Da qualche settimana MUBI dedica particolare attenzione al regista portoghese Joao Pedro Rodrigues, e O ornitologo è una delle sue opere presentate, oltre che una tra le più recenti e rappresentative, tipiche di una cinematografia dagli esordi, portavoce fiera e orgogliosa dei diritti LGBT.
Un regista tra i più liberi e ispirati, di cui si attende l’uscita, in qualunque metodo di fruizione, della sua esilarante ultima opera, ovvero Fogo Fatuo, accolto con grandi applausi al Palais Croisette durante la Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 75
O ornitologo: essere santi imperfetti ai nostri giorni
Un giovane aitante, studioso di pennuti, sta compiendo una perlustrazione in kayak lungo un fiume portoghese alla ricerca di specie rare da fotografare e monitorare. Distratto dalla presenza di alcuni esemplari di aquila, l’uomo finisce lungo le rapide di un fiume sempre più impetuoso, che lo inghiotte.
Svenuto in uno stagno, viene salvato da due amiche giapponesi cattoliche, in procinto di ultimare il Cammino di Santiago, ma finite fuoristrada.
Invaghite del bel ragazzo appena salvato, e certe che lui potrà ricondurle per il sentiero più appropriato, le due donne lo immobilizzano a un albero, trasformandosi in vere e proprie carnefici.
Liberatosi nottetempo, l’ornitologo se la squaglia incontrando nel suo cammino un pastorello sordomuto di nome Jesus, che lo accoglie amichevolmente.
Tra i due l’amicizia si tramuta dapprima in attrazione sessuale, poi clamorosamente in contrasto quando per errore il fuggiasco, ormai diffidente dopo l’accaduto con le due orientale, lo scambia per un ladro, e dopo una violenta colluttazione, finisce per ucciderlo con una coltellata.
Nelle sue peripezie l’uomo farà ulteriori singolari incontri, fino ad approdare addirittura alle porte della città italiana di Padova.
O ornitologo – la recensione
Liberamente ed eroicamente ispirato alla storia (o ad alcuni episodi di vita) di Sant’Antonio da Padova, O ornitologosegna il ritorno al film di narrazione del gran regista Joao Pedro Rodrigues, che dirige una sceneggiatura scritta, come d’abitudine, a quattro mani assieme al fidato sceneggiatore Joao Rui Guerra Da Mata.
Ed è un ritorno esemplare per le associazioni spericolate, ma pertinenti, della vita sui generis e dai forti tratti omosex, di un santo moderno o fuori del tempo che non può non ricordare, anche grazie ad esplicite rappresentazioni e pose, il Sebastiane di Derek Jarman.
Forti allusioni anche al pericolo di una chiesa fanatica che predica l’amore assoluto per un Dio e poi si trasforma in carnefice in nome suo.
L’uomo, la sua perfezione fisica anche quando la malattia lo costringe a dipendere da cure e medicine a dosaggi strettamente controllati; l’uomo e la sua integrità sessuale anche a costo della tortura; l’uomo e il richiamo dei sensi, oltre che la sua innata capacità di rendersi attrattivamente irresistibile di fronte ad una fauna che lo adora e lo rispetta come un dio.
Nel finale, il film eccentrico, onirico-esistenzialista come una parabola oltraggiosa, pruriginosa ma anche pura nella sua onestà di fondo, perde un po’ di lucidità, fino a rischiare di deragliare con l’intervento nel bosco di amazzoni, valchirie a seno nudo e parlata latina che rendono l’idillio un po’ troppo forte o grottesco per risultare completamente sostenibile.
Ma, a parte ciò, il film è un ulteriore prezioso tassello di una carriera da cineasta – quella di Joao Pedro Rodrigues – che procede tramite coraggiose ed ardite metafore, a denunciare ipocrisie e intolleranze da parte di chi si proclama giusto e retto, e commette atrocità e violenze indicibili a danno di chi invece non sa fingere, né comportarsi da opportunista.
Sul finale la figura dell’ornitologo, interpretata con tenace fisicità dal bell’attore Paul Hamy, muta come in una sorta di metamorfosi bunuelliana e assume le sembianze dello stesso Joao Pedro Rodrigues: fantastico!