The rising hawk – la trama
Durante il 13° secolo, la predominanza dell’impero mongolo rischia di annettere mezza Europa.
Tuttavia, presso un piccolo villaggio ai limiti dei Carpazi, i due figli del coraggioso capo tribù sono destinati a divenire, loro malgrado, i paladini di una resistenza strenua e convinta, che riuscirà ad opporsi all’orda invasiva dei temibili e spietati nemici.
L’abilità nel combattere si unirà alla capacità dei due di persuadere i capi dei villaggi vicini ad allearsi per affrontare l’imbattibile forza dell’armata nemica più numerosa rispetto alle esigue forze poste a difesa.
Tra avventure, battaglie, amori, tradimenti e pericoli in agguato, la sfida per la libertà della propria terra motiverà i nostri impavidi eroi a spuntarla su un nemico più organizzato, forte e temibile.
La recensione
Frutto di una curiosa e forse pure insolita co-produzione americano-ukraina e girato con un certo dispendio di mezzi, diretto a quattro mani da Akhtem Seitablayec e John Wynn che ben rappresentano rispettivamente le due nazioni coinvolte nel progetto comune, il film in costume The rising hawk cerca di sfruttare il filone storico incentrato su scontri e battaglie, che ha visto impegnati registi anche di fama mondiale come Ridley Scott, nell’intento di palesarci scorci epocali dapprima quasi sempre appannaggio ideale della carta stampata. Lodevoli in campo visivo perché aprono alla concretezza di un approccio dettagliato nei confronti di episodi che la storia ha un po’ messo da parte nella memoria di paesi distanti dai luoghi narrati.
Ma il film, pur concentrandosi su strutturate scene d’azione visivamente ad effetto, poggia la sua narrazione su personaggi completamente stereotipati, in grado di rendere la vicenda niente più che una ripetizione prevedibile dei film in costume già visti in produzioni cinematografiche e forse ancor più televisive, incentrate sulla tenace e orgogliosa difesa dell’adorato territorio natio contro la tirannia dell’invasore.
Infarcito di dialoghi eccessivamente attualizzati e perciò irrispettosi del passato che il film si preme di rappresentare (probabilmente anche a causa di un doppiaggio un po’ sommario e poco accurato), e interpretato da un cast non proprio memorabile, che ostenta trucco, parrucco e pure interventi chirurgici tipici tutti della moda dei nostri giorni (vedasi le labbra deformate della moglie del capo villaggio, interpretata dalla ex bellissima “Indiana Jones-girl” Alison Doody), il fiacco e prevedibile film storico si sviluppa tra duelli, persuasioni all’alleanza, crucci amorosi e altre amenità degne di un polpettone televisivo qualunque.
Nel cast non proprio degno di un colossal d’altri tempi, possiamo riconoscere tuttavia come familiare il volto un po’ butterato e dall’occhio costantemente ceruleo tipico da lupo di Robert Patrick, indimenticato ex T-1000 che diede assai filo da torcere a quel Terminator di Arnold Schwarzenegger convertitosi alla buona causa nell’indimenticato magnifico film di James Cameron, Terminator 2 – il giorno del giudizio, del lontano 1991.
Un attore rivisto di recente, e ritrovato più inquietante che mai, nel magnifico horror
What Josiah Saw, acciuffato al TFF del 2021 nella splendida sezione dedicata al cinema di genere conosciuta come “Le stanze di Rol”.