Da pochi giorni su Netflix si può vedere il film storico Maria Regina di Scozia che celebra la dualità tra la scozzese Maria Stuarda, divenuta regina di Francia appena sedicenne ed Elisabetta I, regina di Inghilterra: due regnanti donne che si contendono il regno di Scozia, ma pure quello della medesima Inghilterra. In un mondo ed un’epoca dominati più che mai dagli uomini, Maria Regina di Scozia celebra il destino di due cugine rivali che si ammirano, ma che non possono evitare la sfida che porterà una di loro a soccombere.
Rivalità tra regine … e tra star del cinema
Lo storico dualismo/rivalità tra regine che caratterizzò e influenzò i destini di un regno retto da Elisabetta I, figlia di Enrico VIII, e rese la vita di Maria Stuarda, regina di Scozia (1542/1567) e poi regina consorte di Francia (1559/1560), un vero e proprio drammatico e concitato romanzo esistenziale, è sempre stato veicolo irrinunciabile per celebrare la bravura delle due attrici e star chiamate a trasporre questi due personaggi sullo schermo.
Ad interpretare la Stuarda fu scelta, nel lontano 1936, Katharine Hepburn, nel film Maria di Scozia, mentre Bette Davis fu Elisabetta nel 1939 nella versione dal titolo Il conte di Essex.
Più di recente, risulta impossibile non ricordare (per chi l’ha visto) il dualismo sopraffino rappresentato nel 1971, in Maria Stuarda Regina di Scozia, dalla presenza di Vanessa Redgrave (Maria) e Glenda Jackson (Elisabetta), per la regia del non troppo noto ed eccelso, ma professionale Charles Jarrott.
Dopo attrici di tale rango, nonostante il trascorrere dei decenni, è probabile che non si sentisse una esigenza davvero impellente di una nuova, aggiornata, riveduta ed adeguatamente (o spudoratamente) corretta trasposizione della nota contesa storica che divise due stati all’interno di uno stesso paese geografico.
Forse, nei progetti di chi ha portato avanti la produzione, si avvertiva la voglia di dare la possibilità a due giovani star da qualche anno già apprezzate e premiate, di confrontarsi con due ruoli inevitabilmente stuzzicanti e irrinunciabili.
La versione di Josie Rourke, regista teatrale al suo esordio nel lungometraggio, appare sontuosa, forte di riprese e vedute aeree suggestive, di costumi sgargianti, trucco e parrucco perfetti ed in grado di rendere la prova delle due artiste impegnate nei rispettivi ruoli, di fatto, una interpretazione di tutto rispetto.
Attrici, dive e regine
Saoirse Ronan non sbaglia o quasi una parte, all’interno di una carriera da anni ormai impeccabile. Ed appare qui tenace e temeraria come da necessità di ruolo, oltre che assai credibile nel tradurre l’irresistibile brama di potere che rende una donna, esile ed apparentemente debole, una furia in grado di far tremare una intera corte, ed il suo trono vacillante e messo più volte in discussione, anche da problematiche oggettive legate all’ereditarietà del titolo.
Da canto suo, Margot Robbie, attrice altrove sempre bellissima, ma che qui si fatica a riconoscere con quel naso aquilino devastante, che tuttavia appare verosimile, tiene testa alla collega con una tenacia che rende quasi tattile la rivalità testimoniata dai libri di storia attorno alle due eredi al trono e cugine.
Per il resto il filmone un po’ laccato, da qualche giorno visibile su Netflix, si districa tra scelte di cast un po’ avventate o coraggiose (il famoso paggio di Maria, dato per italiano d’origine, è interpretato da un attore sfacciatamente latino-americano, per non parlare dei consiglieri di colore), capigliature (soprattutto maschili) un po’ troppo alla moda (attuale), episodi di fantasia messi in mostra come segreti e di fatto frutto di fantasie mai comprovate.
Tutti elementi contribuiscono a rendere l’operazione un esemplare caso di prodotto commerciale, pensato per accontentare le platee, più che gli esperti o appassionati di storia.
Il sopraggiungere in sala, ormai alcuni anni orsono, di Maria Regina di Scozia, avvenne non certo a caso in concomitanza con un altro film in costume, come fu La Favorita del celebrato regista greco Yorgos Lanthimos (ben superiore al presente sotto ogni punto di vista), ambientato, quest’ultimo, in un periodo successivo, ma non lontanissimo rispetto alla vicenda di Maria Stuarda.
La circostanza induce a nutrire ancora più riserve nei confronti di questa astuta opera in costume della Rourke, che tuttavia raramente risulta spingersi oltre i limiti dell’accettabile, e che punta, con una meditata scaltrezza e ben dosata malizia, sul coté feuilleton intriso di erotismo in svariate sfaccettature, anche omosex. Dando vita ad un rutilante fumettone storico in grado di lasciarsi seguire senza troppo impegno cerebrale, ma anche certamente senza annoiare. 5/10