A fine marzo la lungimirante programmazione MUBI riporta alla visibilità un film indipendente davvero insolito e potente.
God Bless America, di Bobcat Goldthwait: un concentrato di cinismo e cattiveria, specchio senza veli di un’America inquietante, che fa davvero paura e alla quale stiamo pericolosamente avvicinandoci sempre più anche noi della vecchia Europa. Gli States non certo ostaggio degli “assassini nati”, ma piuttosto quelli succubi di una tendenza deprecabile ben più dilagante in modo incontrollato: la volgarità, la maleducazione, il mancato rispetto delle sensibilità e delle esigenze altrui, il menefreghismo e la derisione, il complotto per far fuori chi non si adegua ai costumi di massa.
La trama
Un cinquantenne di nome Frank, esasperato dall’ottusità che lo circonda e asfìssia, nonché dalla molestia incontrollata del suo vicinato, dall’ottusità maliziosa dei suoi colleghi, decide di reagire impugnando un fucile, non appena gli giunge la notizia che una devastante malattia sta per portarlo in un’altra dimensione, peraltro forse anche più consona al suo sentirsi come un alieno appartenente a un altra galassia.
Licenziato dal lavoro col presupposto di una falsa molestia a una collega, divorziato con una figlia piccola caratteriale e isterica che lo detesta; solo al mondo, con vicini rumorosi e grezzi, malato terminale a sorpresa dopo che un medico senza scrupoli gli rivela con fredda spietatezza una diagnosi che non lascia speranze; e, se non bastasse, vittima pure di una televisione che irrompe nelle sue serate solitarie infondendo lo squallore di una vita che non ha più regole e fondamenti genuini, Frank si ritrova senza nessun appiglio per scorgere un orizzonte di salvezza degno di assurgere a motivo di sussistenza.
Al nostro tragicomico protagonista non resta che sfoderare la pistola e mietere, con una dignitosa professionalità che segue un inizio goffo e molto incerto, tutta quell’erba infestante che sta soffocando i valori tradizionali di una società che è stata sana fino a non molto tempo prima. Troverà inoltre nell’adolescente inquieta Ally una degna alleata per la sua missione definitiva.
La recensione
Dell’America che deride e umilia la gente umile, semplice e credulona, illudendola con le effimere e ingannevoli luci del palcoscenico e coinvolgendola in spettacoli vergognosi e oggettivamente deprimenti se solo si riuscisse a uscire dalle orme del gregge incapace di singolo raziocinio, non se ne può davvero più.
La forza di God Bless America è che lo spettatore, di fronte a tanta reiterata e inesorabile mediocrità e grettezza, parteggia subito per il goffo e tenero protagonista. E l’incipit, tra sogni di vendetta e stragi premeditate, è folgorante e spassosissimo nella sua esagerata platealità.
L’accennato incontro con la quattordicenne, che diventerà complice di Frank, si rivela pure uno dei momenti più riusciti di una pellicola forse non nuova, ma briosa, amara e sconcertante, e soprattutto a tratti davvero spassosa nel suo eccesso, che appare come tale solo fino a quando non si riflette sul fatto che tutto questo orrore e tutta questa primitiva puerilità di pensiero risulta ormai dilagante e irrefrenabile ovunque, negli States come qui da noi, emuli europei.
Al centro della vicenda, il personaggio controverso e incontenibile di Frank è reso con grande presenza scenica e padronanza di portamento dall’ottimo Joel Murray, la cui straordinaria capacità di rendere palpabile la sana cattiveria che lo anima e guida, si rivela l’arma più efficace per combattere la stupidità e l’ignoranza che, entro certi limiti, fanno più paura della follia dei due protagonisti di questo adorabile delirio. 8/10