Navalny di Daniel Roher, Oscar come miglior documentario , è co-prodotto da CNN Films e HBO Max. Premio del pubblico per il miglior documentario americano e Festival Favorite Award al Sundance Film Festival, la pellicola è un’avvincente testimonianza in tempo reale del tentato omicidio nei confronti di Alexej Navalny, attivista e uomo politico, oppositore numero uno di Vladimir Putin, avvelenato nell’agosto del 2020.
Navalny un invictus contro Putin e il regime russo
L’incipit di Navalny è dirompente: perché ci mostra una personalità, quella di Alexej Navalny, spiazzante. Spiazzanti la sua incredibile forza, fermezza, autoironia. É davanti alla telecamera, bello, sicuro di sé. Un essere completamente incarnato nel suo obiettivo, nella sua lotta. Che niente e nessuno può ostacolare, a parte la morte. Che esorcizza, raccontando la sua vicenda come un thriller, lasciando la stantia forma commemorativa a quando quella morte arriverà. Se mai arriverà.
Ripercorriamo a ritroso gli anni dell’opposizione, nei frammenti dei comizi e alla scoperta dell’azione di Alexej che coinvolge in prima persona i cittadini. Le ritorsioni della polizia russa, gli arresti, le perquisizioni. Navalny non si ferma: ha se stesso e internet. Non ha bisogno di altro. Il suo canale YouTube è il megafono inarrestabile nella denuncia degli episodi di corruzione e nell’attacco a Putin e al suo establishment. Fino al giorno prima dell’avvelenamento, l’arrivo in Siberia. Il momento in cui in aereo Navalny urla dal dolore. Il dopo, il periodo in Germania, il rientro in Russia.
Tutto viene narrato egregiamente, supportato da una colonna sonora incalzante, da una qualità visiva assemblata al meglio dei vari incroci narrativi in cui ci imbattiamo.
Tra un’intervista (nella quale non manca l’accenno e il chiarimento sulla discutibile partecipazione del giovane Navalny alla marcia russa, gesto che gli valse l’espulsione da Jabloko-Partito Democratico Unificato Russo) e il privato e il pubblico mescolati attraverso un uso davvero notevole della tecnologia. Telefoni cellulari, computer, social network. Navalny e il suo staff hanno il talento e la capacità di impiegarli al meglio delle loro potenzialità. Centrale, l’indagine che ha portato alla verità rispetto all’accaduto. Sembra davvero di essere dentro un romanzo: un misterioso nerd investigativo bulgaro che si unisce a Navalny e al suo staff, la caccia agli esecutori e mandanti dell’avvelenamento… L’incredibile svolta che spiazza, increduli, Navalny e i suoi collaboratori.
La famiglia è sempre presente, a cominciare dall’inseparabile Yulia, moglie e complice di Alexey, i figli Daria e Zahar. Una luce che i selfie familiari irradiano a tutti coloro che li guardano. Una bellezza, anche questa una forza, che contrasta con l’oscurità, la ‘vecchiaia’ pesante e stantia del regime russo. Guardando Navalny, adesso è molto più chiaro perché lo si teme talmente tanto. Talmente tanto da non nominarlo mai.
Nessuna paura
Alexej Navalny lo ripete a se stesso e a noi. Non bisogna avere paura, quando si è consapevoli di essere dalla parte della verità. L’inazione dei buoni è il terreno fertile che permette al male di proliferare e attecchire. La determinazione incrollabile di Navalny lo accompagna anche adesso, detenuto in prigione e condannato a nove anni. Sia fuori che dentro il carcere la sua lotta continua.
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