I film del regista giapponese Hirokazu Kore-eda sono sempre molto attesi. E non fa eccezione il suo ultimo lavoro – primo in lingua coreana – Broker (Les Bonnes Étoiles), presentato al 75° Festival di Cannes e vincitore del Premio per il miglior interprete maschile assegnato, dalla Giuria del concorso, all’attore sudcoreano Song Kang-ho.
Il film non è di facile interpretazione ed accosta una serie di temi molto sensibili, come quelli relativi alle adozioni e alla solitudine dei bambini che hanno vissuto l’abbandono da parte dei genitori, o alla vendita di bambini a coppie non inserite nei circuiti ufficiali e, ancora, alla vita negli orfanotrofi o nelle case-famiglia, dove alcuni bambini preferiscono restare per sempre piuttosto che rischiare un fallimento adottivo e accumulare un’ulteriore frustrazione affettiva.
Kore-eda maneggia, da vero psicologo, il materiale umano e la materia della famiglia, quella allargata (qui per necessità) e quella sognata per ‘scelta’, come già nel film Un affare di famiglia, che gli è valso la Palma d’Oro a Cannes nel 2018. Broker sarà distribuito in Italia da Lucky Red e uscirà nelle sale in autunno, mentre l’edizione home video sarà gestita da Koch Media.
«Les boîtes à bébé»
La storia inizia come un giallo: in una notte piovosa, una giovanissima donna abbandona il suo bambino neonato di fronte a una ‘boîte à bébé’, la cassetta dove si depositano i bambini indesiderati, posta all’ingresso di un orfanotrofio. Qui viene recuperato da due impiegati che fanno il turno di notte e, illegalmente, i due uomini si appropriano del bambino (apparentemente nessuno sa che è stato abbandonato) e iniziano a cercargli una nuova famiglia, dietro pagamento di un lauto compenso. Inizia così un viaggio insolito e pieno di imprevisti attraverso il Paese, fino a Seoul, in cui i destini dei protagonisti – il bambino, la giovane mamma, i due impiegati/trafficanti, un bambino iperattivo dell’orfanotrofio che si unisce al gruppo, le due detective che seguono il caso in abiti borghesi per cercare di smantellare la rete dei trafficanti – si incroceranno in maniera del tutto inaspettata, mettendo in discussione le vite e le scelte di tutti. Kore-eda guarda ai suoi protagonisti senza giudizio, con grande pietas, aprendo finestre a letture alternative sui singoli comportamenti, partendo dalle storie e dai traumi di ciascuno.
“Dopo il mio ultimo film ho iniziato ad interessarmi al fenomeno delle ‘boîtes à bébé’ e al tema dell’adozione – racconta il regista-. Penso che il mio interesse si sia rafforzato per il fatto che in quel periodo è nata mia figlia. Ho conosciuto in Giappone le “baby box” attraverso la lettura di un libro, poi ho avuto modo di approfondire il tema lavorando a uno spettacolo che si occupava di investigare su questi problemi. Durante la mia ricerca personale, ho poi scoperto che dispositivi simili esistevano anche in Corea, utilizzati più di frequente e discussi come soggetto sociale. Più o meno nello stesso periodo, ho discusso con Song Kang-ho, Dong Won Gang e Doona Bae sull’idea di lavorare insieme intorno a questi temi, ho scritto un breve soggetto (Cradle), che poi ho sviluppato nel film Les Bonnes Étoiles.”
Bambini adottati e famiglie adottive
Il problema delle adozioni – in Giappone e Corea come a casa nostra – emerge nel film in tutta la sua complessità e su vari livelli: i luoghi dove i bambini e ragazzini vengono ‘accolti’, qualora lo siano realmente, sono spesso inadeguati e sovraffollati; le diverse età degli ospiti creano spesso disparità e frustrazione fra gli ospiti. Mentre i neonati o i bambini piccoli infatti spesso trovano una coppia adottiva (attraverso gli enti deputati e le istituzioni), i ragazzi più grandi, trovati in strada o cresciuti negli orfanotrofi o nelle case-famiglia, non hanno in genere reali spazi di ascolto né opportunità di crescita ed evoluzione individuale, mentre hanno in molti casi problemi di comportamento, di relazione e psichici, a causa dei traumi subiti. Il co-protagonista più giovane, fra i due lavoratori che ‘rapiscono’ il neonato per venderlo, interpretato dal bravo Dong Won Gang, “col suo sguardo penetrante che trasuda solitudine e la sua schiena appesantita dalla tristezza”, è proprio uno di quei ragazzini istituzionalizzati che, abbandonato davanti alla porta dell’orfanotrofio, non ha conosciuto nessun’altra realtà, né l’ha cercata, forse per paura di novità negative o di ulteriori abbandoni.
“Quando stavo preparando il film ho incontrato e intervistato tanti bambini cresciuti in orfanotrofio, prosegue il regista. I loro genitori avevano smesso di allevarli per un motivo o per l’altro. Molti di loro si ponevano una domanda fondamentale dell’esistenza senza, però, potersi dare una risposta chiara: “È un bene che io sia venuto al mondo?”. Sono rimasto senza parole sentendo questo e non avrebbe avuto senso rivolgere loro meccanicamente parole di conforto. Mi sono chiesto: quale film potrei offrire a questi bambini che hanno combattuto ferocemente le voci interiori ed esteriori? Questa domanda è sempre stata al centro del mio lavoro: Broker è un film in cui volevo guardare la vita dritto in faccia e, scivolando nella pelle dei personaggi, trasmettere chiaramente la mia stessa voce. Questo film è simile sia a una preghiera sia a un desiderio.”
Personaggi in cerca di umanità
Un premio meritatissimo – anche se tutti i candidati selezionati offrivano performance davvero notevoli – quello attribuito dalla Giuria del Concorso a Song Kang-ho, come miglior attore della competizione, per il personaggio di Sang-hyun, che si autoproclama ‘sensale di buone azioni’ – di fatto intermediario (broker) di vendite illecite – guidando il bizzarro gruppetto attraverso un percorso costellato di insidie ed opportunità, e suscitando simpatia grazie al suo temperamento calmo e profondamente umano, tanto che, verso la fine del film non sembra più per lui così importante ‘vendere’ il bambino. I suoi fantasmi si concretizzano quando incontra la figlia piccola a Seoul, ove scoprirà che la sua ex-moglie sta per risposarsi e che la bambina non è poi così interessata a lui, il suo vero padre: il finale riserverà a Sang-hyun un evento e una prospettiva inattesi.
“Song Kang Ho era il punto di partenza del film – afferma Kore-eda. Ho scritto la sceneggiatura pensando a lui fin dall’inizio: sul set, io, come regista e sceneggiatore, sono stato costantemente stimolato dalla sua performance”.
Si segnalano, fra gli altri interpreti già noti e affermati, le giovani attrici Joo Young Lee e Ji Eun Lee.