La Semaine dela Critique accoglie quest’anno tra i suoi cineasti, nell’ambito del Festival di Cannes 75, l’esordiente Céline Devaux.
Con la sua brillante commedia sentimentale Tout le monde aime Jeanne, la regista porta una ventata di allegria e spensieratezza ad una rassegna conosciuta più per l’autorevolezza dei cineasti prescelti, che per la leggerezza dei contenuti scelti.
Tout le monde aime Jeanne – il successo è donna e si chiama Jeanne
Jeanne è, o è stata fino a poco tempo prima, una tenace e brillante manager che ha inventato uno strumento utile per la raccolta della plastica nelle acque marine. Quando comincia ad illudersi di essere la donna dell’anno proprio grazie a quella perspicace invenzione, ecco che la prova pratica dello strumento si rivela un clamoroso flop, facendo naufragare una carriera fino a poco prima ritenuta senza cenni di frenata.
Senza soldi, coi finanziatori che cercano di ritirarsi, la donna decide di vendere, di comune accordo col fratello, la bella casa di Lisbona ove abitava la madre, recentemente suicidatasi senza che i due figli, afflitti da sensi di colpa lancinanti, potessero cercare di persuaderla a desistere.
Nel recarsi presso la capitale portoghese, la donna si imbatte in aeroporto, diretto pure lui a Lisbona, in un bellimbusto un po’ molesto, un po’ ladro, che si rivela essere in realtà un vecchio compagno di scuola della protagonista.
Costui non smetterà di seguirla, lanciando i due in una serie di avventure ed inconvenienti, al termine dei quali impareranno che l’unione di due ‘molesti’ come loro può condurre quanto meno a qualcosa di molto simile alla serenità e alla realizzazione.
Tout le monde aime Jeanne – la recensione
Che Tout le monde aime Jeanne punti sul ritmo e sulle gag improvvise, lo testimonia anche la circostanza che consente alla regista di dar voce al pensiero intrinseco di Jeanne che si anima in divertenti siparietti a disegni utili a commentare i risvolti più comici che girano attorno ai due protagonisti (attratti senza ammetterlo l’uno verso l’altro).
Certo poi la Devaux si lascia prendere un po’ troppo la mano e il ricorso a questi divertenti espedienti rischia di rendere il corso della storia almeno vagamente macchinoso.
Ma a convincere risulta soprattutto il cast che vede prima di tutto, al centro dell’azione e del contendere, la bravissima e piuttosto comica Blanche Gardin, già incontrata in parecchie altre produzioni (spesso in ruoli da non protagonista) come avviene nel recente France di Bruno Dumont.
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La brava ed ironica interprete si lascia trasportare dalla propria naturale verve comica riuscendo a dar vita, soprattutto nella prima parte del film, ad un gioco degli equivoci e dei sentimenti mal corrisposti piuttosto incalzante e ritmato.
La affianca uno dei giovani attori più richiesti ed apprezzati del momento com’ è senz’altro Laurent Lafitte, che qui si trova piuttosto a suo agio con le parti brillanti e leggere del suo personaggio indolente e sfaticato.
Nella fugace, ma tutt’altro che irrilevante, parte della madre della protagonista (o del fantasma di quest’ultima) è bello ritrovare la sempre affascinante Marthe Keller alla quale è sufficiente apparire senza profferir parola per risultare una presenza di lusso e di valore intrinseco palpabile.