Su Paramount +è disponibile Minari, film del 2020 diretto da Lee Isaac Chung con protagonista Steven Yeun.
Si tratta di un film prodotto, tra gli altri, da Brad Pitt che parla di una famiglia sud coreana trasferitasi negli Stati Uniti in cerca di fortuna. La trama è ispirata all’infanzia dello stesso regista trascorsa nell’Arkansas.
Alla sua uscita ottenne quattro Nomination agli Oscar 2021 e si aggiudicò la statuetta per la miglior attrice non protagonista.
EMOZIONARE ANZICHÉ RACCONTARE
Film intimo e introspettivo, non ha una vera e propria storia. Racconta le paure e le speranze dei singoli componenti della famiglia: il padre ambizioso, la madre paurosa, il figlio minore che si affaccia al mondo e l’anziana nonna prossima alla fine.
Minari è fatto di emozioni più che di colpi di scena. E possiamo dire che sono emozioni di prima qualità. Peccato che in certi passaggi (soprattutto verso il finale) risulti un po’ melenso e prevedibile.
La conclusione comunque è tutto meno che scontata e questo è sicuramente apprezzabile.
OSSESSIONE ANZICHÉ AMBIZIONE
Tra i personaggi, il protagonista (interpretato da Steven Yeun) è quello che più di tutti rischia di mandare in frantumi la famiglia. Proprio per la sua ambivalenza si potrebbe definire sia vittima che carnefice. Egli crede fin troppo nel sogno americano e si distingue per la sua ambizione, che finisce per diventare ossessiva.
Fare soldi diventa l’obiettivo primario e il benessere della famiglia è solo una scusa per poterlo perseguire. Ma l’ossessione non nasce dall’avarizia; piuttosto dall’ego. Lui non vuole accontentarsi di una vita normale ma non vuole neppure aiuto per arrivare al successo. Deve averne lui il merito di tutto.
Inseguendo un più roseo futuro sta rovinando il presente; ne è consapevole e per questo soffre. Contando sulla tolleranza della moglie, continua a perseverare nei suoi scopi, ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine.
La domanda che sorge è: quando dovrà scegliere tra la famiglia e il successo quale sarà la sua decisione? A prescindere da ciò, il suo personaggio è quello che ci ha colpito più di tutti e valeva la pena spenderci due parole.
UN FILM DI SPERANZA
La speranza è il fulcro della vicenda. Il marito spera di ottenere il successo tanto desiderato. La moglie spera che il marito dia più importanza alla famiglia. Il figlio di riottenere la tranquillità perduta all’arrivo della nonna.
Ma noi tutti sappiamo cosa succede a chi vive così. La continua speranza tradita logora i personaggi e porta la famiglia a un passo dal baratro.
Minariè un film che punta molto sull’empatia; infatti anche noi speriamo che alla fine ognuno ottenga quello che vuole.
Senza anticipare troppo, possiamo dire che il segreto per non rimanere delusi sta, come nella vita, nell’accontentarsi.
I PILASTRI DELLA STORIA
I personaggi sono le colonne portanti della storia. Ognuno di loro è molto ben caratterizzato e le loro performance, seppure non si possano definire eccezionali, sono assolutamente credibili.
Ad essere sinceri Youn Yuh-jung, vincitrice dell’Oscar per la miglior attrice non protagonista, se non è stata eccezionale poco ci è mancato. L’unica pecca del film riguarda il personaggio della figlia maggiore che, seppure sia spesso presente in scena, viene solo mostrato e non descritto e finisce per passare in sordina.
DIFFERENZE E SIMILITUDINI
È presente un sotto-testo sulle differenze e le similitudini tra la cultura americana e quella coreana che noi abbiamo apprezzato.
Si evidenzia, in maniera molto sottile, come il lento processo di integrazione avvenga attraverso i punti di contatto tra le due culture. Pian piano le iniziali diffidenze vengono superate e le culture possono fondersi, senza comunque rinunciare alle tradizioni della terra natia.
NIENTE MORALISMI
Come risaputo, gli americani tendono ad essere un po’ didascalici quando si tratta di raccontare certe cose e a volte finiscono per fare la morale al pubblico. Ma non è il caso di Minari.
Il sotto-testo sull’integrazione e sui punti di contatto tra culture, di cui parlavamo, è molto interessante e gli autori sono riusciti a raccontarlo in maniera efficace, priva di moralismi.