Per la serie “Bleeding glitter: the queer cinema of Alexis Langlois”, quella fucina di cinefilia che è Mubi rende fruibile Les démons of Dorothy, uno degli stravaganti cortometraggi che fanno parte del colorato e bizzarro mondo artistico dell’estroso regista francese Alexis Langlois.
Les démons of Dorothy – la trama
Un’ eccentrica regista di nome Dorothy si ostina a completare una sceneggiatura un po’ stramba e barocca che pare divertirla molto, ma che non corrisponde per nulla a ciò che la casa di produzione le chiede con insistenza di portare a termine per non scioglierle il contratto.

Per riprendere fiducia in sé stessa, Dorothy si accinge a guardare la sua serie horror preferita, incentrata su una vampira chiamata Romy.
Solo che stavolta, dallo schermo, pare che i mostri abbiano intenzione di fuoriuscire per coinvolgerla nelle scellerate gesta di cui si rendono protagonisti.
Les démons of Dorothy – la recensione
Approfittando del solito ambiente barocco e sovraccarico, coloratissimo e kitch, il bizzarro regista Alexis Langlois si rende autore di una commedia in stile burlesque sovraccarica di situazioni e di luoghi comuni dell’immaginario horror, con il presupposto di sferrare una affilata critica al sistema di finanziamento delle opere cinematografiche, soprattutto con palese riferimento all’establishment di serie A.
Ne scaturisce una scatenata e folle commedia intrisa di erotismo esagerato e di figure ermafrodite che ostentano una femminilità ridondante simile a quella che trabocca dai film di Russ Meyer.
Anche in questo caso, come per De la terreur, mes soeurs!, la forza del film del trentatreenne Alexis Langlois sta nella concisione di ridurre la vicenda a poco meno di un mediometraggio scattante e provocatorio che riesce a non perdersi in inutili tentazioni o allungamenti che si sarebbero verificati nell’ipotesi di far raggiungere al film la durata di un lungometraggio.
Ma stavolta il film zoppica un po’ e non riesce davvero a divertire come avviene in Terror, Sister!, risultando piuttosto ripetitivo e troppo affastellato di scenografie ridondanti per convincere come il mediometraggi precedente, decisamente più simpatico e brillante, e dall’umorismo più efficace.
Nel cast variopinto, si nota la presenza della cantante portoghese naturalizzata belga anni ’80 Lio, che i cinquantenni ricordano nella hit estiva Amoureux solitaires, che furoreggiava ovunque nel lontano 1980, poi riciclatasi nel cinema con qualche scelta azzeccata.