Originariamente il film Stars at Noon, diretto dalla stimata regista francese Claire Denis e presentato in competizione al 75° Festival di Cannes, dove ha vinto il Grand Prix (in ex aequo con Close di Lukas Dhont), doveva essere girato in Nicaragua ed ambientato all’epoca della Rivoluzione sandinista. Purtroppo la pandemia da Covid-19 e l’incertezza politica attuale del Nicaragua (Daniel Ortega è stato rieletto dopo aver represso gli oppositori del suo governo) hanno indotto la regista a spostare le riprese nella più sicura location di Panama, decidendo in conseguenza – alla Denis non sembrava congruo ricreare la guerra civile sandinista a Panama – di cambiare anche il contesto storico, trasportato in epoca attuale.
Stars at Noon: passione ai Tropici
Sicuramente la decisione della regista, ben ponderata e a suo avviso necessaria, di non ambientare il film durante la Rivoluzione sandinista, ha sottratto parte del fascino alla storia di Stars at Noon, perché non è chiarissimo il riferimento ai militari ovunque presenti, né alla situazione politica di protesta contro il governo alla vigilia delle elezioni, vissuta e subita dai protagonisti a scapito delle loro vite private. Infine, è triste dirlo, l’attualità benché molto instabile, non ha il fascino cinematografico di una vera Rivoluzione. Ma la regista si concentra in realtà sulla storia d’amore fra i due protagonisti, Trish (perfetta nel ruolo la bella e bravissima Margaret Qualley, figlia dell’attrice Andie MacDowell ) e Daniel (l’attore anglosassone Joe Alwyn visto in La favorita di Yorgos Lanthimos), iniziata dall’incontro casuale dei due al bar dell’albergo e dall’abitudine di lei – giornalista americana senza un soldo e senza lavoro – di prostituirsi per sopravvivere, trasformatasi in passione romantica a tutti gli effetti, frutto dell’unione fisica e psichica di due avventurieri alla deriva (o quasi).
Sesso, bugie e sopravvivenza
Trish, bloccata senza passaporto in Nicaragua, è abituata a vendere il suo corpo: partita per il Centro America con l’intenzione di scrivere inchieste e articoli, un po’ alla ventura, è stata licenziata dal suo giornale per non aver parlato dei temi che le venivano richiesti. Vive alla giornata, ha pochi scrupoli e vuole tornare a casa, negli Stati Uniti. Daniel, sedicente bancario e uomo d’affari, probabilmente bugiardo dal viso d’angelo, non si crea problemi nel fare sesso a pagamento. Le scene di sesso sono girate stupendamente dalla regista, la cui macchina da presa segue – fuori e dentro il letto – i corpi dei protagonisti, scandagliandone respiri e speranze, come quelle di fuggire insieme da un Paese a loro ostile e in cui si prevedono anni bui e repressioni. Ma non solo il loro amore è a rischio, bensì anche la loro libertà e la vita stessa. Inseguiti e braccati i protagonisti dovranno fare delle scelte obbligate.
Claire Denis e Denis Johnson
Il romanzo di Denis Johnson, cui è ispirato il film di Claire Denis, racconta parte dell’esperienza autobiografica dello scrittore stesso partito per il Nicaragua durante il sandinismo.
“Quando ho scoperto Denis come scrittore e poeta circa quindici anni fa – racconta la regista – sono rimasta folgorata e ho letto tutte le sue opere, in particolare mi ha davvero colpito Stars at Noon, un racconto di quando lo scrittore da giovane partì per il Nicaragua sperando di diventare giornalista e di inviare articoli sulla rivoluzione. Ma nessuno voleva i suoi pezzi e Denis, senza un soldo, ebbe delle esperienze spiacevoli in Centro America. Tornato negli Stati Uniti, decise di scrivere il romanzo raccogliendo i suoi articoli e pubblicando il suo libro. Denis non amava gli adattamenti cinematografici ma mi stimava come regista: l’ho incontrato una volta a L’Aja e dopo la sua morte ho provato ad avere i diritti”.
Registe donne
La regista Claire Denis, nata in Francia ma cresciuta in Africa, già assistente alla regia di Wim Wenders e Jim Jarmusch, da sempre è interessata a raccontare la condizione umana in tutte le sue sfaccettature, le tensioni interculturali e i conflitti familiari. Selezionata a Cannes nel 1988, col suo film d’ esordio, Chocolat, sugli effetti e sulle relazioni del post-colonialismo, presentato in anteprima in quell’occasione e sorretto da splendide immagini, è solo la seconda volta che entra in concorso a Cannes: a chi le pone domande sul perché delle poche presenze femminili nella selezione ufficiale del Festival, la regista risponde:
“Anche se oggi è molto meglio di un tempo e le cose stanno lentamente cambiando, per le registe donne rimane una sfida vedere realizzato e riconosciuto il proprio lavoro. In generale fare film è difficile per tutti, uomini e donne, ma per le donne è un po’ più difficile. Le donne però sono ‘dure’, resistono, ed è importante essere così quando si fanno film“.