‘Beautiful Beings’, un’adolescenza difficile per un legame senza confini
il drammatico rapporto in famiglia, la violenza, la voglia di crescere, la ricerca di una propria dimensione sessuale, il tentativo di sfuggire al nulla, tutto contribuisce a costruire la realtà di un mondo nel quale la fratellanza si rifiuta di abdicare
Beautiful Beings(Berdreymi) è la storia di una rinascita che si concretizza attraverso un duro percorso di presa di coscienza della propria umanità. In un villaggio di un’Islanda bella e al tempo stesso custode di speranze disattese, uno sparuto gruppo di adolescenti cerca la possibilità di esprimere la propria identità. I disagi in famiglia e la violenza sembrano muri apparentemente invalicabili di una catarsi già in atto. L’opera di Guômundur Arnar Guômundsson, presente alla Berlinale 72, vince il premio della Critica, assegnato dal Sindacato Nazionale Critici Italiani, per la sezione Oltre i confini dell’Europa del Biografilm 2022. Il film è prodotto da Join Motion Pictures, MOTOR, HOBAB, Film i Väst, Bastide Films, Negativ Film Productions.
La trama
In un villaggio islandese, Addi è un giovane adolescente che con un paio di suoi amici, Konni e Siggi, si diverte a bullizzare Balli, un loro coetaneo con chiari problemi di adattamento. Dopo l’ennesima violenza gratuita, Addi comincia il suo processo di conversione e decide che Balli deve entrare a far parte del suo gruppo. Mentre si moltiplicano le avventure sul filo del rasoio, alla ricerca di una propria emancipazione, Addi, sotto l’influenza della madre chiaroveggente, comincia ad avere delle visioni oniriche che gli preannunciano gli eventi futuri.
Beautiful Beings, la macchina da presa
Per fare bene un film come Beautiful Beings non sono sufficienti la grande bravura degli interpreti, la fotografia incantevole e didascalica, così come la sceneggiatura, a cura dello stesso regista, attenta e accorta nel gestire i personaggi e cadenzare i punti di svolta e gli archetipi narrativi con grande efficacia e sincronia. Tutto questo non avrebbe la giusta consistenza se la macchina da presa non fosse assoluta padrona di ogni volto, espressione o azione. È il suo sapiente uso, l’essere matrigna e compagna attenta e fedele, che conferisce il giusto amalgama rendendo la materia carne e sentimento.
Il riscatto
Guômundur Arnar Guômundsson mette in piedi una sentita, complessa, intima, coinvolgente storia di sentimenti, emozioni e scelte. Le vicende dei suoi giovani protagonisti definiscono i percorsi dell’esistenza attribuendone valori e prospettive. Il suo racconto attraversa un lungo arco di sentimenti ed emozioni svelando la consistenza della natura della condizione umana. Intenta a rimestare nelle sue contraddizioni, capace di soffrire, di cedere ai propri demoni ma sempre in grado di evocare un riscatto, una seconda possibilità.
Beautiful Beings, l’amore
C’è una presenza discreta, non detta, quasi mai espressa, che accompagna le trame e l’incedere dei personaggi messi in scena dalla regia di Guômundsson. Essa ha le sembianze dell’amore. Incatenata dalla paura di sentirsi deboli, destinati a un ruolo di conflitto, apparentemente l’unico per sopravvivere ai fantasmi della propria adolescenza, la presenza amorosa finisce per essere intrappolata nella quotidiana spasmodica ricerca di umanità. Lo stesso rapporto tra Addi e sua madre fatica a esprimersi in maniera diretta e si sublima nell’artificio onirico. Su questa falsariga giace reclinata, accanto all’accento drammatico della storia, la definizione stessa dell’amore tra adolescenti. Lambisce i sensi e sembra spesso incline ad ammantarsi dei propri impulsi omosessuali fino a sancire la forza assoluta della fratellanza.
Io ti cerco, tu cerchi un altro,
e infine si perde il nostro desiderio
nella distanza nelle giornate grigie
e non vede una via verso la stessa meta
Steinn Steinarr
Ai confini
Non v’è alcun dubbio che Beautiful Beingssi avvalga di un cast che della propria bravura fa sfoggio in ogni azione, senza soluzione di continuità. Gli interpreti principali, in particolare i due protagonisti assoluti, Birgir Dagur Bjarkason (Addi) e Áskell Einar Pàlmason (Balli), sono straordinari nell’immedesimarsi e dare forma reale alla storia. La finzione perde ogni sua parvenza e si arrende a una recitazione capace di rendere tangibile il verosimile. Saldamente annodata ai confini dei principi teatrali classici eleva il racconto filmico. Ne completano lo scenario virtuoso il lucido ed essenziale contributo della fotografia di Sturla Brandth Gravlen e le intense musiche di Kristian Eidnes Andersen.
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