In Francia sono chiamate anche “Colleuses”, realizzatrici di collages o giuntatrici : sono le attiviste del movimento Riposte Féministe, (Risposta Femminista) formato da donne che combattono la volenza di genere con una forma creativa di street art non violenta. Realizzano infatti dei collages, dipingendo lettere nere su fogli bianchi che, una volta incollate in sequenza sui muri della città, comporranno frasi scelte dai repertori femministi come ad esempio: “Se la violenza è sessista la risposta è femminista” oppure “Il sessismo è ovunque, lo siamo anche noi”, e così via. In questo modo città e villaggi, a poco a poco, verranno invasi da messaggi contro il sessismo e la violenza di ogni tipo.
Riposte Féministe: il documentario
I due registi, Simon Depardon e Marie Perennèsi, hanno realizzato un documentario su questo movimento e sulle donne protagoniste delle affissioni selvagge, che è stato selezionato e presentato a Cannes fra le proiezioni speciali. Il documentario racconta le attività del movimento in dieci città diverse nel mondo, evidenziando come in ciascun luogo l’organizzazione delle donne per costruire e affiggere i collages sia differente: in ogni caso incollare le lettere e formare frasi significative è anche occasione per raccontare le storie di alcune di queste donne, finite nella trappola della violenza psicologica e fisica, oppure vittime di abusi, maltrattamenti o molestie.
«Non faremo abbassare il numero dei femminicidi in Francia nel 2022 – afferma Marie Perennès – ma vogliamo apportare il nostro piccolo contributo per fare evolvere le coscienze ».
Illegalità e rischio
Ovviamente l’affissione sui muri è un’attività illegale, ma il fatto di attaccare fogli che poi si staccheranno con la pioggia o con il tempo, è considerato probabilmente dalle forze dell’ordine elemento di minor gravità rispetto al fatto di dipingere o scrivere frasi direttamente sui muri. In una scena del film si vede infatti che la macchina della polizia accosta vicino alle ‘colleuses’ che stanno incollando fogli sui muri, qualcuno sta per scendere dalla macchina ma poi ci ripensa e lascia perdere.
Alcune donne raccontano come sono entrate a far parte del movimento e hanno deciso di correre qualche rischio; ad esempio, spiegano alcune di loro, per la relativa ‘facilità’ e non aggressività della proposta principale, quella dei collages. Altre si sono fatte coraggio e hanno iniziato dopo qualche evento di violenza: le compagne si commuovono e piangono (forse una scena si sofferma un po’ troppo su questo pianto) nel sentire le storie accadute ad alcune di loro. In generale ogni città ha le sue caratteristiche e modalità di organizzazione e vi sono coinvolte donne di ogni età.
Per sole donne
Ci sono anche forme di estremismo, nelle interviste fatte dai registi, che penalizzano in toto l’altro sesso, ma sembrano posizioni individuali e non collettive. Del resto per farsi sentire, soprattutto da chi non vuole ascoltare, talvolta bisogna creare rotture, ma anche alleanze ed accettare la solidarietà di tutti i “generi” da parte di chi è sinceramente disposto a offrirla.
“Abbiamo ricevuto solo due richieste di partecipazione da parte di uomini – precisa l’attivista Stern – alle quali abbiamo dato una risposta negativa. Pur essendo favorevoli alla diversità per determinate azioni, riteniamo che, per una iniziativa che ‘impegna i corpi delle donne in strada’ spetti a loro , alle donne, ‘andare a tenere le redini della propria lotta”.
Risposta femminista: I nomi delle vittime sul tappeto rosso
Sul tappeto rosso di Cannes, il giorno della prima proiezione, hanno dunque sfilato molte attiviste, alcune con il corpo dipinto da slogan, altre con un collage lunghissimo con 129 nomi, quelli delle ultime vittime di femminicidio. Bisogna dare atto al Festival di Cannes, alla grande libertà intellettuale che dimostra in simili occasioni e che consente di portare al Festival messaggi e protagoniste/i senza pregiudizi.
Cannes 75: Mario Martone debutta con Nostalgia