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Cannes

‘Metronom’: l’anelata libertà che arriva via etere

Una trasmissione radiofonica che si trasforma in un sogno di libertà; una festa proibita che sfocia nella repressione più violenta e autoritaria. L'opera prima del rumeno Belc convince e commuove grazie ai potenti primi piani sul bel volto incredulo e impaurito ma indomito della sua tenace e risoluta protagonista.

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Tra i film della sezione Un Certain Regard di Cannes 75, un posto di un certo rilievo viene occupato dall’opera prima di finzione del regista rumeno Alexandru Belc col suo straziante e sofferto Metronom.

Un film che prende il titolo dall’omonima trasmissione radiofonica che, tra fine anni ’60 e metà anni ’70 fu portata avanti, prima clandestinamente dalla Romania, poi dalla Germania, dal giornalista, musicista e produttore musicale e radiofonico Cornel Chiriac, che finì per pagare con la vita questa sua missione a favore della libertà e contro ogni forma di dittatura, a partire da quella di Ceausescu nel proprio paese natale.

Metronom: la voglia di libertà e di rischiare per essa

Ana è una diciassettenne di una famiglia borghese molto attenta a rispettare le regole imposte dal regine verso la prima metà degli anni ’70.

Incantata dall’impeto alla libertà che il giornalista messo all’indice, Chiriac, riesce comunque a comunicare ai suoi seguaci, molti dei quali amici di studi di Ana, la ragazza cerca di persuadere i genitori a lasciarla andare a una festa organizzata a casa di un amico, ove, oltre alla musica occidentale, è previsto l’ascolto degli interventi del DJ Chiriac stesso, che utilizza la musica (dei Beatles come dei Doors o di Janis Joplin) per il suo potere rivoluzionario per debellare i regimi autoritari.

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Ma quando qualcuno molto vicino ad Ana fa la spia e arriva la polizia nella casa del raduno proibito, tutti gli invitati vengono portati in centrale, interrogati, a volte pure malmenati e minacciati, costretti a redigere un rapporto/dichiarazione di colpa, onde evitare la carcerazione lunga fino a sei anni.

L’unica tra i ragazzi a fare opposizione sarà proprio la timida e fragile Ana, che, nonostante l’intervento del padre professore, che metterà in moto tutte le sue conoscenze affinché la figlia non finisca condannata per la sua perpetrata reticenza a confessare, rimane allibita e incredula per quell’arresto e quella serie di condanne senza un senso.

Metronom: la recensione

Il film di Belc si rifugia all’interno claustrofobico di un appartamento, e poi della centrale di polizia, per accerchiare quella forza giovane che anela a forme di libertà di espressione e di approccio alla vita pesantemente osteggiate da una dittatura in cui tutto ciò che non appare controllabile, viene considerato un pericolo da abbattere.

E riesce a scandagliare con cura l’assurdità di un sistema di polizia che utilizza la repressione e la falsa testimonianza per farsi garante di un ordine che equivale alla negazione dei principali diritti civili indelebili in una comune democrazia.

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Con il rigore stilistico tipico del cinema rumeno, semplice e lineare, ma di fatto quasi sempre magnifico e potente, Belc si concentra sul volto sconvolto e incredulo della giovane protagonista, splendidamente resa dalla giovane attrice Mara Bulgarin.

Una giovane esordiente che si rivela davvero notevole, nonché perfetta a rendere palpabili le angosce e l’impotenza derivanti dal proprio naturale anelito alla libertà di pensiero e la delusione ed amarezza nel vedersi abbandonata da tutti. Non solo dal regime, ma anche dai genitori, comprensivi ma consapevoli del fatto che non esiste altra strada che quella della resa e dell’obbedienza, e dal proprio infido fidanzato traditore.

Metronom è un film che riesce, attraverso la semplice dinamica drammatica dei fatti e degli abusi, a rendere il racconto attanagliante, pur senza nessun appiglio o concessione verso l’azione o il movimento.

Metronom

  • Anno: 2021
  • Durata: 102
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Germania/Romania
  • Regia: Alexandru Belc

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