Un esordio promettente quello di Riley Keough, più nota come attrice e modella (oltre che nipote di Elvis Presley), qui al suo debutto alla regia, e di Gina Gammell, produttrice e co-regista del film War Pony, ambientato nella riserva indiana di Pine Ridge nel South Dakota e scritto insieme ad alcuni nativi della riserva – in particolare Bill Reddy e Franklin Sioux Bob, già selezionati come comparse per il film American Honey, di Andrea Arnold, dove la Keough, attrice nel film, li ha conosciuti – i quali hanno raccontato vere storie di vita della riserva, che hanno offerto spunti determinanti per la sceneggiatura. War Pony, presentato nella selezione ufficiale di Un Certain Regard, ha vinto la Caméra d’Or, il premio per la migliore opera prima, trasversale a tutta la selezione del 75° Festival di Cannes e arriva in Italia a Montone grazie alla ventisettima edizione di Umbria Film Festival.
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War Pony a Montone. Umbria Film Festival
Il bisonte e le antiche radici
Sul palco della Sala Debussy a Cannes a presentare il film, c’erano giovani, adulti e nonne indiane che compongono il cast non professionista ingaggiato dalle neo-registe: alcuni con il costume tradizionale, o pelli di ermellino intorno al collo, simboli del loro glorioso passato. Si comprende che il mondo delle riserve indiane è legato alla collettività, per quanto dura e tossica possa a volte risultare, come ben evidenziato dal film. Le relazioni ‘familiari’ possono distruggere i giovani ma senza il gruppo non c’è salvezza comunque. Dunque il racconto portato avanti dalle registe, con occhio quasi documentaristico e con sensibilità fuori dal comune, è quasi una narrazione epica, corale, tra la dura realtà quotidiana, che non risparmia nessuno, ed il ricordo magico degli avi, affidato allo spirito del bisonte, un enorme animale che appare e scompare nei momenti chiave del film, una sorta di genius loci di romana memoria, entità naturale e soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto, simbolo di una terra e forse di un’atavica protezione, certamente poco evidente ai vivi.
La riserva di Pine Ridge
Non è un caso che War Pony (titolo evocativo di come i nativi, un tempo, chiamavano i propri cavalli) sia stato girato nella riserva di Pine Ridge, una delle più grandi degli Stati Uniti, situata al confine con il Nebraska e la punta meridionale delle Badlands. Location ideale per la bellezza dei paesaggi e la vastità delle sue praterie Pine Ridge è anche il luogo dove Chloé Zhao ha girato il suo bellissimo film The Rider e dove Andrea Arnold ha diretto American Honey, una garanzia di successo, cinematograficamente parlando, pur trattandosi di una delle aree più povere e degradate del Paese, dal punto di vista socio-economico, anche a causa del tragico confinamento forzato dei nativi nelle riserve, voluti dai Governi.
Dunque le storie che vengono descritte, silenziosamente e rispettosamente raccontate dalle registe – le quali hanno fondato una casa di produzione chiamata Felix Culpa, che ha prodotto War Pony – sono figlie di questi mondi geneticamente modificati, dove gli indiani di oggi sono divenuti spacciatori e consumatori abituali di droghe ed alcool ed i loro figli vagano disoccupati e senza futuro in cerca di riscatto e di mezzi di sussistenza.
A cavallo fra le generazioni
Protagonisti del film sono due giovani della tribù Oglala Lakota (per intendersi quella di Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo, che lottarono con forza per l’indipendenza contro i governi statunitensi): Matho, un ragazzino di 12 anni (naturale e intenso il giovanissimo attore non professionista LaDainian Crazy Thunder) e Bill, un giovane uomo di 23 anni (interpretato da Jojo Bapteise Whiting). Le loro storie si inseguono nel film senza veramente intrecciarsi mostrando spaccati generazionali diversi e in evoluzione, da preadolescenti a giovani adulti, con uno sguardo empatico che si trasmette allo spettatore e che rende questi personaggi eroici nella sopravvivenza quotidiana, nonostante i loro comportamenti, in realtà predeterminati dal contesto e dalle figure adulte che li circondano, poco presenti o inaffidabili.
Matho è un ragazzino tranquillo, che ogni tanto va anche a scuola, dove ha un’amica speciale, di una famiglia ‘perbene’, della quale è innamorato; sua madre non c’è più e suo padre purtroppo, quasi sempre assente, è uno spacciatore e un tossico. Un giorno con alcuni compagni decide di rubare la droga al padre, avendo scoperto il suo nascondiglio. Il padre lo caccia di casa e lui trova rifugio da una anziana parente che però ha in casa una centrale di spaccio. Alla fine Matho si troverà solo, con le responsabilità di un adulto, disperatamente in cerca di qualcuno da amare e con cui vivere, nonostante tutto.
Bill invece, vestito come tutti gli yankee della sua età, è già padre di due figli avuti con due donne diverse: ama i suoi figli ma non ha mezzi per sostentarli e cerca di sbarcare il lunario chiedendo soldi in cambio di passaggi o altri servizi sempre al limite del legale. Il suo vero desiderio è allevare cani di razza ‘poodle’ per venderne i cuccioli. Finalmente riesce ad avere Beast, il cane che desiderava, e trova lavoro da un allevatore bianco che lo assolda di giorno per lavorare in fattoria e di notte per portare su è giù le sue giovani amanti indiane dalla riserva. Le cose sembrano andare meglio per lui finché qualcosa va storto e la dinamica che s’innesca con i padroni bianchi rimette in circolo la rabbia antica della discriminazione e della segregazione.
Memoria
War Pony mette in luce un mondo, quello delle riserve indiane, ancora oggi ai margini della società statunitense, abbandonato a sé stesso, con vite destinate alla disoccupazione, alla violenza, alle baraccopoli, con pochissime prospettive se non quelle della droga e della prostituzione. Cose già note, forse, ma è ancora oggi impressionante vedere gli esiti della spaventosa oppressione e degli espropri di terre avvenuti ai danni degli Indiani d’America, nei discendenti dei discendenti e nelle loro vite. Forse il cinema, sicuramente questo film e il premio attribuito a Cannes, la Caméra d’Or, ne racconta almeno la sofferenza e la storia, perché non vengano mai dimenticate.
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