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La giostra del paradosso nel cinema di Roberta Torre

Cineaste alla ribalta. Il cinema declinato al femminile. Rubrica a cura di Ginevra Natale

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Roberta Torre è una regista che non ha paura di osare. Risulta chiaro fin dagli esordi quando con Tano da morire mette in scena nientemeno che un musical sulla mafia palermitana. L’impronta stilistica di questo film è fortissima e ad influenzarla è sicuramente anche la sua passione per la fotografia, per la pittura e per il teatro.

I colori sgargianti, la ricchezza delle scenografie, la caratterizzazione dei personaggi, tutto concorre a costruire un’impalcatura surreale e grottesca di grande impatto visivo. Ma la cosa più interessante è che questa impalcatura venga utilizzata non per stemperare la realtà violenta che si propone di rappresentare, bensì per esaltarne l’aspetto tragico. Così, tra una risata e l’altra, ci rendiamo conto che stiamo assistendo, in verità, ad un carnevale mostruoso, dove albergano miseria e squallore. È quanto accade anche nel successivo Sud Side Stori, ma non in Angela. Qui l’approccio è completamente diverso, come in effetti diverso è ormai il rapporto tra la regista e Palermo. Gli anni vissuti in questa città hanno reso il suo punto di vista meno distaccato. Non è più la milanese in terra straniera degli inizi, ha imparato a conoscere più profondamente la cultura dei palermitani e ce ne restituisce ora le sfumature, adoperando il  linguaggio classico del dramma.

Con Mare nero, invece, la Torre sperimenta il “noir” e lavora per sottrazione. L’immagine  domina in un gioco di vuoti, di silenzi, di assenze. È esattamente il contrario di quanto fatto in Tano da morire e in Sud Side Stori, e in questo caso la scelta è funzionale a rappresentare il mondo interiore del protagonista, un ispettore di polizia rigido e distaccato.

Ne I baci mai dati, infine, la regista torna alle origini e recupera il cuore dell’impronta stilistica iniziale per affrontare, tra le stradine di un quartiere degradato di Catania, il tema della superstizione. Questa volta l’aspetto surreale è circoscritto e convive con quello reale, mentre la vivacità dei colori è associata alla meschinità di alcuni personaggi (primo fra tutti quello della parrucchiera cartomante) e alla negatività di certi luoghi (come la chiesetta di un prete che si lascia tentare dal diavolo). Torna quindi la giostra del paradosso.

Attualmente Roberta è impegnata in Rose e matematica, un lungometraggio di finzione sulla vita di Pierluigi Torre, suo nonno paterno. Di certo il progetto si presenta ricco di stimoli, non solo perché in esso coesistono l’aspetto privato e quello documentaristico (l’Italia che attraversa il fascismo, poi il boom economico, fino alle contestazioni universitarie degli anni ‘Settanta), ma soprattutto perché il protagonista della storia, brillante ingegnere aeronautico e progettista della Lambretta Innocenti, presenta tutto il fascino di una mente giocosa, matematica e poetica insieme.

Ginevra Natale

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