L’originale NetflixWindfall, diretto da Charlie McDowell e disponibile dal 18 marzo sulla piattaforma, è un piccolo thriller da camera con Jesse Plemons, Lily Collins e Jason Segel. Un dramma ridotto all’essenziale, tra tensioni sociali ed emotive, con più di un punto di interesse.
Windfall: Trama
Un imprenditore milionario (Jesse Plemons), ideatore di un algoritmo che ottimizza la produzione a scapito dei lavoratori, e sua moglie (Lily Collins) giungono nella loro tenuta nel sud della California. All’arrivo però si imbattono in un ladro (Jason Segel) che non si aspettava di trovarli lì. La situazione precipita e l’intruso, nel frattempo inquadrato anche da una telecamera di sicurezza, decide di sequestrarli in cambio di un riscatto.
Storia di due mondi
Un uomo si aggira per una elegante tenuta di campagna. Ne attraversa le stanze, il giardino, gli aranceti che si estendono a perdita d’occhio. Da subito è chiaro come quegli spazi non gli appartengano. Come il suo corpo fuori scala e il suo incedere sgraziato siano irrimediabilmente Altro rispetto a essi. Comincia così, con due mondi agli antipodi destinati da subito a scontrarsi, Windfall. Un dramma da camera dove le tensioni economiche e sociali si mischiano a quelle relazionali (quando non ne sono causa diretta) con esiti imprevedibili.
Windfall: un genere stretto tra quattro mura
È davvero un gioco al massacro quello che McDowell (figlio di Malcolm e marito della Collins) mette in piedi per Netflix. Un thriller psicologico che guarda al passato del genere (a partire dai titoli di testa) e all’home invasion, per rivelarsi qualcosa di differente. Non siamo dalle parti di Ore disperate di William Wyler, per intenderci, e Jason Segel (qui anche autore del soggetto), impacciato e fuori luogo com’è, non è certo Humphrey Bogart. Ma siamo lontani anche dalle derive metanarrative di film come Funny Games. Perché Windfall è molto più elementare e schematico dei suoi illustri predecessori. Un film interamente sorretto dai suoi tre interpreti e dalle dinamiche che ne regolano i rapporti, mutandoli e stravolgendoli in qualcosa che ha in sé l’essenzialità del teatro.
Sono tutti senza nome, del resto, i personaggi di Windfall. Quasi ridotti a ruoli archetipici (la Moglie, il Marito, il Ladro), a funzioni narrative di un meccanismo impeccabile e senza via d’uscita. Un film estremamente “scritto” (e non da uno qualunque, ma dall’Andrew Kevin Walker di Seven) dove sono proprio i dialoghi a fare la differenza, a costruire, attraverso una tensione via via crescente, un mondo fatto di visioni antitetiche, tra invidia (o forse giustizia?) sociale, capitalismo senza scrupoli e rivendicazioni femministe.
Anatomia del sogno americano
Niente di originale, certo. Eppure in questo modo Windfall riesce a intercettare il presente senza mai scadere nel luogo comune, facendo emergere storture e idiosincrasie tutte contemporanee. Nell’inevitabile scambio di ruoli che caratterizza l’intreccio, con le vittime sempre più simili a carnefici e viceversa, tra incomprensioni reciproche, falsi vittimismi (“non sai quanto sia difficile essere un bianco ricco, oggi”) e sentimenti di rivalsa (il personaggio di Segel, senza passato e indicato nei titoli di coda semplicemente come “Nobody”, quasi fosse una coscienza di classe incarnata), va così in scena un attacco nemmeno troppo velato al sogno americano. Al mito dell’autodeterminazione del singolo, del self made man disposto in realtà a passare sopra tutto e tutti, affetti compresi.
In questa carneficina (difficile non pensare a Carnage come riferimento, almeno per la messa in scena), dove tutti, o quasi, ne escono con le ossa rotte, sono così gli interpreti a farla da padroni. Tre figure destinate a mutare e a stravolgersi (eccetto il personaggio di Plemons, arrogante e cinico, l’unico che si trova perfettamente a suo agio con la propria “maschera”) a cui gli attori riescono a donare vita. Un progetto, del resto, fortemente voluto da tutti e tre, qui anche produttori. Segno che anche un thriller non perfetto o imprescindibile possa essere capace di parlare, e bene, persino al pubblico, sempre più generalista, delle piattaforme.