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‘Il paradiso del pavone’: l’inconsapevole incomunicabilità

Laura Bispuri esplora la comunicazione strozzata e monca di una famiglia apparentemente unita

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Presentato nella sezione Orizzonti alla 78esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, distribuito da Nexo Film in collaborazione con FICE, arriva su MUBI Il paradiso del pavone di Laura Bispuri. Il film è prodotto da Vivo film con Rai Cinema.

L’anziana Nena è pronta ad attendere l’arrivo di qualcuno. Si sente insicura. La casa, pulita e curata, aspetta soltanto che si riempia di persone. E presto giungono, ognuna in macchina da diverse geografie e prospettive: il figlio Vito e sua moglie Adelina, con la piccola Alma e il loro pavone Paco, uno strano animale di compagnia che non possono lasciare da solo. Caterina, la sorella di Vito, accompagnata dal suo (ex marito) Manfredi e dalla  nuova fidanzata di lui, la giovane Joana. Il marito di Nena, Umberto, la domestica Lucia, sua figlia Grazia, la nipote di Nena, Isabella, completano il cerchio dei protagonisti corali de Il paradiso del Pavone.

Una invisibile e palpabile distanza

Il segreto di Nena, lo conosciamo quasi subito. Quasi completamente, attendendo che tutta la famiglia improvvisamente ne sia messa al corrente. Con un gesto semplice, inequivocabile. In mezzo, scorre il terzo lungometraggio della regista, che dopo Vergine giurata e Figlia mia, si addentra in un ritratto, collettivo ed individuale insieme, di una famiglia. Una famiglia apparentemente unita: l’unica estranea alla vita di quel cerchio, Joana, è figlia unica e guarda le fotografie della famiglia di Caterina con una sana invidia. Ma Il paradiso del pavone affronta proprio le barriere invisibili che circondano ognuno dei personaggi che tentano disperatamente di incastrarsi, di parlare.

A cominciare da Vito ( Leonardo Lidi) e Adelina (Alba Rohrwacher), pronti ad annunciare il grande passo del matrimonio, pur se scatole parzialmente vuote e sorde alle rispettive esigenze.  Essi stessi, a loro volta, come coppia, poco considerati dai familiari. Tenta di parlare, Adelina, a Nena, ad Umberto, agli altri. Un paio di minuti di attenzione, troppo pochi per Adelina. Che è stata male, che ha preparato con le sue mani il regalo per Nena, la quale invece lo guarda, ringrazia e si alza, attirata dal citofono che suona.

Manfredi (Fabrizio Ferracane) e Caterina (Maya Sansa) in rottura, eppure incapaci di troncare definitivamente la relazione, ognuno rinchiuso dentro la propria idea dell’altro.

Lucia (Maddalena Crippa) improvvisamente non riesce più ad alzarsi dalla sedia, fissa dentro ricordi di cui non conosciamo la genesi, lo sviluppo. Che teme di perdere? Che cosa non riesce più a ritrovare?

Nena (Domenique Sanda) e la sua inadeguatezza, la sua scarsa empatia. Ogni personaggio è da solo in mezzo agli altri, parla una lingua propria, incomprensibile nel profondo.

Paco: simbolo della perturbazione

Sarà Paco, il pavone, a destabilizzare, smontare, questa strana e falsa armonia. A svelare la fugacità dell’esserci, la banalità della vita.

La macchina da presa segue gli sguardi, le parole spezzate, sussurrate, le bugie, muovendosi con abilità in questa falsa naturalezza, accompagnandoci nello svelamento dell’artificio che costruisce. L’atmosfera è palpabile, anche scenograficamente: una luminosità plastica, accentuata da colori smorzati. Lo stesso mare è difficile da identificare, abbagliato dal sole. Il pavone è esso stesso un falso centro di attenzione.

Il paradiso del pavone, purtroppo, soffre della stessa sindrome da cui sono affetti i suoi protagonisti. Resta slegato, troppo distante da un reale approfondimento emotivo e, dal lato opposto, troppo poco criptico da poter suggestionare. Gli interpreti, tutti, sono all’altezza nell’ incarnare i fantasmi che rappresentano tra sogni, paure, desiderio di essere accettati, considerati per quello che sono, amati.

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