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La Hellraiser – Trilogy in limited edition blu-ray

La collana Midnight Classics si arricchisce con la Hellraiser – Trilogy.

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Con oltre otto ore di contenuti speciali, Koch Media lancia in limited edition blu-ray, nella collana Midnight Classics, la Hellraiser – Trilogy. Di cosa si tratta? Come il titolo lascia intuire, dei primi tre capitoli della popolare saga horror Hellraiser, costituitasi tra il 1987 e il 2018 di dieci lungometraggi. Del resto, il capostipite, che segnò l’esordio dietro la macchina da presa per lo scrittore Clive Barker, costato un milione di dollari ne incassò venti.

Reinventando, di conseguenza, il cinema dell’orrore britannico, fermo alle vecchie produzioni Hammer sfornate tra gli anni Cinquanta e Settanta.

Quindi, con tre card da collezione e un booklet inclusi nella confezione, un cofanetto davvero indispensabile per cominciare a riscoprire il franchise in alta definizione. In quanto, come si può immaginare, i tre film sono riposti ciascuno su un apposito disco, corredati di relativo materiale aggiuntivo. Disponibile in esclusiva nello store FanFactory (https://fanfactory.shop/).

 

Hellraiser (1987)

Ricordate l’Andrew Robinson di Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!? Qui è Larry Cotton, trasferitosi insieme alla alla seconda moglie Julia alias Clare Higgins nella sua vecchia casa che, però, nasconde un segreto. L’uomo, infatti, non sa che sotto il pavimento si trova il poco che è rimasto del fratello Frank, ovvero Sean Chapman. Fratello che, nel tentativo di sperimentare il piacere senza confini per mezzo del misterioso cubo di Leviathan, è finito smembrato. Da chi? Da quelli che impareremo a conoscere come Supplizianti, detti anche Cenobiti, esseri appartenenti ad una dimensione parallela. Esseri guidati dal Pinhead che, caratterizzato da un capo calvo ricoperto di chiodi e interpretato da Doug Bradley, è entrato di diritto nell’Olimpo dei boogeyman dello schermo. Esseri abbigliati con catene e pelle nera rimandanti, di conseguenza, ad un immaginario sado-maso che associa piacere e dolore, eros e thanatos.

Ma sui quali non si concentra principalmente questo capostipite, destinato a farci scoprire che Giulia fu amante proprio di Frank. Che, resuscitato a causa del sangue versato da Larry in seguito ad un’accidentale ferita alla mano, è bisognoso di altra emoglobina per poter riassumere sembianze umane.

Tanto da costringere la donna a procurargli vittime di cui nutrirsi; mentre i citati Supplizianti, ovviamente, sono ancora alla sua ricerca. E solo Kristy, figlia di Larry interpretata da Ashley Laurence, comincia ad intuire qualcosa di strano. Al servizio di un geniale capolavoro che, riguardante il legame tra sesso e morte, s’immerge efficacemente nei toni cupi della fotografia di Robin Vidgeon. Oltretutto impreziosito dagli ottimi effetti speciali a cura di Bob Keen, il quale si sbizzarrisce in splatter e creature mostruose. Un capolavoro accompagnato nella sezione extra da tre trailer, quattro spot televisivi, press kit elettronico del 1987, una galleria fotografica e varie featurette. Dai venticinque minuti in cui Chapman parla di Hellraiser ai diciassette sulla colonna sonora mai utilizzata composta dai Coil. Fino ai dodici di intervista a Bradley e a due diversi documentari, il più esauriente dei quali, di oltre un’ora e venti, risalente al 2015.

 

Hellbound: Hellraiser II – Prigionieri dell’inferno (1988)

Dopo un veloce riassunto di quanto visto nel primo episodio, apprendiamo fugacemente la genesi di Pinhead. Infatti, viene concesso decisamente maggiore spazio ai Supplizianti-Cenobiti in questo sequel dove ritroviamo Kirsty, unica sopravvissuta al massacro di casa Cotton. Una Kristy che, rinchiusa in una clinica psichiatrica, desidera solo dare tranquillità al padre, ancora sofferente per le torture inflittegli dalle infernali creature. Occasione che non tarda a presentarsi ai suoi occhi, in quanto il varco per la dimensione parallela dei piaceri estremi viene presto riaperto. Complici il ritorno della perfida matrigna Julia,riportata in vita da un dottore che le offre vittime, e le capacità di una piccola paziente. Man mano che, con abbondanza di immagini suggestive e consueti effetti speciali degni di nota, il tutto si svolge interamente all’interno della clinica.

Conferendo un notevole senso di claustrofobia a quello che possiamo definire uno dei migliori tasselli hellraiseriani dal punto di vista tecnico.

Un tassello che, circolato per molti anni in versione tagliata dalle nostre parti, vede al timone di regia il Tony Randel tutt’altro che estraneo ai fan dell’horror. Del resto, parliamo di un nome che vanta in curriculum anche i successivi Amityville 1992: It’s about time e Ticks – Larve di sangue. Un nome che in Hellbound: Hellraiser II – Prigionieri dell’inferno ci consente anche di vedere in scena Bradley privo del “trucco chiodato” sul volto. Il Bradley che parla della pellicola in una featurette di quasi undici minuti inserita tra i contenuti speciali, insieme a due spot tv e due trailer. Oltre ad una scena eliminata, due diversi commenti audio, una breve clip di immagini dal dietro le quinte e interviste sul set nel 1988. E ancora due documentari (uno della durata di quasi due ore) e tre gallerie fotografiche, inclusa una dello storyboard di un finale alternativo.

 

Hellraiser III – Inferno sulla città (1992)

Terry Farrell è la giovane reporter Joey Summerskill, sulle tracce della misteriosa scatola di Pinhead, ora intrappolato in una statua e alimentato da un discutibile individuo. Il J.P. Monroe incarnato da Kevin Bernhardt, poi sceneggiatore, tra l’altro, del secondo Turbulence, Giorni di fuoco e La rapina. Ricco proprietario di un club, arriva a consentire al “boss“ dei Supplizianti di liberarsi per tornare all’opera. Ritrovandosi progressivamente affiancato da una serie di nuovi e bizzarri Cenobiti. Da quello che sputa fuoco ad un altro che infilza le proprie vittime sfruttando un teleobiettivo che ha al posto dell’occhio. Fino a quello che, in modo simile allo spacciatore di droga extraterrestre di Arma non convenzionale, lancia cd come affilate lame rotanti. Del resto, è subito chiaro che questo terzo appuntamento tenda a puntare maggiormente alla spettacolarità, a cominciare dall’abbondanza di situazioni ambientate all’aperto.

Addirittura per le strade della città di notte, dove la protagonista si trova a dover fuggire dai demoni, che tirano in ballo perfino l’elettricità. E, autore dei due Waxwork, Anthony Hickox sembra divertirsi non poco dietro la macchina da presa.

Dispensando anche un massacro all’interno del citato club e ricorrendo sia ad effetti pirotecnici che alla computer grafica dei primi anni Novanta. Man mano che rivela sempre più dettagli relativi all’origine di Pinhead e trascina l’operazione in uno scenario in odore apocalittico. Per concretizzare un movimentatissimo capitolo che, con inclusa nel cast Paula Marshall, intrattiene efficacemente alla maniera dei blockbuster a stelle e strisce. Un capitolo che questo accattivante oggetto del desiderio offre sia nella versione cinematografica di novantatré minuti che in quella estesa di novantasei. Con trailer, press kit elettronico del 1992, un commento audio, un’intervista del 2015 alla Marshall e una del 2004 al regista nella sezione extra. Accanto a trenta minuti di documentario datato 2015 sul film e quasi ventitré di giornalieri degli effetti speciali. Senza contare i circa quattordici minuti in cui Bradley parla di Hellraiser III – Inferno sulla città.

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