Terrence Malick ha un posto speciale nel cuore di ogni cinefilo che si rispetti. Se può esserci disaccordo sui film diretti da The Thin Red Line (La sottile linea rossa, 1998) in poi, tutti concordano sul fatto che Badlands (La rabbia giovane, 1973) e Heaven’s Gate (I cancelli del cielo, 1978) sono due dei film più belli degli anni Settanta.
È curioso invece, considerando il mito che si è creato intorno al regista texano, quanto poco siano conosciuti, anche tra gli appassionati, i film sceneggiati da Malick prima di passare in cabina di regia. Pocket Money (Per una manciata di soldi, 1972) con Paul Newman e Lee Marvin qualcuno perlomeno se la ricorda, maDeadhead Miles (1972) e The Gravy Train (1974) fino ad oggi rimangono pressoché invisibili.
Deadhead Miles (termine che sta ad indicare un truck senza carico, qui inteso in senso metaforico) è un road movie tipico del periodo, figlio dei suoi tempi. L’America on the road e la vita che gli gravita attorno.
La trama è praticamente inesistente. Alan Arkin (sopra le righe, come quasi sempre) è un trucker di nome Cooper incaricato di trasportare, non si sa bene dove, un carico di merce rubata. Poco dopo la partenza raccoglie un autostoppista (interpretato da Paul Benedict dei Jeffersons) che condivide con lui il resto del viaggio. Tutto qui. Anche se diventa chiaro da subito che Cooper non ha nessun posto preciso dove andare, sembra avere una gran fretta di arrivarci.
Non si sa bene come prendere Deadhead Miles. Nulla è definito, tutto rimane approssimativo, senza direzione e spesso anche senza senso. Gli eventi si succedono per caso, e l’indecisione del protagonista si rispecchia in questo andamento. Allo stesso modo non diventa mai chiaro se Cooper è semplicemente un po’ strano oppure un pazzo, neanche troppo simpatico, in libera uscita. Ad un certo punto l’autostoppista suggerisce che Cooper non ha tutte le rotelle al posto giusto, al che questo gli risponde che non è più pazzo di chiunque altro. Insomma, siamo tutti pazzi o forse no. Il finale è aperto e non sapremo mai se Cooper, come accennato durante il viaggio, arriverà in Messico (o ovunque si sta dirigendo), e sinceramente non ce ne frega più di tanto.
Quanto c’è di Malick in Deadhead Miles? Difficile da dire, ma non molto (anche se i fan del regista ci troveranno sicuramente significati nascosti ed elementi in comune con i film da lui diretti). La storia non cerca mai l’approvazione dello spettatore, e l’anonima regia di Zimmerman certo non aiuta più di tanto la causa. Anche le virate comiche sembrano più farina del sacco di Arkin, che di Malick. In ogni caso, la Paramount del film non seppe che farsene, distribuendolo – con zero successo – solo nel 1982.
In conclusione, Deadhead Miles non è altro che una serie di vignette più o meno riuscite, ma soprattutto una curiosità nella filmografia di Malick.
I ‘completisti’ vorranno recuperarlo, ma tutti gli altri si astengano. Occhio ai cameo di Ida Lupino, George Raft, Charles Durning, Richard Kiel e il regista John Milius.
Tutt’altra storia invece è The Gravy Train, conosciuto anche con il titolo The Dion Brothers. Un gioiellino tristemente dimenticato è senza dubbio la miglior prova di Jack Starrett, uno che per quanto riguarda i film di genere sapeva il fatto suo. Il biker movie Nam’s Angels (1970), i due classici blaxploitation Slaughter (1972) e Cleopatra Jones (1973), nonché un’altra folle perla exploitation come Race with the devil (In corsa con il diavolo, 1975) sono probabilmente i suoi film più conosciuti. Starrett era attivo anche come attore e qualcuno forse lo ricorda nel cast di Blazing Saddles (Mezzogiorno e mezzo di fuoco, 1974) o più probabilmente nel ruolo dello sceriffo sadico Galt nel primo Rambo (1982). Insomma, un personaggio da riscoprire, che conta tra i suoi ammiratori più accaniti il solito Quentin Tarantino (che ha proiettato il film qualche anno fa al suo festival, disotterrandolo dall’oscurità).
Per non rovinare la sorpresa a chi avrà il piacere di vederlo, evitiamo di entrare troppo nei dettagli. Stacey Keach (strepitoso come sempre in quel periodo) e Fredric Forrest (l’indimenticabile Chef di Apocalypse Now) sono i fratelli Dion, originari di qualche cittadina della West Virginia. Stufi della loro monotona esistenza mollano il loro lavoro in miniera per aprire un ristorante di pesce a Washington. L’unico problema è che hanno bisogno di soldi per realizzare il loro sogno. Una rapina ad un portavalori sembra l’occasione perfetta…
La sceneggiatura di Bill Kerby e Terrence Malick (che qui si firma con lo pseudonimo David Whitney, e che, a quanto pare, inizialmente doveva essere anche il regista) è divertente, originale e piena zeppa di dialoghi memorabili. Le regie di Starrett, come molto cinema di genere americano del periodo, sono poco più che televisive, ma in questo caso molla le redini, dando al film un bel ritmo. In particolare il memorabile finale, con i due protagonisti coinvolti in una sparatoria e inseguimento all’interno di un palazzo abbandonato, mentre questo viene demolito dall’esterno, è probabilmente il pezzo di cinema più ispirato della sua carriera.
A parte la splendida prestazione di Keach e Forrest, nel cast troviamo anche una giovanissima Margot Kidder (Superman), Richard Romanus (Mean Streets), Barry Primus (New York, New York e Boxcar Bertha, ma anche Macchie solari del nostro Armando Crispino) e addirittura un’esilarante cameo del regista e leggendario stuntman Hal Needham (Smokey and the Bandit, Cannonball Run).
Gli appassionati di crime movies anni Settanta non potranno esimersi dal recuperare The Gravy Train. D’altro conto, qualsiasi film che contiene la frase “Look at me! Kirk – Fuckin’ – Douglas!!!” merita una visione. Consigliatissimo.