Presentato in anteprima alla scorsa edizione di Alice nella Città, Mancino Naturale fa del calcio la premessa a un racconto di relazioni umane. Del lungometraggio abbiamo parlato con il regista Salvatore Allocca.
Il film è in sala distribuito da Adler Entertainment.
L’inizio di Mancino naturale di Salvatore Allocca

La prima inquadratura racconta molto del film. In essa vediamo Isabella, il personaggio interpretato da Claudia Gerini, inquadrata di schiena, le mani appoggiate alla rete del campo di calcio in cui sta giocando il figlio. Considerando che ciò che le sta di fronte appare sfocato e che la donna è di fatto separata da ciò che sta guardando, Mancino Naturale ci dice che le immagini raccontano di un mondo chiuso in se stesso. Sei d’accordo?
Sì, del tutto, perché poi lei di fronte a quella rete rappresenta la metafora di una donna intrappolata in un sogno diventato ossessione. Isabella vuole a tutti i costi che il figlio riesca a sfondare nel mondo del calcio. È il suo pensiero fisso, il resto viene dopo.
Nell’evoluzione della storia e dei personaggi la scena in questione fa il paio con quella finale. Le immagini conclusive raccontano un mondo diverso da quello iniziale, finalmente aperto ad altre possibilità che non siano solo quelle legate al calcio.
Esatto. C’è proprio una libertà dello sguardo, frutto di una diversa attitudine di Isabella rispetto al mondo esterno.
Infatti non solo Isabella non rivolge più la sua attenzione al campo di calcio, ma questa volta la troviamo al fianco di un’altra persona, qualcuno con cui immaginare una vita diversa da quella di prima.
Sì, è proprio così. Volevamo creare una circolarità con la scena iniziale per mostrare come l’aggressività verso il mondo e la propria vita si sia trasformata nella libertà dall’ossessione che la tormentava. Isabella riesce anche a fare a meno dei suoi sensi di colpa, perché a un certo punto scopriamo che ne nasconde uno molto grande. Da quel momento è finalmente disposta a lasciare il figlio libero di giocare a pallone per puro piacere e non perché deve diventare un campione.

A proposito di senso di colpa. Non è un caso che nella prima sequenza Isabella sia inquadrata di spalle. Il fatto di non vedere la sua faccia lascia intuire che nasconda qualcosa.
Sì, giustissimo. Bella analisi!
Le immagini di Mancino naturale di Salvatore Allocca
Sempre restando ai fotogrammi d’apertura: la rete del campo di calcio diventa la metafora dell’incomunicabilità tra madre e figlio.
Sì. Tra loro esiste una specie di schermo, un’investitura che questo ragazzino ha nei confronti della madre. Cioè, lui fa di tutto per non disattendere le aspettative di questa donna perché, essendo l’unico uomo della famiglia, si sente in qualche modo responsabile. Dopo la morte del padre percepisce il dovere di proteggere la madre e di renderla felice. Insomma, ai suoi occhi è questa la motivazione. Quindi sì, quella rete è una metafora anche del loro rapporto. Sono uniti, ma c’è qualcosa che li separa. Che poi è l’ossessione di Isabella.
Se consideriamo Mancino Naturale attraverso le immagini scopriamo come le ferite dell’anima diventino uno spazio fisico che divide le persone. E qui voglio citare una sequenza indicativa del rapporto tra Isabella e Fabrizio, quella in cui, dopo le avances dell’uomo, la coppia si separa bruscamente. Invece di restare vicino ai personaggi, la mdp li inquadra in campo lunghissimo mentre rientrano nelle rispettive case. Sottolineare la distanza tra un appartamento e l’altro diventa un modo per comunicare allo spettatore lo stato d’animo dei personaggi e in particolare la negazione di qualsiasi ipotesi relazionale.
È così! Quando pensavamo che la donna iniziasse a lasciarsi andare, lei si richiude improvvisamente a riccio. Da che sembravano uniti Isabella e Fabrizio tornano a essere due estranei. Per questo li vediamo molto piccoli mentre fanno ritorno alle loro case.

In realtà scopriamo che Isabella è mossa dal senso di colpa e in qualche maniera dal tentativo di riparare agli errori commessi.
Sì perché lei è una donna che vive la grande problematica comune a molte persone, quella di amare le persone a cui tiene nei modi e nei tempi sbagliati. Isabella cerca di riparare a un errore commesso in gioventù. Per l’appunto compiuto nei riguardi di una persona a cui teneva molto. Seguendo la strada dello sport, cerca di suturare quella che diventa una sua ossessione e dunque un dolore che si porta dietro. Questo è il tema del film.
Il calcio e non solo
Mancino naturale si inserisce nello spazio liminale, e ancora, in quella sub cultura che ruota intorno al calcio giocato. Si tratta di un mondo sommerso che anche per come viene filmato rimane fuori dal campo di gioco, ma finisce per influenzarlo: dalle nevrosi e le speranze dei genitori ai faccendieri pronti a lucrare dalla compravendita delle giovani promesse, Mancino naturale mette in scena una sorta di universo parallelo.
Gli elementi di cui parli sono un aspetto del calcio giovanile capace di rendere la storia universale perché su quegli spalti noi vediamo un vero e proprio bestiario di genitori e di traffichini simile a quello presente nell’Italia di oggi. Quello che succede su quegli spalti, gli incitamenti, le grida e le arrabbiature sono cose che accadono anche in altri ambiti. Basta pensare a quante volte i genitori spingono un figlio verso una determinata strada: può essere lo sport, ma anche un corso di laurea o ancora altro. Succede spesso che un genitore entri a gamba tesa nei confronti del figlio.
Sottolineavi le caratteristiche osmotiche della storia. Succede anche rispetto al concetto più volte ribadito dai protagonisti a proposito del talento che da solo non basta per arrivare al successo. Nel film è un’idea riferita non solo al calcio ma, tramite Fabrizio, anche al cinema.
Beh, sì, perché viviamo in un mondo altamente competitivo in cui spesso vale la legge del più forte e del più furbo. Di chi si sa vendere meglio. Oggi la cosa più importante è essere dei bravi imprenditori di se stessi. È un’era in cui conta sapersi mettere in mostra; ecco perché il talento non basta. La volontà e la fortuna spesso suppliscono alle doti naturali. Ed è un problema presente in tutti gli ambiti di questa società così competitiva.

Nel film questi aspetti non diventano mai il motivo principale della storia. L’analisi dell’ambiente rimane all’interno di una vicenda privata in cui ogni elemento ti serve per raccontare relazioni umane.
Sì, questo è un po’ il cinema che piace a me, quello che entra in determinate problematiche, mostrandole con verità e delicatezza, ma senza emettere un giudizio assoluto; e ancora, senza che ci sia un Dio che guarda i personaggi dal suo punto di vista. Questo giudizio mi piace più lasciarlo alla spettatore. Io preferisco seguire i personaggi e le loro storie da un’ottica antropologica.
Le immagini di Mancino naturale di Salvatore Allocca
Parlando di forma e di stile abbiamo detto di come Mancino Naturale riesca a parlare anche attraverso le immagini. Per farlo utilizzi una rappresentazione semplice e lineare che mi sembra in totale sintonia con il background dei personaggi. Si tratta di una scelta voluta o sono intervenuti altri motivi?
Ho fatto esattamente come hai detto. Ho deciso di mettere in scena la storia adottando un linguaggio vicino a quello dei personaggi. Quindi dal punto di vista visivo ho preferito una comunicazione più diretta. Questo senza mai dimenticare un tipo di leggerezza propria della commedia. Poi mi sono aiutato anche con le musiche e più in generale con tutto l’apparato sonoro.
Linearità e leggerezza che però si basano su fondamentali solidi come una buona sceneggiatura e il grande mestiere degli interpreti.
Sì, ho avuto la fortuna di trovare interpreti bravi e anche giusti per il ruolo. Secondo me la forza di un film e anche di un regista è di mettersi nella condizione di avere attori adatti a un determinato ruolo. Per fare un buon film sono fondamentali le scelte fatte a monte. A cominciare da quella del cast e dei collaboratori più stretti.
Io poi sono un regista che segue molto la sceneggiatura che per me è il faro del film. Da quella non mi discosto mai: non faccio mai troppe improvvisazioni, né amo riscrivere il testo durante le riprese. Una volta che ho messo il film sul foglio scritto si tratta solo di interpretarlo attraverso le immagini. Per quanto riguarda le musiche, con il compositore Francesco Cerasi, abbiamo parlato a lungo perché avendo questa madre un po’ tigre, un po’ ragazzina abbiamo usato due generi diversi: le canzoni moderne e trap sono legate al suo personaggio, lo raccontano. Quando entra in scena il figlio il commento musicale diventa più classico. Ci sono archi e violini.
I personaggi

Nell’essere personaggi complementari, Isabella e Fabrizio aiutano il film a trovare un equilibrio nei vari toni da te utilizzati. Lei è una donna che non passa inosservata, lui è come fosse trasparente. In questi antipodi si racchiude la poetica del film in cui alcune verità sono visibili, altre rischiano di rimanere sconosciute.
È verissimo, e poi secondo me quando si scrive una coppia cinematografica l’accostamento degli opposti funziona sempre: forse più nel cinema che nella vita vera (ride, ndr). Per noi era chiaro che a un personaggio irruento e dirompente come Isabella dovevamo accostarne uno più mite e riflessivo, capace in qualche modo di frenarla nel senso buono del termine. Un uomo in grado di farla riflettere. D’altro canto anche Fabrizio conoscendola riceve uno stimolo che lo aiuta a uscire dalla reclusione volontaria nella quale si è rifugiato. Entrambi si compensano e si attraggono proprio perché sono all’opposto.
Nel film c’è una corrispondenza tra i testi letti dai personaggi e le azioni che gli stessi pongono in essere. Così se la donna domata di cui parla la sceneggiatura scritta da Fabrizio corrisponde al desiderio dell’uomo di riuscire a fare altrettanto con Isabella – che proprio in quel momento si presenta alla sua porta -, così appare la vendetta di Paolo nei confronti dell’ex amico del padre: ispirata dalla letture de Il conte di Montecristo suggeritogli da Fabrizio. Si trattava di cose volute?
Sì, sono cose che abbiamo costruito in fase di sceneggiatura. Lui sublima quello che non riesce a fare nella vita vera: in questo caso sedurre Isabella e avere una relazione con lei. Traspone il suo desiderio nel copione riservando ai personaggi un finale diverso rispetto a quello che invece gli capita nella realtà. Per quanto riguarda Paolo, certamente la figura di Fabrizio permette al bambino di crescere e maturare. In questo ambito succede che finisca per mettere in pratica i significati più reconditi del libro senza che il suo mentore possa immaginarne le conseguenze.
Mancino Naturale di Salvatore Allocca: un’incredibile attualità
Mancino naturale ha un’altra scottante attualità che le deriva dai discorsi seguiti all’eliminazione mondiale della nazionale di calcio. Della crisi di sistema e soprattutto di quella dei settori giovanili il film, approfondisce le ragioni, mettendo in evidenza come, ancora una volta, il talento e le capacità siano ostacolate da fattori estranei alle qualità delle giovani promesse.
È vero perché poi se uno si lamenta che i vivai del nostro calcio non tirano mai fuori un campione è perché c’è un tipo di percorso precluso ai giovani capaci, ma privi del contatto giusto o dei soldi necessari per trovarlo. Mancino naturale racconta questa corruzione senza l’intenzione di generalizzare, però episodi di questo genere possono capitare e capitano.

Il fatto di aver ambientato il film a Latina ha regalato alla storia un’universalità che Roma non avrebbe potuto dare. La sua posizione periferica ti ha anche aiutato a trovare un intimità di sguardo.
È vero perché io non volevo ambientarlo a Roma, ovvero in una città così riconoscibile. Allo stesso tempo desideravo che la storia fosse collocata in un centro metropolitano di respiro europeo, quindi, come dici tu, in una periferia che potesse essere in qualche modo universale. Un non luogo dove tutti si potessero riconoscere. Allo stesso tempo Latina ha un carattere molto forte e caratteristico e quindi ha una sua forza visiva nel corso del film.
Claudia Gerini e Francesco Colella sono due attori che amo. Al di là delle rispettive formazioni, mi sembra che caratteristica di entrambi sia quella di essere semplici e genuini e allo stesso tempo molto intriganti.
Sono d’accordissimo. Da un lato la sceneggiatura era scritta nel senso che tu hai detto, con i personaggi che a un certo punto si rivelano, al di là delle iniziali apparenze. La loro bravura va di pari passo con quella del cast perché i ruoli sono davvero adatti alle loro corde attoriali. Poi loro hanno aggiunto tutta la loro umanità e sensibilità migliorando ciò che era scritto.
Salvatore Allocca oltre Mancino naturale
Il tuo cinema preferito?
Innanzitutto quello italiano. A differenza del calcio, penso che in questo momento abbiamo tanti talenti che, grazie anche ai nuovi produttori, stanno venendo fuori. Il cinema che preferisco è innanzitutto quello neorealista di Ladri di Biciclette – uno dei film che più mi ha segnato e anche di Monicelli, Risi. Scola. Nell’elenco non dimentico i francesi della Nouvelle Vague e La new Hollywood. Io sono un grande fan di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Spielberg. Di loro mi sono cibato!
Qui per il trailer del film e qui per la recensione