La Regina d’Africa (The African Queen) è un film diretto da John Huston con Katharine Hepburn e Humphrey Bogart. Distribuito nel 1951 da United Artists.
Disponibile su MUBIper la mini-rassegna Tempo di avventura: tre film di John Huston.
Trama
Africa orientale tedesca, vigilia della 1° guerra mondiale. Rosie Sayer è una missionaria inglese in un villaggio nei pressi del fiume Ulanga. Non ha mai provato l’adrenalina sulla sua pelle.
Charlie Allnut è un capitano canadese addetto agli approvvigionamenti e alla corrispondenza. Alcolizzato e legato al suo battello, l’African Queen (da cui il titolo italiano, La Regina d’Africa).
L’invasione dei soldati tedeschi nel villaggio, la sua distruzione e la morte del fratello di Rosie porteranno i due a intraprendere un lungo e tortuoso viaggio lungo il fiume, con l’intenzione di far saltare una cannoniera appostata nel lago a valle.
Analisi e personaggi
Fin dall’inizio recepiamo come il suono abbia una grande importanza per descrivere l’ambientazione: sui titoli di testa udiamo versi di bestie della giungla. L’arrivo di Charlie al villaggio, annunciato dal fischio del battello, mette in agitazione i nativi che cantano nella Missione dei fratelli Sayer (inni sacri che creano una scena di caos musicale).
La fotografia in technicolor del maestro Jack Cardiff cattura con fisicità il calore opprimente, l’umidità, le gocce di sudore e le abbronzature dei personaggi.
Bogart è sporco e ha la barba sfatta; è rozzo nel parlare, ma traspare in lui un lato tenero. Vive nella dimensione opposta rispetto alla Hepburn, rigida maestrina, vestita bene come si confà a una nobildonna inglese pronta per il tè delle cinque del pomeriggio.
Se all’inizio tra i due sembra esistere una barriera invalicabile fatta di scontri, formalità e compromessi, man mano che prosegue il viaggio scopriamo lati comuni che li avvicinano, creando situazioni adrenaliniche e divertenti.
Pensiamo alla scena in cui la coppia, provata dagli eventi, decide di farsi il bagno nel fiume: si crea una tensione sessuale molto trattenuta, laddove lei, non riuscendo a risalire in barca, chiede aiuto a lui. Mentre poco dopo sarà lei a ospitarlo a dormire sotto il tettuccio protetto dalla pioggia (dopo una prima buffa esitazione dovuta allo spavento per l’irruzione in piena notte).
La Hepburn, da ossuta zitella e bigotta, come la definisce Charlie, rivela il suo lato intrepido e avventuroso dopo la prima discesa delle rapide. La forte emozione scatena la voglia di proseguire il viaggio verso la cannoniera, nonostante le remore del suo compagno.
A tal proposito, le scene d’azione sulle rapide sono efficaci ed entusiasmanti ancora oggi. Alternano effetti speciali visivi (le retroproiezioni girate in studio) a riprese reali in campo lungo. Anche la scena della sparatoria dalla torre di avvistamento è ricca di tensione; offre inoltre allo spettatore un interessante gioco di scambio di punti di vista tra le truppe e la coppia.
In questo turbinio di emozioni si affaccia l’attrazione reciproca: abbracci di gioia e un bacio sfuggente una volta usciti salvi dall’ira delle seconde rapide. Ben presto i due si abbandonano all’amore. Una mano sulla spalla. Un bacio appassionato coperto dalla schiena di Charlie (forse proprio per non invadere la loro intimità) e uno stacco di montaggio che parla da sé.
Nella scena dopo è mattino. Rosie è già sveglia, lo chiama “caro” e gli porta il tè, non prima di rovesciarlo distrattamente (perché lo sta guardando mentre lui fa finta di dormire ancora).
La rottura della formalità con lo svelamento dei nomi e la gag del tè: il cinema classico hollywoodiano trova spesso escamotage come queste per sottintendere ciò che non si può mostrare. In questo caso è evidente che hanno fatto l’amore.
Da questo momento sembra iniziare un’altra parte del film, dal nauseante e sofferto attraversamento delle paludi fino al finale esplosivo.
Stile e temi
La Regina d’Africa ha lo stesso respiro dei grandi romanzi d’avventura e di viaggio, da cui spesso John Huston ha tratto i suoi soggetti. E il fascino idealizzato, un po’ ingenuo, verso il continente nero tipico di molta letteratura europea e americana di inizio Novecento.
Lo si nota anche dalle frequenti inquadrature sulla fauna selvatica, che sembrano quasi rubate da un vecchio documentario di National Geographic.
Huston privilegia l’uso di inquadrature strette e primi piani, mettendo in risalto tutta la mimica facciale dei due grandi attori. Scelta che probabilmente persuase l’Academy a conferire a Bogey il suo unico premio Oscar.
Il tema della ricerca condotta ossessivamente fino alla catastrofe è quasi in secondo piano rispetto a quello dell’ innamoramento, ma comunque evidente come in molti dei lavori migliori del regista, da Il tesoro della Sierra Madre a Giungla d’asfalto.
Sulla lavorazione del film ci sarebbero diversi aneddoti, riportati anche da Katharine Hepburn in un suo resoconto del 1984. Da segnalare, invece, il romanzo Cacciatore bianco, cuore nero di Peter Viertel, che collaborò alla sceneggiatura in seguito alla morte di James Agee, da cui Clint Eastwood trasse l’omonimo film del 1990.
La Regina d'Africa
Anno: 1951
Durata: 105'
Distribuzione: United Artists
Nazionalita: USA, UK
Regia: John Huston
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