Tra gli eventi Fuori concorso del Festival di Venezia – edizione 79, The Kingdom Exodus, che segna il ritorno di un grandissimo regista come Lars Von Trier e un nuovo capitolo della serie televisiva cult nata nel 1994 con The KIngdom (proseguita nel 1997 con The Kingdom II), rientra certamente tra le chicche più attese e preziose attese dai cinefili.
The Kingdom Exodus di Lars von Trier: il primo trailer e il poster
La porta si sta riaprendo, ed il male torna a dilagare
Tutto pareva fosse tornato alla normalità, ma quando l’anziana sonnambula Karen si libera dei lacci che le impediscono di errare nel profondo della notte per recarsi nuovamente dentro l’ospedale dei misteri occultati, si scopre che, nelle fondamenta dell’edificio, qualcosa sta facendo cedere lo sbarramento tra le solide pareti del grande palazzo e ciò che resta dell’ antica palude maledetta (ove si sciacquavano e sbiancavano i tessuti grezzi )sta facendo emergere i fantasmi malefici di un passato che per troppo tempo si è cercato letteralmente di seppellire.
Nel frattempo la gestione del grande centro medico appare allo sbando e l’arrivo di un nuovo primario, fieramente svedese e sprezzante nei confronti di tutto ciò che vanta origini danesi, non farà che complicare la situazione.
Karen, coadiuvata da pochi fedeli alleati (tra cui un pingue barelliere) dovranno cercare di bloccare l’avanzata degli spiriti maligni pieni di rancori e alla ricerca di una sana vendetta ed esercitarsi secondo un condizionamento della mente che mette a repentaglio equilibri già piuttosto flebili all’interno di un’ organizzazione che denuncia sempre più un caos incontrollato ed una gestione a dir poco eccentrica e sconsiderata.
The Kingdom Exodus – la recensione
Le basi che hanno determinato la genesi del rivoluzionario e seguitissimo serial The Kingdom nell’ormai lontano 1994 (e sviluppato il suo secondo capitolo nel 1997) hanno finalmente indotto il geniaccio danese Lars Von Trier a rimetter mano al progetto per svilupparne una tardiva nuova possibilità di sviluppo.
L’incipit è sensazionale e dimostra come il grande autore ami prendersi in giro ed ironizzare su tutto ciò che i media favoleggiano sul suo conto e sull’arte che, tramite il cinema e la sua complessa narrazione, Trier ha saputo darci in oltre un quarantennio di carriera.
L’avvio di questo terzo capitolo, che si svilupperà in un serial di cinque puntate a disposizione del portale streaming Mubi già dai prossimi mesi, prende sonoramente in giro la versione raccontata dallo stesso Trier nei primi due capitoli, opponendogli una nuova verità che il terzo capitolo, con fare assai sarcastico, si prende il merito di portare avanti.
L’inquietudine che tormenta le fondamenta melmose su cui giace l’imponente struttura alterna poi, rispettando alla perfezione i canoni della ripetitività televisiva tipica ora dei serial appannaggio dei canali in streaming, scenette colorite e sarcastiche che riguardano una molteplicità di personaggi in parte ricollegati a quelli degli episodi precedenti ed in parte nuovi.
Nel cast, oltre ad attori danesi a noi inevitabilmente poco noti, non possiamo non riconoscere il volto sempre inquietante e pur sempre fondamentale dell’amato Udo Kier, apprezzare la presenza di un sempre adeguatamente ‘demoniaco’ (quando al servizio di von Trier) Willem Dafoe e di un Alexander Skarsgard nei panni di un arrogante avvocato ammazzasentenze.
E alla fine, trascinati da tutta una serie di eventi che alternano l’inquietudine ed il mistero ad una serie di situazioni al limite della comicità più demenziale, questo terzo capitolo di The Kingdom appare certamente un lavoro che si è piuttosto soddisfatti di poter riaffrontare.
Certo è pur vero che i ritmi e la serialità di stampo televisivo incoraggiano la sceneggiatura a creare una sorta di ripetizione di eventi e una marcata suddivisione del racconto a singhiozzo. Questo per incoraggiare le attese e tener desta l’attenzione verso una storia che, tuttavia, in sede festivaliera, affrontata di getto e senza soluzione di continuità per oltre cinque ore senza tregua, rende un po’ più meccanica tutta la struttura narrativa rispetto a quanto accadrà dinanzi ad una programmazione scientemente suddivisa in puntate da un’ora ciascuna (affrontate con un corretto intervallo temporale) che permetta di poter assaporare le dinamiche di un mistero che, probabilmente, non si chiarirà mai a fondo completamente.
Festival di Venezia 79 in partenza l’edizione 2022