si rispecchia in quella di una nazione. Ogni fratello rappresenta un aspetto della società: Idir l’innocenza, Abdel la legge, Karim il coraggio, Moktar la criminalità.
Una semplificazione che aiuta a capire solo in parte il valore del progetto, in realtà caratterizzato da una stratificazione di intenti, di significati e di emozioni, probabilmente inesprimibile a parole.
A che serve sapere i nomi?
La fratellanza comporta delle responsabilità, e lo sa bene Abdel. Figlio di mezzo a cui viene chiesto di badare agli altri, di tenerli in salvo e di non abbandonarli. Lui che ha scelto la strada della legge e che si ritrova, suo malgrado, dalla parte opposta della barricata. Ma sarà davvero quella giusta?
Mentre Karim, fiero come un leone, si aggira per i suoi territori e incita le folle. Quando i punti di vista cambiano, lo spettatore impara qualcosa in più del contesto nel quale sta per addentrarsi. Non ci sono vincitori, in una guerra siamo tutti vittime. Anche chi crede di non esserlo. La ragione starà forse nel mezzo, ma è solo il torto che viene perpetrato a oltranza, privando i figli dei genitori e i genitori dei figli.