Cracked, il primo lungometraggio di Surapong Ploensang, è stato presentato in anteprima italiana in concorso al Far East Film Festival. È una coproduzione tra Singapore, Corea del Sud, Taiwann e Thailandia.
È un horror – thriller intenso, complesso, onirico e a tratti psichedelico.
L’esordiente Surapong Ploensang utilizza uno stile raffinato e una regia ben curata in ogni suo aspetto per rappresentare una vicenda intrecciata tra passato e presente, sogno e realtà, morte e vita.
La trama
Ruja (Chayanjt Chansangavej) vive a New York con sua figlia, ma deve tornare in Thailandia, suo paese d’origine, per ricevere l’eredità del padre, un famoso pittore. Suo padre le ha lasciato anche due ritratti di una donna. Ruja vuole venderli, in modo da potersi permettere l’intervento chirurgico di cui sua figlia ha bisogno per curare un grave problema agli occhi. Nei ritratti iniziano a formarsi delle crepe e Ruja, con l’aiuto di Tim (Nichkun Horvejkul), un restauratore di opere d’arte, inizia a fare delle ricerche per scoprire il mistero che c’è dietro ai due ritratti.
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Una vicenda complessa e affascinante
Cracked, originariamente intitolato A Portrait of Beauty, è basato su una sceneggiatura coreana mai realizzata, riscritta dal miglior sceneggiatore thailandese di horror, Eakasit Thairaat. Il risultato è un arguto e complesso ingranaggio, colmo di allegorie e topos, tipici dell’ horror.
Una grande casa immersa nel bosco, che sembra essere infestata da fantasmi, una vecchia cameriera con un segreto, dipinti che prendono vita, una bambina in pericolo e un affascinante sconosciuto come eroe: dunque gli ingredienti ci sono tutti e il rischio di prevedibilità è molo alto. L’esordiente regista, però, dimostra già di aver raggiunto una buona padronanza della macchina da presa e riesce a invitare lo spettatore a partecipare attivamente per districarsi nella complessità della vicenda.
Cracked ha una trama molto complessa, ma la sua narrazione non procede in maniera farraginosa. I tanti simboli inseriti nella sceneggiatura sono disposti secondo un ordine ben preciso ed esortano a una doppia, in alcuni casi multipla, chiave di lettura. La regia, la fotografia e il montaggio, poi, esaltano ogni aspetto simbolico contribuendo a realizzare un’atmosfera di terrore e mistero.
L’atto del vedere tra il cinema e il paranormale
Il film inizia con Ruja alla ricerca di denaro per salvare la vista di sua figlia. Un piccolo espediente narrativo che ha la funzione di anticipare e svelare uno dei filoni simbolici di Cracked: l’atto del vedere. Il tema, ovviamente, mette in gioco infinite questioni di natura allegorica, fenomenologica e meta – cinematografica. È sul vedere, infatti, che si basa la settima arte, con la cinepresa che cattura le immagini del reale, che non è mai realtà quanto piuttosto rappresentazione di essa. Come avviene in Cracked, dove il regista più di una volta ricorre alla soggettiva della piccola Rachael (Nutthatcha Padovan), per realizzare alcune scene terrificanti. Ma è questo uno sguardo limitato, nato dagli occhi malati della bambina, che però riesce a scorgere un mondo sovrannaturale, immerso nel mistero.
IL mistero dei due dipinti
È il mistero che circonda i due preziosi ritratti ereditati da Ruja, dipinti dal padre vent’anni prima. Questi rappresentano per lei la possibilità di trovare il denaro sufficiente per salvare gli occhi di Rachael, ma le cose non sono così semplici. I due quadri nascondono un terrificante segreto di morte e la donna impressa sulla tela sembra viva, con i suoi occhi magnetici. Lo sguardo della sensuale e diabolica donna dei ritratti cattura gli occhi dello spettatore, trascinando i protagonisti di Cracked in un mondo fantasmatico.
Non è un mondo del tutto irreale; piuttosto appartiene al trascorso traumatico di Ruja, vissuto quando era una bambina. Attraverso le crepe dei due ritratti, infatti, tornano i fantasmi del passato per farle pagare le colpe non sue, ma del padre. La vera identità di questo misterioso personaggio viene svelata progressivamente e gli autori ad ogni passaggio aggiungono un pezzo al complesso puzzle. La Ruja bambina è solo semplice spettatrice della morte, ma non interviene ed è questa la sua colpa.
Il reale e l’ irreale
Craked offre diversi punti di vista di questo crudele mistero. Gli occhi puntati sui fatti sono tanti, proprio come quelli che vengono rivelati sotto lo sfondo dorato dei due ritratti. La donna raffigurata, inizialmente appare come la personificazione del male, ma poi sembra assumere il ruolo di vittima sacrificale e successivamente portatrice di una maledizione.
“Se facciamo finta di non vederli non possono farci del male”.
È ciò che consiglia la mamma di Ruja a sua figlia, per evitarle il male portato dalla donna che ha invaso le loro esistenze. Ed è in questo modo che la Ruja bambina si comporta, commettendo un delitto, seppur non partecipando attivamente.
La raffinata regia di Surapong Ploensang riesce a far vivere questo fitto mistero alternando il presente con il passato, utilizzando sapientemente l’espediente del flashback. Inoltre, realizza un affascinante procedimento di ribaltamento, facendo scorrere la vicenda in diverse prospettive cronologiche e mutando di continuo il punto di vista. Emblematica è la sequenza dello specchio dove Ruja appare prima come madre e immediatamente dopo come figlia.
In questo fitto e misterioso dipanarsi della trama, Cracked ha qualche lato oscuro, ma risulta un’esperienza affascinante. Il film, in alcuni suoi punti, ha il potere di terrorizzare, come il miglior horror. Le immagini raccapriccianti, realizzate con estrema semplicità, non rappresentano una sterile esibizione della paura, ma rivelano piuttosto la loro doppia natura, sospesa tra il reale e l’ irreale, proprio come avviene nella settima arte.
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