Mostrato in anteprima alla 52esima edizione del Giffoni Film Festival, scritto e diretto da Andrea Porporati, Rosanero è la nuova commedia Sky Original, disponibile prossimamente su Sky e NOW. Prodotto da 11 Marzo Film e Vision Distribution e distribuito da Vision Distribution, il film è tratto dall’omonima opera letteraria di Maria Tronca, edita dalla casa editrice Baldini+Castoldi.
Rosanero | La trama del film presentato a Giffoni
Totò (Salvatore Esposito) è un giovane boss della criminalità organizzata, latin lover ma con un unico grande amore, la sua tigre Sheeva, che porta anche tatuata sul petto e che sembra piuttosto gelosa delle sue conquiste. Rosetta (Fabiana Martucci, al suo esordio sul grande schermo) ha nove anni, una cagnolina di nome Stella e sfreccia con la sua biciclettina per i vicoli di Napoli. La bambina vive con la nonna e il padre, il quale, a sua volta, paga il pizzo proprio a Totò e alla sua banda.
Un giorno, i due mondi collimano. Seguito da un motorino con due persone armate in sella, Totò viene aggredito fuori dal suo solito bar e colpito da vari colpi di pistola. Mentre è al parco, Rosetta assiste alla scena e si spaventa, cadendo dall’altalena e perdendo i sensi.
Per uno strano e significativo scherzo del destino, i due si ritrovano allo stesso ospedale, contemporaneamente in sala operatoria e in pericolo di vita. Nel momento della defibrillazione, le anime di Totò e Rosetta escono dai rispettivi corpi e si incontrano. L’attimo dopo, si sono scambiate.
Il ribaltamento della prospettiva
Com’è evidente anche dalla trama, Rosanero sfrutta il filtro della commedia per trasmettere alcuni importanti messaggi. Di una semplicità disarmante, ma proprio per questo così fondamentali. Giocando con lo scambio delle anime, e quindi delle personalità, il film fotografa una realtà vera, complessa, piena di stratificazioni. E la ribalta, a modo suo, con leggerezza ma mai superficialità.
Tanti sono i riferimenti che possono venire in mente, ma originale è l’idea di metterli in pratica per affrontare argomenti simili. La criminalità organizzata ne esce, in qualche modo, ridimensionata, messa in una prospettiva differente e resa meno minacciosa. Rosetta, nei panni di Totò, ridona un animo buono a colui che un tempo deve essere stato bambino, deve aver affrontato difficoltà e aver anche sofferto, durante la fase della crescita. Ecco allora che il suo voler danzare a tutti costi, far parte del saggio di fine anno e indossare qualcosa di rosa, appare ridicolo e fa sorridere, ma in fondo riavvicina il boss alla sua umanità.
La stessa comunità cittadina, vessata e terrorizzata dalla figura del criminale, comincia a guardarlo con altri occhi, a volergli bene, persino. Si instaura un legame di diverso tipo e intensità: se prima era la paura, il timore, a far sì che l’uomo fosse riverito, adesso è l’affetto, la riconoscenza. Dal canto suo, Rosetta, grazie allo spirito di Totò, riesce finalmente a fronteggiare i bulletti che l’ aspettavano sempre in strada. Ed è una sorta di forza interiore, di determinazione, che le resterà per sempre.
Se dal punto di vista attoriale, i due protagonisti appaiono perfetti, il contributo di Esposito alla sceneggiatura ha permesso di divertirsi con i canoni del boss, a lui molto noti – essendo stato per anni Genny Savastano, in Gomorra – e di mettersi in gioco in prima persona.
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