Una ripresa dal basso fa filtrare un po’ d’aria, un po’ di luce tra i palazzoni di Manhattan. L’unica aria, l’unica luce di The Humans di Stephen Karam: prima che il film diventi claustrofobico, andandosi a seppellire nel dedalo di stanzoni di un appartamento a due piani di Manhattan. È qui che ha luogo la reunion familiare per il giorno del Ringraziamento, pronta a sfociare nelle tradizionali disunioni del cliché cinematografico. Da cuocere a fuoco lento, ovviamente, come il tacchino da servire a tavola. E si coglie, tra penombre e fuori fuoco, che il film viene dal teatro, dalla piéce dello stesso regista, già insignita ai Tony Awards. Pur restando ben apparecchiato per il cinema: per il grande schermo (il Festival di Toronto) o per il piccolo (arriva ora su MUBI), il dramma character-driven, tutto dialoghi e personaggi, sfiora l’horror psicologico che è un piacere. Anzi, un disagio.
Il trailer
La trama
La famiglia Blake si riunisce per festeggiare il Ringraziamento nel nuovo appartamento di Brigid (Beanie Feldstein) e del compagno Richard (Steven Jeun): li raggiungono Deirdre (Jayne Houdyshell) ed Erik (Richard Jenkins), mamma e papà di lei; la nonna Momo, in demenza senile e sedia a rotelle (June Squibb), la sorella Aimee (Amy Schumer). Man mano che procede la serata, emergono le frustrazioni e le insicurezze di ciascuno, e anche qualche segreto sepolto.
Stanno tutti male
Per la serie, segreti di famiglia, o rendez-vous disfunzionali, The Humansdi Stephen Karam potrebbe sortire in qualche spettatore la sensazione del già visto. I toni approcciati nel filone sono estremamente variabili, dal sorriso a denti stretti dell’alleniano Hannah e le sue sorelle (1986) all’acidulo made in Italy di Parenti serpenti (1992) di Monicelli, passando per il più didascalico I segreti di Osage County (2013) con Meryl Streep e Julia Roberts. Nel film di Karam, a prevalere, più che il gusto della discordia – semmai sfumatura di sapore, per così dire – è l’insicurezza individuale, la frustrazione, la paura. Che destabilizza, chiaro, anche i rapporti familiari. Non è dunque un film da interni tale da sfociare, per troppo veleno, in un Carnagealla Polanski, quanto una fiera del non-detto, dell’inconfessato. Per debolezza, non per ipocrisia. E la debolezza, si sa, è umana, troppo umana. Quando Richard confessa i problemi passati di depressione, il suocero Erik lo interroga con curiosità morbosa, salvo essere interrotto dalla figlia:
(Erik) Nella nostra famiglia non abbiamo… non abbiamo mai avuto questo tipo di depressione
(Aimee) Già. Abbiamo solo una tristezza stoica.
Stanno tutti bene, ma non è così.
La casa dalle finestre che piangono
La riunione di famiglia è l’occasione per mettersi in ascolto: degli altri, ma anche di sé stessi. Prima di sputare fuori – o provarci – i propri malesseri. Ma il bello, o il brutto, è che The Humansè un film di perturbazioni sonore. Non a caso comincia con la ripresa insistita di Erik che, nell’ombra diffusa dell’appartamento ancora non ammobiliato, si concentra sui suoni che sembrano venire dal vicinato condominiale.
(Brigid) Questa è New York, la gente è rumorosa.
Non è un rumore chiassoso, quanto inatteso, da jump-scare: il tonfo o il clangore di un oggetto che cade, chissà dove; gocce dal soffitto; un bollitore che borbotta sul fuoco; i pavimenti di legno che cigolano al passaggio della sedia a rotelle di Momo (June Squibb). La casa parla, sussurra alle inquietudini dei protagonisti, generando una nevrosi che trasfigura dall’umore all’orrore. Anche il lavoro visivo vi contribuisce: in un film senza strade, i tubi o le macchie dei muri diventano traiettorie da seguire con lo sguardo; le carrellate in avanti sono torpide e minacciose; le visuali mutevoli e decentrate. Tra un brindisi e una chiacchiera distesa, si è per caso finiti in qualche sequel di Insidious?
Gli alienati
Le lampadine si fulminano – ma è solo perché il padrone di casa non le cambiava da un po’. Una pallina rotola per il corridoio – salvo essere prontamente raccolta da chi, fuori campo, l’aveva innocentemente lasciata cadere. Così è: Karam flirta con l’horror, al punto da far evocare ad Erik la figura di una sorta di donna senza volto, con la pelle tirata sul viso, che compare nei suoi incubi. Un corto circuito dell’inconscio dovuto, forse, a qualche amarezza familiare. Ma la moglie deride il Babadook del marito, il mostro dell’incubo: esempio di indelicatezza comunicativa, o mancato ascolto. Il punto non è nel meccanismo filmico – il passaggio dal drammatico all’orrore, che non avviene mai davvero – quanto nel sottotesto esistenziale: certo umano fa paura. A formularlo, piuttosto esplicitamente, è il genero di Erik, Richard, allorché descrive un fumetto dal titolo Quasar, che leggeva da ragazzo:
C’è una specie metà aliena, metà demoniaca (…) e nel loro pianeta, le storie di paura che si raccontano, e che gli piacciono, sono tutte sopra di noi. Le storie di terrore per i mostri sono sugli umani.
Hai paura del buio?
Nell’umano, dunque, c’è del buio. In The Humans, Karam lo materializza nell’ambiente della casa; nel codice filmico che inclina all’horror; nei dialoghi strozzati. Ma non c’è nulla di soprannaturale. Prosaicamente, un’importante confessione tra sorelle viene interrotta, dal piano di sotto, dal padre che chiede dove sia la carta igienica. L’incubo è nel non riuscire a farsi ascoltare, comprendere, accettare: con tutti i propri dark sides. Le inquadrature del film non sono quasi mai frontali, ma spericolatamente decentrate o ravvicinate: come frontali non sono i rapporti. I fuori fuoco stordiscono, fanno strabuzzare gli occhi: i legami familiari sono sfocati. Spesso i dialoghi sono interrotti da voci fuori campo, in un montaggio che disorienta, come se la famiglia faticasse ad aggregarsi. E se proprio nessuno ci capisce, non ci resta che pregare: come fa Erik, o come suggerisce l’onnipresente statuetta della Vergine.
Eppure, piccoli gesti illuminano, avvicinano; e sta allo spettatore – se non ha paura del buio – saperli trovare nel buio di un film che è un’impresa speleologica: un viaggio nella caverna della psiche e degli affetti. Quella caverna che si chiama umanità.
The Humans
Anno: 2021
Durata: 107'
Distribuzione: MUBI
Genere: Drammatico
Nazionalita: Stati Uniti
Regia: Stephen Karam
Data di uscita: 12-August-2022
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers