Summertime è una serie italiana diretta da Lorenzo Sportiello e Francesco Lagi distribuita da Netflix dal 2020: dal 4 maggio 2022 sono stati rilasciati gli otto episodi della stagione finale.
La storia
Coco, Edo e Sofia sono, anzi erano tre amici inseparabili in un’estate che doveva essere come le altre ma finiva per metterli di fronte alla scoperta di sé stessi. Gli amori e la vita li hanno cambiati e hanno cambiato i loro rapporti, e adesso è venuto il momento di porsi le domande inevitabili sul loro futuro e la strada che hanno davanti.
Summertime. (L to R) Ludovico Tersigni as Ale, Coco Rebecca Edogamhe as Summer in episode 302 of Summertime. Cr. Stefania Rosini/Netflix © 2022
La recensione
Il cinema e la televisione, e tutto che hanno raccontato, ci hanno abituato a pensare al racconto estivo come a qualcosa di spensierato, leggero quando non ridanciano.
Le note e le parole de Il Mare D’Inverno hanno un po’ sparigliato le carte, e mostrato il cortocircuito che si crea quando la spiaggia e il sole vengono invece associati alla solitudine, alla riflessione, e a certe musicalità (emotive e prettamente sonore) altre.
Summertime, la serie diretta da Sportiello e Lagi, -oltre a confermare, se ce ne fosse bisogno, che anche alla serialità giova avere l’impronta registica per dare uniformità all’opera- ha pensato bene di continuare su questa strada, spiazzando un po’ il pubblico: che si è visto trasportare nel pieno delle geografie prettamente estive (le location sono iniziate a Marina di Ravenna e sono continuate a Cesenatico) per assistere alle storie di un gruppo di ragazzi presi nel pieno della stagione vacanziera eppure pieni di problemi, ripensamenti, dolori familiari, drammi esistenziali fino a quel mal d’amore declinato però in modo intimo e mai urlato.
Summertime. (L to R) Lucrezia Guidone as Rita, Andrea Lattanzi as Dario in episode 303 of Summertime. Cr. Stefania Rosini/Netflix © 2022
È per questo che la prima stagione era piaciuta e aveva convinto: sorta di Skam in spiaggia, aveva catturato quell’insolito allure agostiano fatto di indolenza e dolci malinconie che accompagnano la fine di qualcosa.
E aveva saputo raccontare benissimo, con dolcezza e delicatezza, le vite dei suoi protagonisti, immersi in un futuro incerto e in quella insostenibile leggerezza del’adolescenza che sta per finire, metaforizzando la stagione e concedendosi una colonna sonora affascinante, che svicolava tra Il mondo di Jimmy Fontana, Estate di Bruno Martino per poi all’improvviso piazzare Salmo, Fraha Quintale e Coma Cose.
Insomma, un mosaico composito e ben assortito, che però già nella seconda stagione ha mostrato segni di cedimento: coazione a ripetere, deja vù insopportabili, leziosità nel delineare i personaggi, hanno lasciato intuire che la prima stagione era stata qualcosa di irripetibile.
La terza stagione di Summertime conferma, prima di tutto, la precisa efficacia dei suoi personaggi, ben calibrati e ben scritti ma soprattutto ottimamente interpretati (da Ludovico Tersigni e Coco Rebecca e Alicia Ann Edogamhe su tutti; e poi Andrea Lattanzi, Amanda Campana, Giovanni Maini, Thony): ma sta allora un po’ nel mezzo, nel momento in cui la linea narrativa fa il suo percorso e trova il suo giusto compimento, ma mostra innegabilmente la mancanza di spinta creativa essenziale all’invigorimento degli intrecci.
Summertime. (L to R) Cristiano Caccamo as Luca, Coco Rebecca Edogamhe as Summer in episode 305 of Summertime. Cr. Stefania Rosini/Netflix © 2022
E allora ecco che ripropone i medesimi valzer di coppia, i disturbi genitori-figli e le loro dinamiche perverse, allontanandosi irrimediabilmente dall’empatia che aveva saputo stabilire con il suo pubblico all’inizio.
Ritrovandosi isolata in una zona di mezzo, un purgatorio dell’oblio che non sa accogliere il pubblico più giovane, che si ritrova più a suo agio in situazioni meno decadenti, ma neanche quello più esigente o smaliziato, che ben conosce i ritmi e le svolte di trama e capisce bene fin dall’inizio dove si andrà a parare.
Insomma, un prodotto medio che non diventa mai mediocre, ma che proprio come il citato Skam avrebbe potuto essere un piccolo cult nel raccontare il dolore di vivere alle soglie di un necessario cambiamento.