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‘Kurdbûn – Essere curdo’. L’indifferenza è il peso morto della storia

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Distribuito da Officine Ubu, Kurdbûn – Essere curdo è un documentario diretto da Fariborz Kamkari. Si mostra dall’interno la terribile sorte toccata tra il 2015 e il 2016 a Cizre, città curda nel sud della Turchia.

Raccontare l’orrore

Come si racconta l’orrore? Ci si interroga spesso sulla natura della narrazione con cui vengono affrontati drammi come la migrazione e la guerra. Essi raccontati molte volte in modo romanzato, attraverso immagini filtrate, selezionate, talvolta persino false. Procedimenti che vanno a creare una distanza rassicurante con la quale sono osservati eventi terrificanti. Un modo per recidere tale distanza è quello di abbandonare lo sguardo dall’esterno per calarsi totalmente nell’orrore. Bisogna annullare la visione confortevole e apparente e ricercare immagini scomode, fastidiose, quasi intollerabili. È ciò che ha fatto un documentario come Purple Sea, in cui un’artista siriana ha ripreso la sua traversata in mare insieme ad altri profughi. È ciò che avviene anche in Kurdbûn – Essere curdo, una diretta testimonianza di una giornalista che trascorse varie settimane a Cizre, durante i bombardamenti ordinati dal governo turco a cavallo tra il 2015 e il 2016.

Il conflitto tra turchi e curdi, che si trascina ormai da molti anni, passa troppo spesso sotto silenzio. Ciò accade sia perché il governo di Erdogan impiega ogni mezzo per nascondere le proprie “operazioni”, sia perché sembra non godere di una grande attenzione mediatica. Lo stesso popolo curdo raramente è protagonista di notizie e informazioni sui nostri schermi. Nonostante sia il popolo più numeroso al mondo al quale non è stato riconosciuto alcun territorio dalla comunità internazionale, e lotti da moltissimo tempo per ottenerlo.

Kurdbûn – Essere curdo pone al centro del suo racconto uno degli eventi più terrificanti di questo conflitto accaduto nel 2015, a seguito delle elezioni di giugno. Per la prima volta dopo 12 anni Erdogan si era trovato senza una maggioranza e con il partito pro-curdo Hdp sopra la soglia di sbarramento del 10%. Anche per questo, il governo turco non riusciva a tollerare il modello di autogestione democratica che si era stabilito nella città curda di Cizre legato proprio all’ identità. Decise dunque di assediarla, per poi bombardarla, allo scopo di intimidire le altre città gestite allo stesso modo.

Identità e resistenza curda

Il documentario nasce dalle immagini girate dalla giornalista di origini curde Berfin Kar. In compagnia del fotografo Baran Yasak riuscì a entrare nella città, già accerchiata dai paramilitari, prima del termine dell’ultimatum con il quale Erdogan chiedeva la fine dell’autogestione. È dunque una preziosissima testimonianza di ciò che avvenne nei 79 giorni in cui l’esercito turco tenne sotto assedio Cizre. Si tratta di un evento che ovviamente il governo provò a tenere nascosto, declassandolo a “operazione speciale” (corsi e ricorsi storici). Le immagini documentano la barbarie compiuta dall’esercito ai danni del popolo. Giorno dopo giorno vengono riprese le condizioni in cui la popolazione era costretta a vivere, in cui ogni istante era accompagnato dalla pioggia di bombe che rendeva i pochi momenti di quiete e silenzio allarmanti e stranianti.

Quello compiuto da Yasak e Kar è stato un atto di profondo coraggio. Difatti sono ancora in Turchia in attesa del processo). La loro è una discesa agli inferi per portare alla luce un massacro passato sotto silenzio e ignorato persino dalla comunità internazionale. Le immagini, poi raccolte e riassemblate dal regista Fariborz Kamkari, vanno a costituire un vero e proprio documentario-monumento. Il film è a testimonianza del destino di una città, di ciò che stava provando a costruire e della sua lotta. Ma Kurdbûn non è solo materiale di cronaca. È anche e soprattutto un viaggio alla riscoperta del popolo curdo, delle sue radici e della sua identità. Un percorso che Berfin Kar compie in prima persona, riappropriandosi delle sue origini. È dall’identità, dalla partecipazione e dal sentimento che sono nate la lotta e la strenua resistenza compiuta a Cizre, in nome della libertà, dell’ideale e quindi della vita.

Questa consapevolezza è espressa nel finale del documentario tramite il celebre testo scritto l’11 febbraio 1917 da Antonio Gramsci su La città futura. Gramsci affermava: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
Un fervore, quello alla base della resistenza di Cizre e rievocato attraverso le parole di Gramsci, che ha costituito un’importante pagina della storia italiana. Un fervore che oggi, nel dibattito pubblico, sembra dimenticato e rinnegato.

Il trailer di Kurdbûn – Essere curdo

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