Conversation
‘Senza Fine’ conversazione con Elisa Fuksas
Senza fine racconta Ornella Vanoni in una maniera che sarebbe piaciuta al François Truffaut di Effetto Notte
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3 anni agoon
Presentato in anteprima alle Giornate degli Autori Senza Fine si confronta con il mito di Ornella Vanoni in una maniera che sarebbe piaciuta al François Truffaut di Effetto Notte. Di questo e altro abbiamo parlato con la regista del film, Elisa Fuksas.
Senza fine è distribuito nelle sale dal 24 febbraio a cura di I Wonder Pictures.
Senza fine di Elis Fuksas
Le prime sequenze presentano Senza Fine in una maniera particolare. Mi riferisco all’immagine in cui tu appari in campo lungo e a quella in cui vediamo arrivare una macchina con a bordo Ornella Vanoni. Da come inquadri te e lei le immagini già stabiliscono le noti caratteriali dei personaggi e l’inizio del vostro legame. Tu stai seduta sotto il sole ad aspettarla mentre lei entra in scena come la diva che è, accompagnata all’appuntamento con tutte le comodità del caso. Sono campi lunghi che mettono in collegamento status e stili di vita diversi. Non a caso nella prima parte del film lei è al centro della scena mentre tu entri nel campo visivo in maniera parziale, quasi sempre coperta o filmata da lontano. Come al solito nel tuo cinema il rapporto tra spazio e figure racconta molto dei tuoi personaggi.
Avevo interesse che fosse subito chiaro cosa volevo raccontare per cui le immagini iniziali dovevano riassumere l’intero film. Cioè, io che aspetto e lei che non c’è. Lei che arriva in ritardo o forse io che sono in anticipo. Il dubbio dipende dall’assenza di riferimenti temporali. Poi, però, quando Ornella Vanoni arriva, assieme a lei incontriamo il suo mondo, il suo divismo, il suo vestito giallo, il cappello, gli occhiali. A farle da contraltare ci sono io, seduta ad aspettarla con la bottiglietta in mano.
Peraltro a introdurre tutto questo è l’immagine del ragazzino che guida la bicicletta portando tra le braccia un cagnolino. Considerato che ne ha uno anche la Vanoni, i punti di contatto tra le due scene ti servono ancora una volta per sottolineare altro, e cioè lo scarto tra il mondo della protagonista, così pieno di opportunità, e quello che le scorre accanto, di certo più complesso e meno scontato da vivere.
Si, anche meno controllabile e forse anche sorprendente. Quel bambino in bicicletta con il suo cagnolino bianco era il figlio del gestore della pompa di benzina. Quando l’ho incontrato non potevo credere di avere la possibilità di metterlo dentro il nostro film. E così è stato.
Quello di cui parliamo è proprio un inizio tipico del tuo cinema.
Sì, c’è l’estate!
Analogie con Nina
Atmosfere e colori del paesaggio mi hanno ricordato Nina, il tuo film d’esordio, con l’afa e la luce del sole che trasfigurano luoghi e persone. Per come lo filmi lo spazio nel tuo cinema rappresenta un luogo fisico, ma soprattutto emotivo, capace di raccontare i personaggi e le loro emozioni.
In qualche modo è come un pentagramma, ovvero l’unico luogo in cui tu puoi far succedere qualcosa, e quindi sì, è proprio così. Adoro l’estate perché in qualche modo è puro spazio, ovvero una realtà priva delle sue normali connotazioni e delle sue abitudini. Svuotandosi, come avviene in quel periodo dell’anno, le cose iniziano a essere usate in un altro modo e noi, di conseguenza, siamo portati a pensare in un altro modo.
Come in un quadro di De Chirico piazze, strade e architetture cambiano, diventando qualcos’altro.
Non solo le città ma anche gli abitanti
Senza fine contiene al suo interno più di una storia. Se la principale riguarda la vita e la carriera di Ornella Vanoni, a latere se ne profila un’altra rappresentata dalla nascita di un’amicizia. La vostra.
Si, certo, e secondo me questo è l’aspetto più sentimentale del film perché c’è la nascita di un legame impossibile tra due persone sconosciute una all’altra e che però il set riesce a rendere reale. Da perfetta estranea mi aggiro nella sua vita circondandola sempre di più fino a entrare nel suo campo magnetico, nel cosiddetto effetto Vanoni (ride, ndr).
Un po’ di Truffaut in Senza fine di Elisa Fuksas
Si potrebbe dire che Senza Fine è anche la storia della realizzazione di un film. La tua a me ha ricordato quella messa in scena da François Truffaut in Effetto Notte.
Beh guarda, volevo intitolare il film Effetto Vanoni quindi direi che hai colto nel segno. Il mio obiettivo era quello di trovare una storia all’altezza del mito che doveva raccontare. Non è facile avere a che fare con un’icona come lei e dunque con la leggenda da cui viene attraversata ogni volta che canta. E’ una cosa che investe anche il suo privato per questo a un certo punto ho deciso di mostrare entrambe le facce, mostrandone il dentro e il fuori.
Davanti e dietro la macchina da presa
Per mostrare l’altra faccia del suo mito le fai credere che a entrare nel film siano le scene presenti in scaletta, quelle previste dalla sceneggiatura. In realtà il film è in parte costruito sul dietro le quinte. A entrare in campo sono le pause di lavoro, i momenti di svago e di riposo e più in generale i momenti che precedono il ciak. Spesso ti vediamo parlare con lei: non solo del film ma anche della vita.
Si, perché probabilmente fare un film sul mito è impossibile quindi Senza fine è stato anche la messa in scena di un ipotesi, di un’idea, di una serie di appunti. Sapevo che sarebbe iniziato in una stazione di servizio e finito con lei filmata in una versione simile a una sirena ma non avevo idea di come sarei arrivata alla conclusione di questo viaggio. Ovviamente l’ho scoperto mentre lo giravo. La fatica stava nel trovare un ritmo simile a quello della sua età e del suo carattere, considerato che anche io ho il mio. Insomma si trattava di armonizzare due ego in conflitto. Il mio poi era senza pietà, nel senso che quando fai un film ti interessa solo quello. A un certo punto ho deciso di raccontare quello che c’era al di fuori della Ornella Vanoni che conosciamo; soprattuto l’assenza del mito che comunque continua sempre a fare la sua parte.ei
Se ti fossi limitata solo a filmarne il mito non saresti mai riuscita a andare oltre il personaggio.
Fatto sta che alla fine questa versione di lei è diventata l’anima della storia e secondo me la rappresenta benissimo. Al di là dei suoi ricordi su Strelher e Paoli che abbiamo sentito tutti mille volte.
Lo sguardo di Elisa Fuksas in Senza fine
Senza Fine è attraversato da poetiche e luoghi tipici del tuo cinema. Uno di questi è il fatto di inserire la figure all’interno di un insieme di dettagli architettonici che per come sono filmati costituiscono allo stesso tempo uno spazio reale e astratto.
Sì, è vero, diventano qualcos’altro. Forse succede perché l’atto di guardare aggiunge qualcosa in più alle cose. Lo sguardo ha un che di magico, non lascia indifferenti. Essere guardati cambia la nostra realtà.
In questo caso il tuo sguardo trasforma il paesaggio di Senza fine in un luogo dell’anima. Così appare soprattutto la stazione termale in cui si svolge il film.
Diventa un luogo di memoria: non la sua ma di qualcosa capace di evocarla e di farla risuonare su quella di Ornella. Alla fine è come se la storia fosse una riunione di fantasmi senza però apparire macabra. Anche i suoi amici, Samuele Bersani, Vinicio Capossela e Paolo Fresu sembrano delle apparizioni.
Infatti, esattamente. Il fatto di rappresentare un luogo dell’anima rende in maniera coerente il modo in cui i personaggi entrano ed escono dal quadro. Si tratta di vere e proprie epifanie.
Si, il tentativo era quello, così come raccontare una donna che non ha il senso del tempo e per la quale passato, presente e futuro stanno insieme in maniera disordinata. Non è una questione di età ma di come vivere il tempo.
Immagini di repertorio
Così facendo la forza del film si fa sentire anche nella maniera in cui entrano in campo le pochissime immagini di repertorio. Le tue non sembrano la conseguenza di una scaletta prestabilita ma epifanie di un luogo senza tempo.
Si, è proprio questa l’intenzione che, se hai visto, ha la sua l’apoteosi in quel finale in cui la rivediamo giovane. Per me quella è la scena più importante, la prima a cui ho pensato. Peraltro quando sono andata a vedere il posto in cui ho deciso di girarla mi sono detta, beh, qui deve vedersi lei da giovane. Dopodiché ho inserito uno dei pochissimi primi piani presenti nel film. L’ho fatto senza chiedermi cosa sarebbe successo, senza sapere quale sarebbe stata la resa ma sicura che quella era la maniera giusta di congedarci da lei.
A quella sequenza ne segue un’altra in cui metti insieme i luoghi del film. Filmarli senza di lei è come metterne in scena l’essenza ma anche la sua assenza.
Si, sembra che tutto sia finito mentre lei è pronta a ritornare.
Isola sempre di Elisa Fuksas prima di Senza fine
Dicevamo di come Senza fine entri in maniera coerente nella tua filmografia. Lo fa anche quando come era successo in Isola, vincendo la tua naturale ritrosia ed entrando all’interno del quadro visivo. Anche qui sei una dei protagonisti del film.
Hai ragione! (ride, ndr)
Come in quel film, anche qui a fare da contraltare alla bellezza delle composizioni ci sono frammenti di cinema sghembo, con immagini interrotte per problemi tecnici comunque inserite nel montaggio. Di norma si ragionerebbe in maniera opposta.
Sì, assolutamente, volevo che il film non fosse così compatto ma corrispondente a un disordine che è il modo con cui Ornella si relaziona verso l’esterno e che apparteneva al set. Rispetto al fatto che le mie idee andavano e venivano volevo che ci fosse almeno un rigore estetico. Quest’ultimo mi ha permesso di non preoccuparmi di quanto succedeva dentro all’inquadratura.
Alla pari di A.L.B.E. anche in Senza fine in qualche modo scherzi con l’eccezionalità e la celebrità dei protagonisti. Nel film c’è sempre questo sguardo ironico in cui traspare la volontà di sdrammatizzare certe situazioni come pure di non prendersi troppo sul serio.
Sotto questo profilo Senza Fine ricorda molto A.L.B.E. Entrare in competizione con lei sarebbe stato ridicolo. In ogni caso detesto chi si prende sul serio quindi cerco sempre di smantellare teatralità e grandiosità sapendo che le stesse mi vengono comunque garantite dalla qualità delle immagini. Che lei sia un mito è evidente anche per come il film è girato, raccontato, inquadrato; dal fatto che non ci sono controcampi – non ne esiste uno in tutto il film -. Volevo che il mondo fosse bidimensionale un po’ perché amo immagini di quel tipo, un po’ perché volevo che il mondo del film apparisse come un palcoscenico.
Quello che non si vede in Senza fine di Elisa Fuksas
Anche qui come in altri tuoi lavori la storia è attraversata da un anelito metafisico, da una spinta verso ciò che non si vede.
Credere in Dio un po’ ti aiuta, nel senso che non basta quello che vediamo. La realtà non è tutta qui. Che siano gli alieni, una canzone che ti emoziona o il mito di un grande personaggio, tutto concorre a guardare oltre ciò l’apparenza.
Questa tua volontà è impressa nelle immagini. Mi riferisco alla chiusura in cui l’acqua dove galleggia la Vanoni a mo di Sirena fa il paio con certe vedute aeree che concludevano i tuoi film precedenti.
Certo, sono d’accordo, gli elementi entrano sempre in campo per testimoniare il tentativo di superare i limiti del conosciuto.
Quale sarà il tuo prossimo viaggio?
Il prossimo film sarà tratto dal mio libro, Ama e fai quello che vuoi. Non so ancora bene la formula con cui lo girerò ma mi inventerò qualcosa. Ovviamente non sarà mai pura finzione perché come avrai capito è una modalità che non mi interessa più. Preferisco sperimentare e vedere quello che succede.