Selezionato dalla Settimana internazionale della critica del Festival di Cannes 2020 e presentato al Toronto Film Festival, Dustin è un cortometraggio diretto da Naïla Guiguet. La giovane autrice francese, qui all’esordio da regista, si è poi distinta come collaboratrice alla sceneggiatura di Frère et Sœur di Arnaud Desplechin (presentato al Festival di Cannes di quest’anno) e L’innocent di Louis Garrel.
Dustin è disponibile su MUBI.
Dustin: la trama
In un capannone abbandonato, una folla danza al ritmo della techno. Là in mezzo c’è Dustin, una giovane transgender, con i suoi amici Felix, Raya e Juan. Con il procedere della notte la gioia della festa collettiva si trasforma in dolce malinconia e l’euforia diventa voglia di tenerezza.
Le destinazioni dello sguardo
Il cortometraggio di Guiguet si apre con i ritmi convulsi della musica techno, conducendo nei meandri della vita notturna parigina, in un hangar in cui la folla si abbandona irretita alle ipnotiche cadenze e alle luci dardeggianti. Il ballo si trasforma in un groviglio di corpi mossi da azioni quasi meccaniche, tra alcol e sostanze non proprio lecite, che si susseguono fin oltre le luci dell’alba. Naïla Guiguet cattura l’energia e l’impeto che pervadono una certa parte della cultura giovanile francese, che celebra la diversità attraverso espressioni dal carattere rituale. Un ambiente che la regista francese conosce molto bene e che la vede protagonista tramite Possession, un collettivo, di cui Guiguet è membro fondatore e dj, che organizza delle serate techno LGBTQI+ in luoghi della periferia (e il cortometraggio è stato girato proprio durante uno di questi eventi).
Dustin non limita però la propria osservazione alla folla, all’espressione collettiva e alla quotidianità giovanile. Segue invece l’omonima protagonista, giovane transgender che si trova con alcuni amici alla festa che prosegue poi in altri luoghi. È il suo volto ad aprire il cortometraggio e il suo sguardo malinconico ne delinea le forme, le traiettorie e persino l’anima narrativa, passando dal fervore iniziale al bisogno di intimità che prende corpo dopo pochi istanti. Uno sguardo irrequieto alla ricerca di affetto e di un appiglio, celando un’estrema fragilità che sorge in realtà dalle persone e dall’ambiente attorno a lei.
Con Dustin, e con l’espressione di dolce malinconia di Dustin Muchuvitz nei panni della protagonista, Naïla Guiguet esplora l’identità transgender e le difficoltà che si manifestano persino nello stesso ambiente LGBT, quando basta invece una singola parola, un riferimento al femminile da parte di uno sconosciuto per addolcire lo sguardo e far tornare il sorriso.