Alex è una ragazza protetta da una figura angelica che le impedisce di morire, ma una presenza oscura e senza volto tormenta i suoi incubi rivangando un trauma infantile. I suoi poteri la fanno entrare nel gruppo del professor Zawadzki, un demonologo esperto che guida 9 ragazzi dalle capacità sovrannaturali, serrando le fila contro le forze del male che cercano di conquistare la terra.
La recensione
Come avevamo evidenziato altrove, uno dei (tanti) pregi di Netflix -diversamente dalle altre piattaforme- è quello di mettere in risalto i tanti sguardi dell’audiovisivo a seconda della declinazione geografica e quindi culturale. Squid Game, Dark, Ragnarok, La Casa Di Carta, L’Uomo Delle Castage, The Innocent: sono tutte serie di successo che avrebbero avuto scarso (o inesistente) successo in patria, ma che marchiati con la N rossa sono riusciti ad imporsi sul mercato internazionale diventando in alcuni casi dei cult assoluti.
I Mostri Di Cracovia viene dal nord Europa, e in linea con la filosofia principale della piattaforma di produrre serie che affondino le loro radici nei diversi contesti locali: purtroppo, la serie mostra anche quanto sia difficile e per niente scontato che il glocal (global e local) sia un fattore determinativo di successo e fascino.
Non basta infatti esportare la tradizione di un paese per farla apprezzare, perché con IMostri di Cracovia il pubblico si perde inevitabilmente in un racconto che è frantumato in mille rivoli che seguono le tradizioni di un folclore fin troppo sconosciuto per il grande pubblico- tradizioni che per quanto siano intriganti, non sono circondate da una struttura narrativa che offra le giuste chiavi di lettura per poterle capire ed apprezzare.
Oltretutto, l’impianto visivo punta quasi tutto su un cromatismo spinto sul blu elettrico, e i colori freddi che dipingono gli avvenimenti non aiutano lo spettatore per restare ancorato ad una storia che ben presto diventa algida.
Le tradizioni orrorifiche polacche sono messe in scena con una drammaturgia scarna, ma cosa più grave è che manca assolutamente -in ogni puntata e sempre più man mano che ci si avvicina al (supposto) climax- un senso di gravitas adeguato che sottolinei le svolte della narrazione.
Il folklore slavo è senza dubbio particolarmente affascinante, specie se paragonato alla galleria di mostri occidentali che imperversano su grande e piccolo schermo in quantità abusata: ma è proprio questa sua particolarità l’arma a doppio taglio, perché I Mostri Di Cracovia manca di organicità, il quadro generale fatica ad emergere mentre chi guarda attonito resta fermo due passi dietro a chiedersi cosa sta vedendo.
Colpa senza dubbio di una scrittura scarsamente brillante e in alcuni passi sciatta, con una sceneggiatura che non si rende conto delle eccessive ripetizioni (abbiamo davvero bisogno di una scena in discoteca a puntata?).
Insomma, il risultato è quello che il meteo cracoviano diventa metafora fin troppo leggibile di una noia che attanaglia i dieci episodi, insoddisfacenti e privi di passione, per di più con attori che -a voler esser buoni- si spremono in recitazione minimalista senza nessun guizzo.