Coerenza cinematografica, rigore formale, trasfigurazione narrativa ed eredità artistiche sono solo alcune traiettorie possibili, spunti per intercettare un film, Sundown, e un autore, Michel Franco, destinati a dividere e a far discutere.
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Sundown di Michel Franco: orizzonti di morte
Il cinema di Michel Franco è divisivo e ad alto rischio di fraintendimento e Sundown rincara la dose del dissenso presentandosi allo spettatore con pochi appigli rispetto a chi si aspetta dalla regia una visione guidata alle immagini del film. Di certo non è di aiuto la storia, con una trama ridotta all’osso e un protagonista che l’attraversa parco di parole e soprattutto di empatia rispetto agli accadimenti. Da qui la necessità di guardare altrove per trovare le ragioni di essere di un lungometraggio con cui il regista messicano continua a refertare la realtà del proprio paese.
Che l’orizzonte della Storia sia ancora una volta mortifero lo testimonia la struttura drammaturgia di Sundown, scandita in tre atti successivi in cui prima la morte della madre, poi quella della sorella e infine, preconizzata poco prima della conclusione, quella del protagonista, ci dicono quale sia la filosofia che presiede il paesaggio in cui si svolge la vicenda. Eloquente in questo senso l’immagine d’apertura in cui l’attenzione di Neil (un laconico Tim Roth) si concentra sui rantoli dei pesci tirati fuori dall’acqua e in seguito il dettaglio fuori contesto – e per questo ancora più significativo – di un piatto con sopra i resti del pescato. Peraltro i primissimi frame forniscono un’ulteriore informazione perché, oltre a stabilire il collegamento narrativo tra protagonista e ambiente, con lo sguardo di Neil in posizione dominante (dall’alto verso il basso) rispetto a ciò che accade sotto i propri occhi, gli stessi fanno da spartiacque esistenziale rispetto al senso di quelli successivi in cui è il protagonista e il suo malessere a diventare oggetto d’osservazione nelle molte scene in cui lo vediamo rivolgere il viso verso il cielo ottenendone lo stessa impassibilità da lui riservata ai suoi sfortunati interlocutori.
L’eredità di Nuevo Orden
Come Nuevo Orden anche Sundown ragiona sulle sorti della condizione umana legandola a quella di un intero paese, il Messico, attraversato da un’insopprimibile pulsione di sangue e di violenza. Se il contesto è lo stesso, a fare la differenza è la posizione dello sguardo, qui legato a un singolo individuo – Neil – e non come nel film precedente alle diverse parti della collettività. In Sundown di Michel Franco l’esistenziale prevale sul sociale, ma non solo. Perché scegliendo di raccontare il contesto attraverso un punto di vista esterno – essendo Neil e i suoi famigliari turisti inglesi in vacanza sulle spiagge di Acapulco – e arrivando alla medesima, tragica, conclusione, Franco punta a un’oggettività maggiore di quella di Nuevo Orden, testimoniata anche dalla presenza di una forma più classica ed equilibrata; anche quando si tratta di rappresentare il deragliamento sensoriale e la progressione del turbamento che a poco a poco contagia il protagonista e con lui gli altri personaggi.
Il dentro e il fuori
Al contrario, a essere simile in entrambe le opere è la costruzione del processo di disvelamento dei fatti e nella fattispecie il rapporto tra campo e fuori campo. In ambedue i casi il punto di partenza è la rappresentazione di una realtà ideale e di un luogo chiuso al resto del mondo (le recinzioni che circondano le abitazioni restituiscono bene l’atteggiamento di chiusura di chi vi abita) come lo è in Sundown il resort in cui alloggiano Neil e i suoi famigliari (nel film precedente era la casa di famiglia), spazio nel quale l’esistenza appare sotto controllo, edulcorata dei suoi mali grazie all’eccezionalità della liturgia (qui la vacanza, lì il matrimonio). A seguire è invece il racconto dell’irruzione di ciò che prima restava fuori quadro: la strada e i suoi abitanti e in particolare la spiaggia pubblica frequentata dalla popolazione meno ricca in cui il protagonista mette in atto la fuga da un mondo e da una famiglia che sembra non appartenergli più. Ancora una volta a creare lo scarto emotivo concorre il tenore della composizione, dapprima asettica e ordinata, fatta di corpi immoti e di volontà assopite, poi vitale e indisciplinata, in qualche modo foriera del caos che di lì a poco assalirà i destini degli ignari vacanzieri.
Professione: Reporter di Michelangelo Antonioni
In Sundown di Michel Franco la rarefazione dei segni presenti all’interno dell’inquadratura convive con una stratificazione di significati e di suggestioni che rimandano ad alcuni classici del cinema e della letteratura. Nel corso della visione è impossibile non pensare per esempio a un cult come Professione Reporter di Michelangelo Antonioni. A cominciare dall’analogia del “viaggio” compiuto dai protagonisti: se il titolo originale del film del regista italiano era The Passenger che tra i suoi significati annovera anche quello di turista nel modo cui lo è Neil in Sundown, alludendo in entrambi i casi alla transitorietà del percorso esistenziale inteso come progressivo distacco dalla vita a cui i due uomini arrivano non dopo essersi persi nella luce del paesaggio naturale selvaggio.
Lo Straniero di Albert Camus
L’importanza della matrice esistenziale trova riscontri pratici anche in campo letterario e in particolare ne Lo straniero di Albert Camus. Anche in questo frangente è il riferimento al titolo ad aprire la strada verso possibili comparazioni sottolineando l’estraneità dei personaggi – di Mersault e di Neil – alle convenzioni del mondo e la loro sostanziale ribellione allo status quo. Rispetto all’opera di Camus Sundown condivide non solo l’atteggiamento di sostanziale apatia del protagonista, ma anche la mancanza di emozioni con cui accoglie la morte della madre all’inizio del racconto (lo stesso accade nel romanzo di Camus) come anche il fatto che, rispetto all’amore della giovane donna, anche Neil come Mersault sembra nutrire un desiderio fisico privo di sentimenti. La distaccata contemplazione della realtà insieme alla volontà di unirsi alla natura selvaggia e al mondo di povertà e di luce (cosi ne Il diritto e il rovescio) sono solo alcune delle caratteristiche presenti nel film di Franco che ne attestano la nobiltà degli intenti.
La morte felice
In fondo l’immagine conclusiva, con la finestra aperta sul paesaggio naturale e la presenza/assenza del protagonista – ricordato dagli oggetti che ne avevano scandito la vita materiale -, lascia intendere la stessa liberazione raggiunta da Mersault, in una compenetrazione con il tutto capace di raggiungere quella morte felice teorizzata dallo scrittore algerino.
Sundown il nuovo film di Michel Franco