Approfondimenti
Il cinema russo prima di Putin. Cosa rimarrà ai posteri prima della dittatura del terrore
Da Sergej Èjzenstejn a Andrej Zvjagincev, 10 film che hanno segnato la storia della cinematografia russa.
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3 anni fail
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Luca BoveIl cinema russo ha svolto un ruolo fondamentale per la storia della cinematografia mondiale. Ruolo simile assunto dalla sua cultura, che già nell’ultimo periodo imperiale, passando per l’Unione Sovietica per arrivare fino ai tempi più recenti, ha esercitato un notevole fascino sull’Occidente.
La cultura russa
Ma da quando è iniziato questo nuovo conflitto nel cuore dell’Europa abbiamo assistito a qualche azzardata proposta di censura nei confronti di artisti russi, contemporanei e non.
Isolare e sanzionare la politica del Presidente russo è più che legittimo, ma condannare all’oblio la letteratura di Fedor Dostoevskiij, la musica di Peter Cajkovskij, il teatro di Anton Cechov e il cinema di Sergej Èjzenstejn sarebbe un vero delitto per l’intera umanità.
L’arte russa ortodossa è antichissima e ha ispirato molti artisti europei. Le opere, non solo di Fedor Dostoevkiij, ma anche di Alexandr Sergeevivic Puskin, Nikolaj Vasil’evic Gogol e Lev Tolstoj rappresentano un patrimonio di valore mondiale.
Intellettuali russi hanno gettato le basi per molte avanguardie novecentesche e gli interventi critici di Sergej Èjzenstejn sul montaggio hanno influenzato il cinema in Europa e in America.
Hollywood e Vladimir Putin
La comunità internazionale ha condannato la politica di Vladimir Putin e anche personaggi del mondo dello spettacolo hanno voltato le spalle al Presidente russo, ma non è stato sempre così. Molti attori e registi di Hollywood hanno, per anni, lodato Putin e fino all’inizio di febbraio, il premio Oscar Oliver Stone aveva dichiarato che Washington non aveva prove concrete sull’intenzione belligerante di Mosca.
Ma il regista di Nato il quattro luglio (1989) e The Doors (1991) si è dovuto ricredere affermando:
“ Gli Stati Uniti hanno diverse guerre sulla coscienza. Questo non giustifica Putin. La Russia ha sbagliato a invadere”.
The Vladimir Putin Interviews
Nonostante quest’ultima dichiarazione, Oliver Stone non ha mai nascosto la sua ammirazione per il leader russo e tra il luglio del 2015 e il febbraio 2017, ha realizzato una serie di interviste che hanno dato vita a The Vladimir Putin Interviews (disponibile su Prime Video).
In questa miniserie, il regista ha avuto modo di realizzare più di una dozzina di interviste, senza alcun argomento off limits. Ma secondo alcuni commentatori Oliver Stone ha, intenzionalmente, tralasciato alcuni spinosi argomenti per non mettere in difficoltà il presidente russo.
Ad ogni modo The Vladimir Putin Interviews offre una visione intima della vita personale e politica di Putin. Non vengono tralasciati episodi della sua infanzia e riferimenti al periodo della Russia comunista, quando ebbe inizio la sua ascesa al potere. La miniserie acquista una notevole importanza se si pensa al fatto che il leader russo si concede a un intervistatore occidentale, per giunta americano.
Oliver Stone non è stato il solo a Hollywood a essere rapito dal fascino del nuovo zar. Un altro celebre attore, infatti, Leonardo Di Caprio, nel 2010 partecipò a un evento a San Pietroburgo e alcuni scatti fotografici lo mostravano sorridente e in confidenza con lui. Come Oliver Stone, però, anche Leonardo Di Caprio si è schierato contro la guerra e ha manifestato la sua solidarietà a sostegno al popolo ucraino.
The Search di Michel Hazanavicius
Nonostante l’ammirazione di molti, la politica antidemocratica e aggressiva di Vladimir Putin non nasce certo oggi. Un evento che ha svelato la sua vera strategia politica è stata la guerra in Cecenia iniziata nel 1999 e conclusa nel 2009.
L’evento e la crudeltà dell’esercito russo vengono raccontati in The Search di Michel Hazanavicius, che rappresenta perfettamente l’articolazione tra storia collettiva e storie individuali.
Fuggendo dal suo villaggio, dove i genitori sono stati massacrati, un bambino si unisce alla massa di rifugiati. Incontra Carole, capo delegazione per l’Unione Europea e con il suo aiuto tornerà alla vita. Nello stesso tempo Raissa, sua sorella maggiore, lo cerca disperatamente tra la folla dei civili in fuga. Poi c’è Kolia, un giovane russo di 20 anni, che è stato costretto ad arruolarsi nell’esercito e verrà travolto dalla quotidianità della guerra.
The Search rappresenta perfettamente la situazione geopolitica dell’epoca e non tralascia la testimonianza di alcuni aspetti antidemocratici della società russa.
Il lungometraggio, disponibile su Rai Paly, è interpretato da Berenice Bejo, Annette Bening, Maksim Emelyanov, Zukhra Duishvil, Abdul Khalim Mamutsiev.
Cecenia di Leonardo Giuliano
Anche un film italiano racconta gli stessi fatti rappresentati in The Search, ma da un altro punto di vista. È Cecenia scritto da Aurelio Grimaldi, diretto da Leonardo Giuliano, con Gianmarco Tognazzi.
Il film, ambientato nell’autunno del 2000, ripercorre la vicenda di Antonio Russo. Un coraggioso giornalista in viaggio per raccontare una guerra di cui si hanno poche e confuse notizie. Antonio Russo segue una spedizione di partigiani ceceni, dalla Georgia verso il loro territorio, subendo un attacco dell’esercito russo. Il 16 ottobre del 2000, il suo corpo viene ritrovato in una strada di Triblisi, capitale della Georgia, con evidenti segni di tortura.
Cecenia, disponibile su Prime Video, è interpretato da Gianmarco Tognazzi, Bruno Armando e Hristo Mutafciev.
Gianmarco Tognazzi al Primo Memorial Antonio Russo – YouTube
Grozovye vorota
La guerra in Cecenia, ovviamente, è stata raccontata anche dal punto di vista russo, come Grozovye vorota (The Storm Gate). È una miniserie di 4 episodi realizzata nel 2006, diretta dal regista russo Andrej Igorevic Maljukov e basata sul romanzo Company scritto da Aleksander Tamonikov.
Personaggi provenienti da diverse classi sociali cercano di sopravvivere in una regione remota della Cecenia. Durante una delle fasi più calde del conflitto, la compagnia del tenente Doronin viene lasciata su un piccolo passo di montagna, controllando l’unica strada percorribile. Il compito sembra piuttosto semplice: difendere la posizione, negare il passaggio alle forze nemiche. I soldati sono fiduciosi della forza del proprio esercito e dell’intelligenza dei loro superiori; ignorano, però, le dinamiche politiche, vere cause del conflitto.
Putin censura i film occidentali
Come avviene in ogni conflitto, anche in questa guerra tra Russia e Ucraina il cinema è utilizzato per uno scopo propagandistico.
“Cinema nostri, regole nostre”.
È questo l’ordine imposto da Vladimir Putin al settore cinematografico nelle ultime settimane, imponendo la censura per le opere americane ed europee, preferendo pellicole di Bollywood, film coreani e dell’America latina.
Cinema Park, Formula Kino, Premier Hall, Karo e Kinomax, le maggiori reti cinematografiche del paese si sono adeguate all’ordine e stanno rivoluzionando la programmazione.
“Stiamo lavorando con distributori e i titolari dei diritti per sviluppare un’offerta alternativa. La cosa principale ora è eseguire la programmazione e i controlli sul fronte marketing”.
È ciò che ha dichiarato Olga Zinyakova, presidente della catena di cinema Karo, la quale ha aggiunto che si prevede di mantenere il costo dei biglietti invariati.
Klochu zamuzh e Sestry
Vadim Vereshcagin, il direttore generale del più grande distributore di film russi, invece, sta portando avanti una politica nazionalistica, sponsorizzando la commedia russa Klochu zamuzh (Disperate for Marriage).
Il film, finanziato dal Ministero della cultura, è scritto e diretto da Sonya Karpunina e interpretato da Milos Bikovic, Kristina Asmus, Sergei Gilev e Marina Alexander.
È una commedia romantica con protagonista Lyuba, una giornalista che conduce un programma televisivo. La vita della giovane procede secondo i suoi piani: un lavoro soddisfacente e un marito ricco e di successo. Ma un giorno la batteria del telefono di Lyuba si scarica e la donna chiede a uno sconosciuto di utilizzare il suo telefono. L’incontro rivoluzionerà la vita di entrambi.
Un film tornato nelle sale cinematografiche russe per confermare la politica nazionalista del governo di Putin è Sestry (Syostry). È un poliziesco realizzato nel 2001, diretto da Sergej Bordov e premiato con il Grand Prix al Festival del cinema di Kinotavr.
Sveta e Dina sono due sorelle molto diverse. Dina è viziata e vive con con i suoi genitori, Natalia e Alik, un gangster di medio rango. Sveta, invece, vive con la nonna e sogna di diventare un cecchino dell’esercito russo. Alik viene arrestato per una rapina e dopo il suo rilascio alcuni suoi vecchi soci pretendono di essere pagati e per intimorirlo tentano di rapire Sveta e Dina. Le due ragazze, però, riescono a fuggire e fanno un lungo viaggio nella Russia rurale, mentre il padre cerca di risolvere i suoi problemi con la criminalità russa.
Sestry è un film malinconico e toccante; pecca nel ritmo che in alcuni momenti è particolarmente lento. Il maggior suo pregio è di rappresentare al meglio la nuova società russa.
Il Cremlino ha deciso di riutilizzare questo film soprattutto per una battuta recitata dall’attore Sergej Sergeevic Bodrov (Il bacio dell’orso).
“Durante un conflitto non si dovrebbe mai parlare male dei nostri, mai! Anche se stanno sbagliando”.
È più che ovvio, dunque, perché il governo di Mosca abbia deciso di riproporre questo film realizzato più di vent’anni fa.
Ma di questa battuta, come del resto dell’intera opera, è possibile proporre un’altra chiave di lettura. Sergej Bordov con Sestry rappresenta lo spirito populista di una grossa fetta del popolo russo, vittima della propaganda di regime del governo, ai tempi della guerra in Cecenia.
Sten’ka Razin. Il primo film russo
Il cinema ha fatto la sua comparsa in terra russa in epoca imperiale. È il 4 maggio del 1896, quando la stagione estiva del teatro di San Pietroburgo viene inaugurata da uno spettacolo cinematografico, replicato, dopo pochi giorni, a Mosca.
Lo spettacolo ottiene un grande successo ed entusiasma anche alcuni intellettuali, come lo scrittore Maksim Gor’kij. Questi colse immediatamente le potenzialità spettacolari della nuova tecnologia, ignorando, però, le sue peculiarità artistiche.
Il cinema in Russia, come in Europa e in America, dovette faticare molto prima di scollarsi di dosso la connotazione di attrattiva da fiera e conquistare uno status d’arte.
È il 1896, una data simbolo per il cinema russo. Infatti in quest’anno vengono realizzate le prime riprese cinematografiche. L’evento che viene impresso sulla pellicola è l’incoronazione dell’ultimo Zar Nicola II. Le immagini rappresentano la più antica testimonianza visive de Carskaja Chronika, una serie di filmati d’epoca, che costituiscono la più antica testimonianza visive.
Sten’ka Razin (1908) diretto da Vladimir Romashkov è il primo film russo di finzione. La pellicola è stata realizzata grazie al lavoro del fotografo Alexander Drankov, che ha dato vita al primo filone del cinema nel paese, producendo diversi film ispirati al patrimonio letterario locale.
Dopo Sten’ka Razin, nascono diverse realtà produttive protagoniste di un pagina fondamentale, non solo per cinematografia russa, ma mondiale. Iniziano a essere prodotti film di vario genere: opere in costume (ispirati alle gesta di eroi storici o leggendari), film di attualità, scientifici e divulgativi.
Il cinema e la letteratura
In questo periodo, inoltre, vengono realizzati adattamenti cinematografici delle opere letterarie di Puskin, Gogol’, Tolstoj, Cechov e altre di scrittori stranieri come Balzac e Dickens. Questi film sono del tutto trascurabili, ma hanno il merito di divulgare la grande letteratura in un contesto dove l’analfabetismo è la norma.
Il cinema russo conquista un primato indiscutibile con La difesa di Sebastopoli (1911), il primo lungometraggio della storia del cinema. Il film, diretto da Vasilij Goncarov, è costruito su una serie di episodi che raccontano la guerra in Crimea e risulta particolarmente innovativo, perché riesce a mescolare, senza stonature, il registro documentaristico e quello recitativo.
Leonid Nikolaevic Andreew è primo scrittore russo a interessarsi di un cinema che finalmente acquista una valenza artistica. Molti seguono il suo esempio e iniziano a scrivere sceneggiature. Muta anche l’atteggiamento dei registi teatrali, come Mejerchol’d che realizza due pellicole: Il ritratto di Dorian Gray e Un uomo forte, entrambi perduti per sempre.
Negli anni a seguire, l’impatto della prassi teatrale sul cinema russo diventa sempre più forte. Contrariamente alle cinematografie occidentali, dove l’elemento spettacolare diventa sempre più centrale, i cineasti russi si concentrano sul dramma psicologico, preferendo un ritmo più lento.
Il cinema della Rivoluzione
Con la rivoluzione del 1917, la fine della monarchia e l’istituzione dell’Unione Sovietica, inizia la fase più fruttuosa del cinema russo o meglio Sovietico. La statalizzazione coinvolge anche il settore cinematografico e, nel 1919, viene fondata la VGIK, la prima scuola statale, dove si forma la generazione d’oro del cinema sovietico.
L’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche assicura un forte sostegno alla cinematografia; inoltre, la nuova tecnologia è molto amata dallo stesso Lenin.
“Il cinema per noi è la più importante di tutte le arti”.
Uno dei più significativi cineasti sovietici è Dziga Vertov, che nel 1922 scrive il manifesto Noi, in cui il cinema viene considerato come uno strumento per portare la creatività nel mondo meccanico. Il regista concepisce il cinema in quanto espressione di un mutamento. Non solo una nuova forma artistica, ma un nuovo modo di interpretare la realtà.
Il fruttuoso connubio tra cinema e Rivoluzione è dovuto anche a un dato puramente cronologico. La presa del potere del bolscevismo coincide con la messa a punto del linguaggio cinematografico. Il cinema è il mezzo ideale d’intrattenimento per le masse; perfettamente utilizzabile, dunque, per trasmettere messaggi in chiave marxista e fabbricare utopie. Nel primo periodo sovietico, inoltre, c’è l’esigenza di utilizzare il cinema come testimonianza lirica della Rivoluzione, come sottolinea il poeta Majakovskij:
“In un’epoca rivoluzionaria si esige una lirica di slogan, che pungoli la pratica rivoluzionaria”.
Ejzenstejn, Vertov e Donzhenko
Il cinema russo, della prima epoca Sovietica, si concentra sulla l’epicità. C’è un rifiuto del concetto classico drammatico e si sviluppano le sperimentazioni di Èjzenstejn, Vertov e Dovzhenko. Il loro è il cinema di montaggio, che non elabora una storia vera e propria, ma gli eventi vengono fatti intuire, con l’accostamento di immagini in conflitto.
Questa prassi raggiunge il suo apice con il cinema di Sergej Èjzenstejn. É esemplare La corazzata Potemkin (1925), senza dubbio il film più celebre del cinema russo dell’epoca. Ma non vanno dimenticati altri suo film, come Sciopero (1924), Ottobre (1928) e La linea generale (1929).
Il cinema di Dziga Vertov è altrettanto sperimentale, ma percorre una strada diversa. Il suo stile è focalizzato sul concetto di Cineocchio (Kinoglaz). Questa teoria, che diventa una prassi nei film del regista, ha come sua premessa la Rivoluzione. Questa ha svelato il vero ordine del mondo. L’occhio umano, però, è imperfetto e non è in grado di scorgere tutti gli aspetti del nuovo mondo. E dunque bisogna affidarsi all’occhio meccanico della cinepresa. Questa teoria raggiunge la sua massima espressione in L’uomo con la macchina da presa (1929).
Progressivamente la sperimentazione del cinema russo d’epoca sovietica si esaurisce fino ad arrivare a opere che costituiscono il realismo socialista. A questo filone appartengono film educativi e militanti, realizzati con lo scopo di celebrare i grandi protagonisti della Rivoluzione.
Lo scioglimento dell’Unione Sovietica
Con lo sfaldamento dell’Unione Sovietica, il cinema russo piomba in una lunga fase di confusione. Molti giovani e talentuosi registi decidono di aspettare, altri invece preferiscono abbandonare il cinema di finzione e dedicarsi al documentario, come Alexandr Sukurov che firma la regia di Elegia moscovita (1987) seguito da Elegia sovietica e Elegia pietroburghese (1989).
Successivamente un gruppo di giovani registi e semplici appassionati di cinema si fanno promotori di una delle tendenze più radicali del nuovo cinema russo. Nasce dunque un folto gruppo di film parodia dei classici sovietici e non solo. Il film più importante è I giardini dello scorpione (1992) di Oleg Kovalov, un collage surrealista di frammenti di pellicola degli anni Venti.
Ma questi prendono di mira anche i cult della cinematografia straniera e così nasce Nikotin (1993) di Evgenij Ivanov, un remake di Fino all’ultimo respiro di Jean Luc Godard.
Nella seconda metà degli anni Novanta, il cinema russo ha una svolta con un ritorno al passato. Diventano centrali, infatti, le riflessioni sul futuro del grande Paese, il destino del suo popolo, la crisi e la ricerca di valori morali.
Michalkov Koncalovskij, dopo una lunga permanenza a Hollywood, torna in Russia per realizzare Asja e la gallina dalle uova d’oro (1994). Il film è una riflessione sul futuro della nazione e la trasformazione sociologica in atto.
Un altro regista importante dell’epoca è Vadim Abdrasitov, che nel 1995 realizza Piecé per un paesaggio, vincitore dell’Orso d’oro.
Il cinema russo degli anni Novanta rappresenta un Paese tormentato dalla crisi, dove si muovono personaggi incapaci di assumersi responsabilità individuali e collettive.
Ma è anche la ripresa del cinema d’intrattenimento e della commedia con film come Tutto andrà bene di Dimitrij Astrachan e Vacanze moscovita di Alla Surkova.
Quest’ultima continua a realizzare film di successo anche nel nuovo millennio, ottenendo una certa fama anche all’estero. Nel 2001, infatti si presenta al Festival di Cannes con Telec, un lungometraggio che racconta gli ultimi mesi di vita di Lenin.
10 film che hanno fatto la storia del cinema russo.
La corazzata Potemkin
La corazzata Potemkin di Sergej Michajlovic Ejzenstejn è un film simbolo della cinematografia russa. Prodotto dal primo stabilimento del Goskino a Mosca, è presentato il 21 dicembre 1925 al teatro Bol’soj.
Odessa 1905. A bordo della Potemkin, un’unità della flotta zarista, le condizioni dell’equipaggio sono intollerabili. Iniziano a serpeggiare fermenti di rivolta e dinanzi all’ennesimo sopruso, la situazione esplode, scatenando un sanguinoso ammutinamento. La gente di Odessa dimostra la propria solidarietà con la sollevazione e affolla la scalinata del porto, ma viene brutalmente massacrata da un reparto di cosacchi.
Sergej Michajlovic Ejzenstejn in La corazzata Potemkin mette in pratica le sue riflessioni sul montaggio, che viene utilizzato per manipolare le emozioni e le convinzioni ideologiche dello spettatore. Celebre è la sequenza dove il regista alterna l’immagine terrorizzata della madre, la carrozzina e il luccichio dei stivali dei soldati che avanzano.
Secondo Sergej Michajlovic Ejzenstejn le immagini in contrasto tra loro, agiscono sulla percezione dello spettatore con la medesima potenza dell’aratro sul terreno.
Il film è attualmente disponibile su prime video.
L’uomo con la macchina da presa
L’uomo con la macchina da presa è un film del 1929, con cui il regista Dziga Vertov mette in pratica le sue teorie del Cineocchio.
È la cronaca di una giornata, dall’alba al tramonto, di un cineoperatore che riprende le scene di vita quotidiana della città di Mosca.
I contemporanei del regista, fautori della Rivoluzione, criticano il film perché la forma predomina sul contenuto, ma l’obiettivo di Dziga Vertov è proprio questo. Precedentemente, con la sua attività da teorico, si è schierato contro il racconto convenzionale, che addormenta la coscienza dello spettatore.
Dziga Vertov è contro la sceneggiatura, la messa in scena, la storia e i personaggi. Il cinema, secondo lui, ha il dovere di incamerare la realtà pura, escludendo tutte le prassi teatrali che costruiscono il mondo artificiale.
L’uomo con la macchina da presa è costruito con un montaggio non narrativo, in cui emerge l’esaltazione della tecnologia e del progresso industriale in un Paese sostanzialmente ancora rurale.
L’esaltazione della tecnologia è trattata anche per svelare i meccanismi che stanno dietro alla realizzazione di un film e questo fanno di L’uomo con la macchina da presa uno dei primi film meta-cinematografici.
Quando volano le cicogne
Quando volano le cicogne è un film del 1957 diretto da Mikhail Kalatozov, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes.
Una ragazza di Mosca ama un giovane che parte volontario durante la seconda guerra mondiale. Lei lo attende, ma durante un bombardamento tedesco, viene violentata da un cugino del fidanzato ed è costretta a sposarlo. Tornata la pace, la ragazza si rassegna a una vita infelice, perché il suo vero amore è caduto eroicamente in battaglia. L’unica sua consolazione è il volo delle cicogne, che ammirava con il suo fidanzato.
Il film è tratto dalla commedia Eternamente vivi, scritta dal drammaturgo russo Viktor Rozov, che firma la sceneggiatura.
Quando volano le cicogne ha avuto un notevole successo internazionale e risulta un film innovativo, sia per il materiale narrativo, che per lo stile registico utilizzato.
La storia viene raccontata attraverso lunghi piani sequenza, dove i personaggi non appaiono come figure idealizzate dalla propaganda sovietica, ma sono possessori di una complessità unica e drammatica.
Parte del successo del film è dovuto alla magistrale interpretazione di Tat’jana Samojlova, una giovane attrice di teatro. La sua recitazione spontanea e la sua versatilità conquistarono il pubblico internazionale.
La pioggia di luglio
La pioggia di luglio è un film dl 1966, diretto da Marlen Khutsiev.
Lena sta per sposarsi quando scopre che il suo futuro marito è una persona crudele. Dopo averlo lasciato, cerca il senso della sua vita attraverso avventure con artisti, anche loro alla ricerca della vera identità.
Il film nasce in un contesto di disgelo, uno dei periodi più pacifici della storia della Russia. Stalin è ormai morto e la censura e il blocco cinematografico sono allentati. Mosca per certi versi sembra Parigi.
Pioggia di luglio è un film poetico allo stesso tempo politico, malinconico e metafisico. Alcuni critici dell’epoca individuavano nella pellicola una certa influenza del cinema di Michelangelo Antonioni, ma Marlen Khutsiev, smentì, affermando che il suo film si inseriva nel filone del realismo lirico.
Una cosa è certa, la Lena di Pioggia di Luglio, interpretata da Evgeniya Uralova, ha dei tratti in comune con i personaggi di Monica Vitti, musa del regista ferrarese.
Entrambe incarnano il modello di una nuova eroina che svela le fragilità di un’esistenza tormentata e il significato del personaggio di Lena acquista una potenza ancora più dirompente, visto il contesto sovietico.
Andrej Rublev
Adrej Rublev è un film del 1966, diretto da Andrej Tarkovskij, uno dei principali registi del cinema russo. Il film è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes.
È la biografia del pittore Andrej Rubliov e la storia della Russia all’indomani dell’invasione tartara. Andrej è un giovane monaco che affresca una chiesa nella Russia del 1400. È convinto che nel suo mondo ci sia posto solo per l’arte e la religione. Ma intanto la sua città è messa a sacco e Andrej assiste a scene di violenza indescrivibili. Lui stesso è costretto a uccidere per difendere una ragazza da un soldato straniero. Scioccato dagli avvenimenti, si isola da tutti e si rifiuta di continuare a dipingere.
Il film è composto da nove capitoli (Il volo, Il buffone, Teofane il greco, La passione secondo Andrej, La festa, Il giudizio universale, La scorreria, Il silenzio, La campana) che raccontano la Russia nel Medioevo.
Adrej Rublev è il secondo lungometraggio realizzato da Andrej Tarkovskij, ma è un’opera matura, affascinante e complessa, in cui il regista riesce a inserire anche un breve documentario sui veri dipinti dell’artista.
Purtroppo l’opera venne censurata in Russia a causa delle implicazioni religiose e filosofiche che si allontanavano dall’ideologia ufficiale.
Il film è disponibile su Prime video.
Solaris
Nel 1972, Andrej Tarkovskij realizza un altro film molto importante per il cinema russo, Solaris, tratto dall’omonimo romanzo dell’autore polacco Stanislaw Lem. L’opera fantascientifica è stata presentata al Festival di Cannes e ha vinto il Grand Prix Speciale della giuria.
Qualcosa da tempo non va sulla stazione scientifica orbitante attorno al pianeta Solaris. A indagare su ciò che sta avvenendo, viene inviato il dottor Kris Kalvin, uno psicologo di noto valore. Lo studioso scopre che Solaris è un pianeta magmatico e vivente, che è in grado di materializzare i sogni e i ricordi degli uomini. Questa proiezione delle coscienze è all’origine del dramma degli astronauti e anche Kris cade vittima del processo.
In questo suo terzo film, il regista sfrutta il genere fantascientifico per realizzare un’opera che rappresenta un viaggio, una vera avventura, nella coscienza umana.
Il cosmo è il subconscio e gli astronauti rappresentano gli ospiti del loro passato, proiezioni della memoria e dell’ inconscio.
Per alcuni aspetti enigmatico, il film ha il potere di ipnotizzare lo spettatore.
Il film è disponibile su Prime Video.
Mosca non crede alle lacrime
Il cinema russo conquista l’Oscar con Mosca non crede alle lacrime (1979), diretto da Vladimir Men’sov.
Tre ragazze che hanno lasciato la campagna da vent’anni per cercare fortuna a Mosca, affrontano il bilancio della loro vita. Amore, carriera, figli, speranze, successi e delusioni: sono questi i temi portanti del film.
Mosca non crede alle lacrime è una commedia delicata, con risvolti drammatici. Il film è ambientato a Mosca sul finire degli anni Cinquanta. Ma la capitale russa non è un semplice sfondo; piuttosto un vero personaggio: in alcuni momenti la vera protagonista del film.
Il lungometraggio di Vladimir Men’sov, infatti, è un affresco della vita cittadina in epoca sovietica e testimonia, in maniera intima, la crisi sociale e psicologica di molti russi dell’epoca.
Mosca non crede alle lacrime fu apprezzato anche da Ronald Regan e pare che lo abbia visto diverse volte per comprendere al meglio l’animo russo, prima del suo incontro con Mikhail Gorbachev.
Sindrome astenica
Sindrome astenica è un film dl 1989, diretto dalla regista moldava, naturalizzata ucraina, Kira Muratova.
Il titolo del film designa quella che un tempo era nota come ipocondria o melancolia. Ne soffre l’insegnante Nikolay, ogni giorno impegnata a fronteggiare una schiera di studenti di rara indifferenza. Ma forse è l’intera società ad essere ammalata.
“Questo è il mio unico film che ha un lato sociopolitico. Una voce che piange nel deserto”.
Sono queste le parole utilizzante dalla regista in un’intervista rilasciata nel 2016.
Sindrome astenica viene considerato un film russo, perché realizzato quando i territori dell’Ucraina erano ancora sotto il controllo dell’Unione Sovietica, ma sostanzialmente è un’opera che rappresenta al meglio la cinematografia dell’Ucraina.
La pellicola inizia come un assurdo dramma su una donna rimasta vedova che inizia a cancellare la sua precedente identità. Progressivamente, però, si dirige sulla strada della riflessione, della contemplazione del fallimento di una vita.
È un ritratto ambizioso e provocatorio della società degli anni Ottanta, colmo di motivi allegorici che danno vita a sequenze enigmatiche che acquistano il loro reale significato solo nel finale.
Arca russa
Arca russa è un film del 2002, diretto da Aleksandr Sokurov, presentato in concorso al Festival di Cannes.
Invisibile agli altri personaggi, il regista compie un viaggio nel tempo, accompagnato da un diplomatico francese del XVIII secolo. La storia è ambientata all’interno dell’Hermitage di San Pietroburgo, dove i due viaggiatori incontrano i protagonisti della Russia zarista, da Pietro il Grande fino alla famiglia di Nicola II.
Arca russa è realizzato con un unico piano sequenza, espediente che sottolinea la volontà del regista di immergersi e immergere lo spettatore in un viaggio nella storia della Russia.
Un flusso temporale della durata di novanta minuti in soggettiva ci proietta nel cuore della cultura russa, tra passato e presente.
Il film è disponibile su Prime video.
Loveless
Loveless (Neljubov) è un film del 2017, diretto da Andrej Zvjagincev. Il lungometraggio ha rappresentato il cinema russo ai premi Oscar nel 2018.
Zhenya e Boris hanno deciso di divorziare. Non si tratta, però, di una separazione pacifica, ma carica di rancori e risentimenti. Entrambi hanno già un nuovo partner, con cui iniziare una nuova vita. C’è un ostacolo difficile da superare: Alyosha, il loro figlio dodicenne. Nessuno dei genitori lo vuole tenere con sé, e un giorno il bambino scompare.
Loveless è quarto film realizzato da Andrej Zvjagincev, che utilizza come sfondo una Russia che della modernità ha acquisito solo gli aspetti più negativi.
Il film descrive una realtà crudele e cinica, in cui le vicende della guerra in Crimea del 2014 accompagnano il dramma di una durezza senza pari.
I personaggi del film sono senza amore, ma colmi d’indifferenza, astio e rancore. A pagare il prezzo più caro è dodicenne Alyosha, ignorato da entrambi i genitori. Gli adulti, invece, vengono puniti, perché si abbandonano all’illusione di costruire una nuova vita, senza prima risolvere i problemi del loro passato.
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