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‘La tana’: il Cinema dell’adolescenza e dell’estate

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La tana (2021), esordio nel lungometraggio della giovane Beatrice Baldacci (classe 1993), è stato sovvenzionato nell’ambito della Biennale College, programma finalizzato a formare giovani promesse in differenti ambiti artistici (cinema, danza, musica, architettura, teatro, arte). Vincitore del premio “Raffaella Fioretta” alla scorsa edizione di Alice nella città, il film è distribuito dall’indipendente P.F.A. Films.

La Tana la recensione dell’;opera prima di Beatrice Baldacci

Con questo debutto, la Baldacci mostra già spiccate capacità registiche, di messa in scena e direzione degli attori, che, se maggiormente sviluppate, potrebbero farsi più efficaci. Certo, è ancora un’autrice acerba, che spesso si concede eccessivi ghiribizzi simbolici (particolarmente nel finale), ma quando mantiene il tono registico pacato le immagini acquisiscono uno spessore emotivo molto intenso.

La tana, sinossi

Il diciottenne Giulio (Lorenzo Aloi) decide di passare l’estate insieme ai genitori, e aiutarli coi lavori nell’orto. Nel casolare accanto, disabitato da tempo, arriva Lia (Irene Vetere), una ragazza di vent’anni. Giulio, incuriosito, vorrebbe conoscerla, ma lei è scontrosa e introversa. La ragazza non parla di sé. Ha detto di essere venuta da sola per passare le vacanze nella vecchia casa di famiglia, dove non tornava da quando era bambina. Lia però nasconde alcuni segreti e non permette a nessuno di mettere piede nella vecchia casa abbandonata.

L’incontro estivo tra due adolescenti agli antipodi

Al centro della storia, un ragazzo e una ragazza: boy meets girl. Intorno a loro, la quiete e la naturalezza della campagna. Sono due giovani dal carattere opposto (Giulio solare e abbastanza ingenuo, Lia riservata e al contempo scaltra), che con questo casuale incontro, in un mondo remoto, possono confrontarsi e comprendere, alla fine, anche loro stessi.

L’estate fa da sfondo, assieme al bucolico ambiente, e delimita quel periodo dell’anno in cui è come se si vivesse in un tempo sospeso, soprattutto se si è ancora studenti. Un intervallo leggiadro in cui ci si gode la libertà e si fanno progetti per l’immediato futuro (che si spera prospero e fortunato). Per inciso, un periodo molto utilizzato cinematograficamente, proprio per la sua valenza simbolica.

E se Giulio vive questo momento con grande spensieratezza, da adolescente adulto ma ancora con risvolti pre-adolescenziali (sta con la famiglia), Lia è costretta a vivere questa solare estate con distanza; la sua adolescenza è già stata archiviata. Un romanzo di formazione, ma soltanto a metà, proprio perché uno dei personaggi, Lia, ha già varcato – per costrizione – quella soglia che separa l’adolescenza dall’età adulta.

Eppure, benché queste due figure caratterialmente distanti paiono avvicinarsi (già nel primo incontro i loro corpi – seminudi – si toccano sessualmente), nel finale Lia taglia di netto un seguito possibile. La chiusura delle finestre suggella la volontà di rimanere sola nella sua tana, nel suo inconscio.

I due punti di vista de La tana

É come se il film fosse strutturato in due tempi, spezzoni che poggiano sul punto di vista dei due ragazzi. Nella prima parte vediamo la vicenda con gli occhi di Giulio (la soggettiva sulla misteriosa macchina ferma fuori dal casale). Una curiosità prettamente giovanile, corroborata anche dal desiderio sessuale, dopo il primo incontro pseudo-sessuale con Lia:  Giulio guarda fuori dalla sua finestra in direzione della casa di lei, e si masturba.

Dopo che Giulio scopre il tremendo mistero che attanaglia Lia, è come se la storia passasse allo sguardo della protagonista, e così vediamo e comprendiamo il dolore che la tormenta. Anche i caldi colori estivi divengono un poco più cupi, evidenziando il suo umore. Ma con questo salto, apprendiamo anche come Lia invidi la piena adolescenza di Giulio, ancora felice e aderente a quella sfolgorante estate.

Gli attori

Uno dei pregi della pellicola di Beatrice Baldacci sono i due giovani protagonisti. Due interpreti che riescono a rappresentare molto bene, senza manierismi, gli stati d’animo dei due adolescenti e la loro delicata fase di crescita.

Irene Vetere, già vista in Notti magiche (2018) di Paolo Virzì e in Arrivano i Prof (2018) di Ivan Silvestrini, nel ruolo complicato della tormentata Lia, senza scadere in logorati cliché, ha vinto il premio come Miglior attrice a Fabrique du Cinéma.

Lorenzo Aloi, al suo secondo lungometraggio dopo una piccola parte in Lasciarsi un giorno a Roma (2021) di Edoardo Leo, riesce a dar corpo, senza banalizzarlo, a un adolescente semplice nei modi, non ancora del tutto pronto per entrare nello stratificato mondo degli adulti.

Gli adolescenti e l’estate: una filmografia

Come accennato precedentemente, l’estate è un aspetto fondamentale per lo svolgimento de La tana, e ha avuto uno spessore simbolico anche in altre pellicole. Calda e giovanile stagione, è una cesura tra due periodi: il periodo appena trascorso e l’immediato futuro. Una gioiosa sospensione vissuta maggiormente dagli studenti, poiché possono sperimentare appieno la loro giovinezza in attesa di un nuovo corso.

Escludendo a priori quelle pellicole giovanilistiche goliardiche, dove appunto prevalgono in maniera becera sesso e alcool, ma con finale sentimentale a sugellare tutto, altre opere hanno saputo sviluppare un’attenta osservazione.

La tana, fatti i dovuti distinguo stilistici, può essere avvicinata a uno dei racconti filmici di Eric Rohmer, in particolare a Un ragazzo, tre ragazze (Conte d’étè, 1996), storia d’incontri sentimentali in piena estate; o anche a Pauline alla spiaggia (Pauline à la plage, 1983), altro romanzo di formazione sentimentale estivo. Queste due pellicole hanno saputo ben cristallizzare gli impulsi emotivi e i rapporti interpersonali della breve stagione estiva, in ambienti lontani dal quotidiano.

Un classico dei romanzi di formazione estivi è Stand by Me – Ricordo di un’estate (Stand By Me, 1986) di Rob Reiner, tratto dal racconto The Body (contenuto nella raccolta Stagioni diverse) di Stephen King. Quattro giovanissimi amici di una piccola e polverosa città della provincia americana si avventurano fuori dal loro perimetro per cercare il corpo di un giovane concittadino morto qualche tempo prima. Un road movie di formazione, dove niente sarà più come prima.

Molto differenti, per qualità e toni, sono Papà, ho trovato un amico (My Girl, 1991) di Howard Zieff,  e Amici per sempre (The Cure, 1995) di Peter Horton. Ambedue incentrati su ragazzi pre-adolescenziali, legati da una forte amicizia, che nel volgere di un’estate scoprono se stessi… e la morte.

La Tana& conversazione con Beatrice Baldacci

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