Giulia Louise Steigerwalt, intervistata al Festival del cinema di Porretta, al suo esordio nella regia di un lungometraggio, sorprende con una commedia briosa che abbraccia con estrema levità le angosce esistenziali del divenire della condizione umana, a qualsiasi età essa si disponga. Il suo Settembre è un’irresistibile folata di profonde riflessioni rivestite di un consistente strato d’ironia e di giocosa teatralità. La pellicola, presentata in anteprima internazionale al Bif&st 2022, è stata prodotta da Lynn, una costola di Groenlandia.
Maria è una quattordicenne alle prese con quello che sembra un approccio a una specie di educazione sentimentale. Ha avuto una proposta passionale da Cristian, il ragazzo di cui da sempre è attratta. Sergio, un suo compagno di classe, si è prestato a fare da ambasciatore e da cavia per trasmetterle la sua esperienza. Attorno al nascere di questo nuovo rapporto ruotano gli adulti con Francesca, la madre di Sergio, stanca del ménage con un marito spesso assente e spaventata da una possibile cattiva diagnosi clinica. Le sta accanto Debora, l’amica del cuore da tempo rassegnata ai tradimenti del proprio marito. C’è poi Guglielmo, il medico di Francesca, un uomo ormai molto anziano afflitto da un’ imperante solitudine che prova a esorcizzare incontrando Ana. La giovane straniera, appena diciottenne, è costretta a fare la prostituta ma è in Italia con la speranza di un nuova vita.
L’uomo è quello che progetta di essere
Le vicende dei personaggi di Settembre, abilitati al reale dall’ottima sceneggiatura scritta dalla stessa Steigerwalt, navigano a vista nel mare crespo di esistenze fragili o ancora in divenire. Nulla è dovuto ma è frutto di un processo di volontà e di identità. Le decisioni diventano inossidabili certificati di una spinta all’autodeterminazione capace di superare ogni ostacolo e stabilire nuove definizioni di benessere. L’ironia lambisce spumeggiante le coste dell’intero racconto miscelandone semplicità e morale: come in una favola dal sapore agrodolce il realismo è un effetto compiuto mentre il romanesco scolpisce al meglio i sorrisi delle parti in commedia.
L’uomo non è dunque niente altro che l’insieme dei suoi atti, niente altro che la sua vita
Jean-Paul Sartre
Settembre, applausi di gente intorno a me
Uno dei punti di forza di Settembre è senza dubbio da individuarsi nel cast. Scelte oculate, in grado di porre ognuno nel ruolo maggiormente indicato, determinano un effetto degno della miglior concordanza poietica. Motore della pellicola, la presenza femminile domina la scena e determina i punti di svolta del racconto. Barbara Ronchi e Thony primeggiano ma non sono da meno la giovanissima Margherita Rebeggiani e Tesa Litva. Tutte interpreti la cui naturalezza ben si sposa con la loro bravura che, supportata da dialoghi efficacissimi e quanto mai consoni, completa l’architrave che tiene insieme i pilastri della struttura narrativa.
Il ritorno delle espressioni
L’atout del lavoro in regia di Giulia Louise Steigerwalt risiede nella sua capacità di orientare le inquadrature nella direzione dettata dalle espressioni dei suoi protagonisti. La macchina da presa si muove assecondando e fomentando primi piani, figure intere, controcammpi, valorizzando le significative caratterizzazioni dei volti di tutti gli interpreti. In questo senso Fabrizio Bentivoglio, guidando al meglio l’ottimo gruppo di attori maschili, risulta sempre hors catégorie. Il suo personaggio, Guglielmo, è il mentore non dell’eroe ma dell’intero racconto. Un codice non scritto lo rende artefice del mutamento del Destino di tutti e in primis del suo.
Settembre, la Roma innocente
Quella messa in scena dalla pellicola della Steigerwalt è una Roma che pur nella sua ambientazione periferica si dimostra atipica rispetto alle consuete narrazioni cinematografiche. Il settembre della capitale diventa un momento di riflessione nel quale anche le cose inanimate sembrano in attesa della svolta dei protagonisti della storia. Tutto prende la misura d’uomo e l’energia del Mondo anima la sensibilità di ognuno; la città sembra quasi ergersi a loro difesa mentre la bella fotografia di Vladan Radovic ne determina le sembianze di ombre e di luci. Roma diventa così un luogo ancestrale, epigono di un’innocenza ormai smarrita che Settembrepare voler restituire attraverso le dinamiche di un intreccio, nel quale la semplicità d’animo dei protagonisti scolpisce nuove effigi da rendere alla forza dei sentimenti.