8 Marzo tutto l’anno. Non solo 8 marzo, anche nel cinema, ma l’auspicio di una riflessione che duri un anno intero ed abbia come protagoniste, finalmente al centro della fotografia, la vision e la cifra identitaria delle donne nel mondo della cinematografia attuale.
Tante le iniziative per la Giornata Internazionale per i Diritti della Donna, in sala e on demand, dedicate simbolicamente alle donne ed alle loro conquiste emancipative, che intendono focalizzare l’attenzione sul cinema “delle donne” e per le donne, oltre che sulle difficoltà, nonostante l’ampia diffusione e l’indubbia qualità dei prodotti, di trovare adeguati spazi di visibilità nel panorama pubblico mainstream. Per celebrare l’8 marzo, oltre a sottolineare l’empowerment delle donne registe, proponiamo un breve viaggio cinematografico per evidenziare l’impegno che si è reso necessario alle donne per conquistare diritti basilari ed aspirare all’emancipazione ed alla parità.
8 marzo tutto l’anno: Spazi e premi conquistati
Nonostante il fatto che le statistiche siano ancora sfavorevoli numericamente e non pendano dalla parte delle donne, e benché sia evidente che le trasformazioni culturali siano lente e abbiano tempi lunghi, pure si confermano nel campo artistico-cinematografico il crescente potere delle donne e le previsioni ottimistiche di un cambio di rotta. Alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, infatti, la Palma d’Oro è stata vinta dal film L’événement, diretto dalla regista Audrey Diwan, che racconta la storia di un aborto clandestino nella Francia del 1960 ‘non un film sull’aborto – come affermato dalla regista – ma sulla libertà delle donne’. Stesso discorso per il riconoscimento del Leone d’Argento ottenuto sempre a Venezia 2021 con il film The power of the dog, dalla grande regista neo-zelandese Jane Campion (ben nota per film magnifici quali Lezioni di Piano, Palma d’Oro a Cannes nel 1993 e Oscar Miglior Film, Un Angelo alla mia tavola, Holy Smoke), secondo Leone d’Argento della sua carriera, avendo ottenuto il primo con il film ‘Un Angelo alla mia tavola’, (Gran Premio della Giuria nel 1990).
“Penso che in questo momento le donne di cinema stiano andando molto bene – ha affermato la Campion – infatti è stata una donna a vincere l’ultima Palma d’Oro a Cannes (Julia Ducournau), e un’altra donna ad ottenere il Leone d’Oro quest’anno a Venezia e poi Chloé Zhao che con Nomadland ha vinto l’Oscar ed è stata in Giuria a Venezia: se le donne hanno una possibilità, niente può fermarle. Da quando è nato il movimento #MeToo, poi, sento un cambiamento sostanziale. È una grande perdita per tutti che non ci siano abbastanza voci femminili al cinema e nella narrativa, perché noi ‘vediamo’ in modo diverso, ma c’è un cambiamento in atto. Ad esempio, in televisione le donne registe sono più presenti, e in genere le donne oggi hanno più coraggio e più sostegno, sia dalle altre donne e sia dagli uomini che avvertono le diseguaglianze”.
Film da rivedere 1: We want sex
Più che un film, un manifesto. Attualissimo anche per noi, qui ed ora. Molti gli stimoli che provengono da We want sex (Made in Dagenham), diretto da Nigel Cole, il film che rende omaggio alla prima grande rivendicazione salariale che, nel 1968, porterà un agguerrito gruppo di operaie ad ottenere dal governo la parità di retribuzione con gli uomini. A Dagenham, nel cuore industriale dell’Essex (Inghilterra), la fabbrica della Ford dà lavoro a 55mila operai, che costruiscono automobili, e a 187 donne, addette alla cucitura dei sedili delle auto in un’ala della fabbrica. Sottopagate rispetto agli uomini e costrette a lavorare in condizioni insostenibili, le lavoratrici perdono definitivamente la pazienza quando vengono ri-classificate professionalmente come “operaie non qualificate”. Grinta, unità e pragmatismo (tutti elementi che oggi, ahinoi, spesso scarseggiano) costituiscono il motore di questa battaglia, il cui scopo sarà quello di ottenere un diritto in apparenza evidente: la parità, non contro qualcuno, ma per sé stesse e per il loro lavoro. Sally Hawkins, l’attrice che dà forza e simpatia alla protagonista della vicenda affermava che “l’uguaglianza femminile è qualcosa per cui ancora dobbiamo combattere: anche nell’industria del cinema sono gli uomini a farla da padroni, ed è sempre stato così, è frustrante. Il messaggio del film è di insistere sempre, di accettare sempre le sfide: come ci hanno insegnato le donne di Dagenham, è importante lottare per ciò in cui si crede, anche quando ci fa paura”
Film da rivedere 2: Il diritto di contare
Ispirato ad una storia vera, il film diretto da Theodore Melfi, tratto dall’ omonimo volume di Margot Lee Shetterly, racconta di come tre matematiche afroamericane, Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson, nella Virginia segregazionista degli anni Sessanta, riuscirono ad entrare alla NASA, in ruoli professionali dapprima minori, riuscendo successivamente a far emergere le loro capacità e competenze, nel campo della matematica, dell’ingegneria e nel settore dei calcolatori, sfidando così un mondo di bianchi, sessista e razzista, e contribuendo in maniera determinante a numerose imprese spaziali americane, tra le quali la spedizione in orbita dell’astronauta John Glenn.
Laddove la legge stabiliva di fatto un apartheid, con uffici, toilette, mense, sale d’attesa e bus rigorosamente separati, un team di ‘calcolatrici’ afroamericane e aspiranti ingegnere, si batterono contro le discriminazioni, ottenendo il rispetto ed il loro ‘post onel mondo’, nonostante l’arroganza e le avversità intorno.
Film da (ri)vedere 3: Antigone e The Farewell
Ma il cinema, così come la vita, rendono omaggio anche a tutte le donne che lottano ogni giorno per i diritti e la giustizia nel loro quotidiano, nelle relazioni e nei legami, nelle azioni piccole e grandi, con la loro integrità, compassione, forza morale.
Con il suggestivo film Antigone, scritto e diretto dalla regista canadese Sophie Deraspe, viene riproposto in chiave contemporanea, in una comunità di immigrati in Canada, il dramma di Sofocle, scritto nella Grecia antica, basato sulla storia della giovane Antigone e sul dilemma universale tra legge scritta e legge dell’amore. Il film si ispira ad un fatto di cronaca, avvenuto in una banlieue: quando un ragazzo viene ucciso senza colpa dalla polizia, la sorella, una giovane donna piena di coraggio, lotta con tutte le sue forze per difendere la sua famiglia dall’ingiustizia subita, anteponendo alle leggi degli uomini quelle del cuore e il proprio senso di giustizia, fondato sull’amore e sulla solidarietà per la sua famiglia. Una storia di ribellione contro l’ingiustizia di profonda attualità. “Ho infranto la legge ma lo rifarei, il cuore mi dice di aiutare mio fratello”: la voce di Antigone diventa la voce del coro, guidato dall’amato fratello Emone, che invade le strade e i social network in una rivolta generazionale in cui tutti i giovani si riconoscono in Antigone.
In tema di solidarietà familiare fra donne, un film sicuramente da non perdere è The Farewell, della regista e sceneggiatrice cinese naturalizzata negli States, Lulu Wang, la bella storia di un legame fra una nipote, Billi Wang, nata a Pechino ma da sempre residente a New York, e la sua vecchia ed amata nonna Nai Nai, legata alle tradizioni familiari del suo Paese. Quando la nonna si ammala la famiglia decide di tornare in Cina e di nasconderle la verità, simulando un matrimonio imminente, ma Billi non vuole più mentirle e cercherà una soluzione interculturale, fra l’etica orientale e quella occidentale, per risolvere il problema
Film per chi non può parlare: Be my voice
Per non dimenticare tutte le donne che vivono in situazioni di oppressione nel mondo, private dei diritti, della libertà e della voce, da vedere in sala Be my voice, ultimo lavoro di Nahid Persson Sarvestani, la regista iraniana naturalizzata svedese, in gioventù oppositrice del regime khomeinista, impegnata per la libertà ed i diritti delle donne e già nota per opere quali Prostitution Behind the Veil – documentario scandalo che le valse un arresto da parte delle autorità iraniane – e My Stolen Revolution.
Be my voice racconta la storia della giornalista e attivista iraniana Masih Alinejad, protagonista del documentario, che rappresenta un esempio ed un’ispirazione per le tantissime donne iraniane che si ribellano contro le condizioni di oppressione e l’uso dell’hijab forzato, guidando uno dei più grandi atti di disobbedienza civile nell’Iran di oggi e usa la sua libertà dall’esilio (oggi vive sotto protezione negli Stati Uniti) per dare voce alla protesta nel suo paese d’origine, lottando da anni contro ogni limitazione dei diritti civili e per il rispetto delle donne. Masih rischia la vita ogni giorno continuando ad usare quotidianamente i profili social per raccontare la propria battaglia e per aggiornare i suoi connazionali e non solo, avendo oltre 6 milioni di persone che la seguono su Instagram.
Masih Alinejad è divenuta, dall’esilio in cui è costretta, la voce di milioni di donne, iraniane e non solo, nelle battaglie di civiltà, libertà, parità, contro ogni forma di discriminazione, tenendo alta la speranza che tutte le donne raggiungeranno un giorno la propria emancipazione e potranno effettuare le proprie scelte autodeterminate.
In Between: Libere disobbedienti innamoratesu MUBI per l;8 marzo