Zack Snyder’s Justice League è disponibile dal 18 aprile 2022 su Netflix, a distanza esatta di tredici mesi dalla sua uscita precedente su Sky.
Justice League di Zack Snyder: il trailer ufficiale
La trama
Alimentato dalla fede nell’umanità e ispirato dal gesto altruista di Superman, Batman e la nuova alleata Wonder Woman, reclutano Aquaman, Cyborg e Flash per aiutarli a salvare il pianeta da un nemico comune che è tornato all’attacco.
Ci sono casi in cui un film diventa un caso, anzi a volte un cult, a dispetto e a prescindere da sè stesso e dal suo valore assoluto: è il caso sicuramente di Justice League di Zack Snyder, uscito nel 2017 per essere poi rimontato nella director’s cut del regista/autore Zack Snyder e rilasciato sui canali HBO (Sky per l’Italia) e adesso per Netflix, con netti miglioramenti e sfumature che l’hanno fatto apprezzare di più. Ma con quello Snyder’ touch che di certo non ha lasciato indifferente nessuno, facendo sì che un’opera snobbata all’inizio da tutti diventasse all’improvviso un vero e proprio caso mediatico.
Che piaccia o meno, la director’s cut di Justice League distribuita da HBO e portata in Italia per i tipi di Sky è uscita a dispetto di ogni previsione: e a niente serve sbertucciare la presunta autorialità di Snyder e il suo diritto a rimaneggiare il materiale, perché in poche ore il film ha mandato in crash i sistemi di streaming.
Era il 2017 quando la Warner rincorreva affannosamente i Marvel Studios così come la DC Comics rincorre da anni la Marvel.
Il film culmine di un quasi percorso, formato dal Man Of Steel e da Batman VS Superman del buon Zack, nonché di Wonder Woman scritto da Snyder ma girato da Patty Jenkins e dal mediocre Acquaman firmato da James Wan (bravo nell’horror ma un pesce fuor d’acqua nei cinecomics), era ovviamente Justice League, opera sulla squadra formata dai singoli eroi.
Dietro la macchina da presa c’era ovviamente lui, che purtroppo fu funestato da un lutto devastante che lo costrinse ad abbandonare il progetto: per questo, a salvare capra e cavoli alle alte sfere Warner sembrò opportuno chiamare Joss Whedon, bravo autore di fumetti nonché artefice del successo stratosferico di Avengers.
Probabilmente perché a lavoro su materiale altrui, o forse per una scarsa empatia con i personaggi e la storia (e non che le due cose debbano essere scollegate), il risultato fu qualcosa di realmente imbarazzante, un film pessimo che ancora oggi marchia indelebilmente la Warner e inficia la volontà di creare un universo condiviso. Va detto che la Justice League a firma Whedon non è pieno di errori, ma sbagliato in tutto: dal concept iniziale fino al ritmo delle sequenze, andando dritti ai baffi rimossi di Henry Cavill -a quel tempo impegnato su un altro set dove erano richiesti i suoi mustacchi corvini-.
Una debacle che fece lentamente ma inesorabilmente montare la rabbia del popolo del web, insorto e deciso ad avere la versione del vero autore, ovvero il montaggio di quello Zack Snyder che il film lo aveva girato. Una director’s cut che all’inizio sembrava solo una chimera, poi ha assunto i contorni della leggenda e del mito, fino a diventare un segreto di Fatima rivelato per pochi e alla fine rivelarsi per una realtà.
ZSJL (acronimo per definire la Zack Snyder’s Justice League) uscì per le piattaforme streaming, e fu un successo clamoroso e un pochino inaspettato: perché tutto sommato, a distanza di qualche mese e a freddo si può dire che pur distanziandosi in maniera netta dal lavoro uscito nel 2017, la versione del regista di Watchmen è un bel film con non poche intuizione e qualche guizzo, ma assolutamente lontana da quello che doveva essere -la risposta agli Avengers Marvel-, sia dal punto di vista narrativo che da quello di semantica cinematografica.
Nonostante quanto alcuni possano pensare, la Justice League è l’antesignana di ogni gruppo di superesseri, venendo ancora prima di ogni Vendicatore. Ugualmente al fraintendimento su Thanos e Darksaid (nonostante il primo sia più famoso del secondo, è il Tiranno di Apokalips ideato da Jack Kirby nel 1970 su Superman’s Pal Jimmy Olsen #134 ad aver ispirato Jim Starlin nel creare il Titano Pazzo su Iron Man # 55 del 1973), è stato il successo del gruppo formato dalla Trinità Profana Superman, Batman e Wonder Woman ad aver dato la suggestione a Martin Goodman per creare il suo dream team all’interno della Marvel.
E similmente agli Avengers, anche la Lega della Giustizia è un po’ la spina dorsale della DC Comics, la serie sulla quale e dalla quale partono i grandi eventi, cartina di tornasole per approfondire gli aspetti del DC Universe. Perché se il motto della Marvel, supereroi con superproblemi, riporta i suoi protagonisti ad una dimensione umana, nella casa editrice dell’Uomo d’Acciaio il l processo è inverso. Dove Spider-Man è in realtà un adolescente complessato, Superman è un vero e proprio dio; dove Capitan America è un mingherlino sghembo che vuole diventare migliore, Wonder Woman è una dea.
Insomma: dove a Park Avenue gli eroi sono eroi loro malgrado e sono persone comuni che si trovano a diventare divini, alla DC Comics vivono esseri semidivini che devono fare i conti con la loro umanità. Anche Batman, il più umano di loro, è un monolite la cui identità segreta è Bruce Wayne, un’ombra oscura dalla valenza iconica che usa il suo alter ego per nascondere una psicopatologia sbizzarrita. È forse per questo che l’interpretazione di Ben Affleck nel film (peraltro, particolarmente simile ad una delle tante declinazione a fumetti, quella ad opera di Grant Morrison e Adam Kubert) risulta così convincente, epurata da ogni emotività e fissa in un digrignìo di denti perpetuo, ancora lontana dai dolori grunge ed emo del cavaliere oscuro di Robert Pattinson.
L’epos della DC Comics è insomma un pantheon oscuro, perennemente sull’orlo della crisi -almeno dal 1982, anno in cui Crisis On Infinite Earths di Marv Wolfman diede il via a periodici reboot e periodici stermini-, costruito su guerre eterne e divinità infuriate: non è un caso se alcuni tra i maggiori successi della casa editrice, pubblicati sotto l’etichetta Vertigo, siano vere e proprie icone mitologiche, come Sandman, il dio del sogno protagonista di una splendida serie-capolavoro scritta da Neil Gaiman (che a breve diventerà una serie Netflix); o proprio Nuovi Dei, come il Mister Miracle al centro di una splendida mini di 12 numeri ad opera di Tom King.
È un passaggio fondamentale, questo: il fatto che alla DC vivano solo dei.
Rapportandosi strettamente al fumetto, ZSJL è un gran film, anzi un ottimo adattamento.
Pieno di ralenty (firma del regista), paesaggi visionari, una computer grafica maestosa ma non invasiva anzi necessaria, ZSJL dimostra che il suo autore ha capito appieno l’essenza della pagina a fumetti (come d’altronde aveva fatto con il citato, e ampiamente sottovalutato, Watchmen)
Non può essere un caso, e deve anzi essere indicativo, che su dieci film girati ben otto siano cinecomics: e l’ottavo nella filmografia di Snyder è un lungometraggio mastodontico, iperbolico come gli essere che lo popolano: quattro ore di spettacolo che filano via come un treno.
La leggerezza che Zack sa dare alla sua action è in questo caso sintomatica e perfettamente calzante con il contenitore: solo scegliendo questa via si sarebbe potuta montare un’opera monstre che mai e poi mai avrebbe potuto vedere la luce in una sala. E proprio per questo, Justice League è anche la sua opera migliore, che supera di gran lunga Sucker Punch (inguardabile minestrone classico in salsa moderna) così come Batman vs Superman (che va fuori controllo e deraglia alla fine nel tirare le somme), ma che invece ritrova l’ispirazione del suo Watchmen, tratto da Alan Moore e tanto vituperato all’uscita quanto invece giustamente rivalutato poi.
Zack Snyder’s Justice League è un’avventura cupa e avvolgente, che trova il giusto respiro quando mette sullo sfondo i suoi totem -Batman, Wonder Woman e Superman- e recupera il ritmo per i personaggi minori, Flash (peccato solo per il miscasting su Ezra Miller) e Cyborg (il fuoriuscito Ray Fisher), che infatti sono il motore emotivo della storia e colui che prenderà sulle sue spalle la risoluzione della battaglia finale con Steppenwolf.
E non può che far rivalutare la qualità media dei cinecomics, oggi fetta dominante del mercato con un’impostazione visiva originale e personalissima: ed è soprattutto Snyder che esce vincitore, non solo per la sua visione del supergruppo e del genere, quanto per la sua padronanza e la sua volontà di creare un universo condiviso avendo però alla base la necessaria forza d’impatto.
Tutto il resto fa da contorno, ma non inerte: vicoli scuri, villain più o meno centrati (Desaad è perfetto, Darksaid allettante, solo Steppenwolf -personaggio originale solo in parte ispirato vagamente al Gog di Kingdome Come di Mark Waid– è fuori fuoco), e una costruzione drammaturgica che si lega impercettibilmente ma inesorabilmente con i precedenti Man Of Steel e BvS.
E che promette oltretutto un futuro distopico molto più interessante dell’oscuro presente: pesa sulle spalle di un Joker “normalizzato” da Jared Leto che vince quando smette di scimmiottare malamente Heat Ledger la visione che occupa buona parte del primo finale del film. Una visione che porta là dove Snyder avrebbe condotto il suo universo di eroi, attraverso una trilogia che per adesso è stata negata dalla Warner.
Dopo l’arrivo di Zack Snyder’s Justice League su Sky, un nuovo hashtag si era profilato all’orizzonte, #restorethesnyderuniverse.
In tanti hanno sperato che anche questa volta il popolo del web potesse fare il miracolo: ma è arrivato nella notte un altro pipistrello, e dando nuove ansie adolescenziali a Batman ha spazzato via tutto.
E si ricomincia.