‘Rams’: l’incomunicabilità tra consanguinei che si arrende al pericolo in agguato
Storia di due fratelli e otto pecore, ma soprattutto di antichi dissapori familiari che dividono, almeno fino a quando l'emergenza induce a utilizzare la ragione e la collaborazione.
In Rams di Grímur Hákonarson, da pochi giorni in programmazione su Mubi, una disputa familiare apparentemente irrisolvibile riesce a essere messa da parte solo quando le circostanze, drammatiche ma anche talvolta tragicomiche, intervengono a complicare, fino al punto di risolvere, pendenze e antichi soprusi apparentemente insanabili.
Piccolo film islandese, Rams è stato un successo clamoroso al festival di Cannes 2015, dove si aggiudicò il premio come miglior film al Certain Regard, riscontrando una positiva accoglienza anche da parte del pubblico. Nel cast Sigurdur Sigurjónsson, Theodór Júlíusson,Charlotte Bøving.
Rams – la trama
Sembra impossibile che tra consanguinei, nel caso specifico tra fratelli, ci si possa ridurre a rancori tali da convivere nello stesso luogo, condividendo il medesimo lavoro, ma senza relazionarsi l’un l’altro da oltre quarant’anni.
Sì, sembra impossibile oggi, ma molto meno in passato, ad esempio solo alcuni decenni fa: in quale famiglia non sono esistiti gravi contrasti che hanno diviso in due o più fazioni irriducibili intere famiglie fino a poco prima affiatate e leali?
Al centro di tutto, quasi sempre, eredità, proprietà indivise, dissidi tra eredi.
La povertà rende spesso gli individui che la subiscono aggressivi e sprona ognuno a cercare in tutti i modi di garantirsi la sopravvivenza.
In comunità vieppiù legate ancora alla terra e ai suoi frutti, spesso scarsi, queste circostanze sono eventualità frequenti, diffuse, pertinenti e probabili ancora ai giorni nostri.
Ciò accade ad esempio nell’Islanda legata alla pastorizia e all’allevamento di montoni, utili e preziosi per la loro lana di primissima qualità. In particolare, due fratelli, Gummi e Kiddi, entrambi scapoli e non più giovani, sono gli ultimi superstiti di una genealogia impegnata ad allevare e preservare una razza autoctona e preziosa di ovini.
Ogni anno entrambi si contendono il premio per il miglior montone, competizione che quasi sempre i due conquistano alternativamente, non senza acuire ogni volta, l’uno nei confronti dell’altro, quel senso di sfida e distacco che da così tanto tempo li divide e allontana, seppur metaforicamente.
Al centro di questo conflitto silenzioso, che li vede uniti nello stesso fondo, ma separati nell’abitazione e da confini ben precisi a suddividere il terreno in parti uguali, si pone un testamento poco propizio a garantire equità, scalfito da una promessa che Gummi, il beneficiario di tutto il podere, ha garantito alla madre morente: quella di lasciare che il fratello usurpato della sua parte, potesse usufruire della metà esatta del terreno medesimo e di ciò che in esso era contenuto, case e montoni inclusi, per tutto il tempo in cui fosse rimasto in vita.
Quando una temuta epidemia senza possibilità di cura si abbatte in quelle terre ai danni degli allevamenti di ovini, ogni allevatore è costretto ad abbattere tutto il proprio gregge per debellare definitivamente e sul nascere la catastrofe.
Così fanno pure i nostri due fratelli, non fosse che uno dei due, il diseredato, quasi impazzisce dal dolore, mentre l’altro, di nascosto, si ingegna per trovare una soluzione scaltra, ma pure molto rischiosa, per preservare la sua preziosa discendenza di bestiame.
Finché non si rendono conto, entrambi, che solo collaborando, potranno trovare la soluzione ai loro problemi o almeno scongiurare la fine della loro preziosa razza di montoni autoctoni.
Rams – la recensione
Rams è il primo lungometraggio del regista islandese Grimur Hàkonarson, che con questo esordio notevole, guadagna il prestigioso premio de Un Certain Regard a Cannes.
Nel suo stile solenne, soprattutto per quanto riguarda le splendide inquadrature che valorizzano un paesaggio già di per sé molto suggestivo, e insieme scanzonato nel trattare drammi e dissidi familiari con un disincanto quasi da favola, il film denota un approccio accattivante e di buona presa sul pubblico, che può forse ricordare a tratti quello divertito, ma pure lucido e controllato, dell’altrettanto nordico (ma norvegese) cineasta Bent Hamer.
Senza rinunciare a tocchi di ironia anche pungente che trovano il loro culmine nel tentativo sommesso e distaccato di soccorressi tra fratelli, pur senza darlo a vedere (meravigliosa la scena del trasporto in ruspa del fratello mezzo assiderato fino al più vicino pronto soccorso), Rams è davvero un film ben raccontato e splendidamente diretto. Interpretato da attori che sembrano presi sul posto e strappati al territorio che li circonda, e soprattutto davvero fratelli.
Peccato che i soliti maldestri titolisti italiani abbiano aggiunto un inutile e sciocco sottotitolo, probabilmente nel tentativo un po’ subdolo di rendere più accattivante un film che invece ha il suo fulcro e il suo massimo valore nel sottile e drammatico suo punto cruciale: quello del significato intrinseco del nucleo familiare e del senso di appartenenza e collaborazione che deve esistere tra consanguinei, compreso e avvalorato quanto merita solo quando è ormai davvero troppo tardi per poter porvi rimedio.
Il film sa come farsi apprezzare, ma anche diventare serio e rendere solenne, quasi biblico, il dramma che riesce a sradicare un dissidio che sembrava inestirpabile; un rancore che pareva troppo penetrato in fondo al cuore di entrambi i fratelli, per poter essere dimenticato, tralasciato, volutamente rigettato.
Doveroso e pertinente dunque l’ambìto riconoscimento che il film ha ottenuto al più importante festival cinematografico del mondo. 7/10