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‘L’accusa’ di Yvan Attal: esiste davvero una giustizia assoluta?

Un film "a conduzione familiare" incentrato sulla giustizia e sulla sua applicazione

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l'accusa yvan attal

Vi riproponiamo la recensione di L’accusa di Yvan Attal. Il film è stato recentemente rilanciato su Raiplay. Vi basterà iscrivervi gratuitamente per vederlo.

Un grande film, grandi temi

Si può davvero parlare di giustizia in senso assoluto? Chi decide e come se una cosa è giusta o no? Il giudice cerca di applicare la legge al caso di fronte al quale si trova, ma non per forza e non sempre ciò che lui o lei applica corrisponde alla definizione di giustizia. È questo il nodo centrale della vicenda raccontata in maniera precisa da Yvan Attal nel suo film tratto dall’omonimo romanzo di Karine Tuil.

“L’accusa” di Yvan Attal: la sinossi

I Farel sono una super-coppia: Jean è un importante opinionista francese e sua moglie Claire una saggista nota per il suo femminismo radicale. Hanno un figlio modello, Alexandre, che frequenta una prestigiosa università americana.

Durante una breve visita a Parigi, Alexandre conosce Mila, figlia dell’amante della madre, e la invita a una festa.

l'accusa

Il giorno dopo, Mila sporge denuncia contro Alexandre con l’accusa di stupro, distruggendo l’armonia familiare e mettendo in moto un’inestricabile macchina mediatico-giudiziaria che presenterà verità opposte.

La recensione de L’accusa 

A differenza del titolo originale (Les choses humaines), quello italiano, oltre a indicare l’argomento che il film tratterà, dà anche una sorta di giudizio. E, così facendo, va a intersecarsi con la tematica di fondo: quella, appunto, del giudizio e della giustizia. Mentre il titolo francese non fa pendere l’ago della bilancia né da una parte né dall’altra, descrivendo in maniera oggettiva la situazione che la macchina da presa mostra allo spettatore, quello italiano punta il dito.

E fa scattare la prima grande domanda: come si giudica un comportamento? È vero che la legge dà un’indicazione e invita a seguire una direzione, ma, come ci fa presente L’accusa di Yvan Attal, non è mai davvero universale. C’è la legge naturale e la legge morale. E il regista prova a esaminarle entrambe, senza mai prendere posizione. Così come lo spettatore, che, alla fine del film, non è in grado di dare un giudizio oggettivo.

Un film giusto che parla di giustizia

Una violenza continua ne L’accusa di Yvan Attal

Di pari passo alla giustizia e al dilemma riguardo la sua applicazione c’è anche un’altra forte tematica: quella della violenza. Una violenza su più livelli e su più persone. C’è la violenza sessuale subita da Mila, ma c’è anche un’altra forma di violenza che vede coinvolta sempre la giovane. Perché non si può non definire violenza quella che le forze armate, i giudici e anche la madre stessa arrecano alla protagonista femminile.

l'accusa yvan attal

Nel momento in cui lei decide di denunciare l’accaduto, si trova costretta a rivivere l’esperienza traumatica che non ha, naturalmente, ancora dimenticato. Nel momento della denuncia presso la polizia viene costretta a ripetere ogni singola parola e ogni singola azione compiuta da lei e Alexandre la notte precedente. Subito dopo, per attestare che il rapporto tra i due sia effettivamente avvenuto, viene sottoposta a controlli e visite invasive. Sì, sono la prassi, ma nessuno prova, anche solo per un attimo, a mettersi nei panni di quella che è considerata in quel momento la vittima. Nessuno prova a rincuorarla, a dirle una parola di conforto, ad aiutarla. Stessa cosa avviene in tribunale, dove la sofferenza di Mila viene accentuata ancora di più dall’indugiare della macchina da presa che non si muove, ma resta fissa e immobile sul volto stravolto e rigato dalle lacrime della ragazza.

Le relazioni (e reazioni) familiari

Yvan Attal ne L’accusa dirige, sulla carta, una grande famiglia, ma in realtà quelle che si vedono sono tre famiglie. C’è la famiglia Farel, la famiglia di Mila (Suzanne Jouannet) e la famiglia reale di Attal, dal momento che Charlotte Gainsbourg (Claire nel film) e Ben Attal (Alexandre) sono moglie e figlio del regista.

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Intrecci continui che mettono in relazione le famiglie dei due giovani protagonisti.  Unite fin dall’inizio dalla relazione tra Claire e il padre di Mila (Mathieu Kassovitz), si ritrovano catapultate nel turbine di questa situazione. I tasselli cercano di intrecciarsi, ma le relazioni sembrano appese a un filo soprattutto quando si parla di figli e ognuno «tira l’acqua al suo mulino». Ed ecco che diventa emblematica la reazione di ognuno. La femminista Claire, per la prima volta, è disposta a chiudere un occhio perché a essere coinvolto è il figlio. L’ex marito Jean (Pierre Arditi), noto opinionista, per non perdere la propria credibilità e vedere la sua immagine offuscata da questo scandalo è disposto a pagare chiunque pur di scagionare il figlio. Dall’altra parte, la madre di Mila coglie al volo l’occasione per rinfacciare all’ex marito la sua storia con la madre di Alexandre.

Insomma nessuno, alla fine, pensa alla situazione in sé o prova a mettersi nei panni dell’altro.

Continui parallelismi tra personaggi e azioni

Costruito in maniera davvero attenta, L’accusa di Yvan Attal arriva a mostrare più tematiche e più linee narrative. Per esempio merita di essere menzionato un parallelismo su tre piani. Se prima è stato fatto cenno alla violenza subita da Mila nel momento della denuncia, non si può non accennare anche alla violenza subita da Alexandre che, da presunto colpevole, viene incarcerato. La prassi prevede determinate procedure, ma in quel preciso momento Alexandre è un sospettato, non è né innocentecolpevole.  Torna così la questione della morale e della giustizia.

Un altro interessante parallelismo è quello scaturito dalla violenza del padre in una scena con una giovane ragazza. Molto abile qui Yvan Attal nel costruire una finzione cinematografica vera e propria.

Tante tematiche: anche attualità e social

Sono tanti gli spunti ai quali dà vita L’accusa di Yvan Attal. Non solo violenza, giustizia e relazioni. Anche i social e il modo in cui influenzano la vita di tutti i giorni di determinate persone entrano di diritto nella narrazione. Claire che legge quello che le persone pensano di lei dai social, sui quali ognuno pensa di essere in diritto (e in dovere) di dire ciò che vuole. Jean che dà più importanza alle fughe di notizia in vista della carriera che al benessere della propria famiglia. Ma anche il modo in cui lo stesso Alexandre li usa per comunicare con le altre persone, come viene mostrato all’inizio del film.

Tra i diversi comportamenti dei personaggi, si possono citare le ex fidanzate del protagonista che non hanno la reale percezione della realtà proprio perché filtrata dallo schermo.

Ma profondi e precisi sono anche gli interventi dei genitori del ragazzo. Un’accorata Claire prova sulla propria pelle quello che ha sempre portato avanti con i suoi discorsi, ma il compito di richiamare l’attenzione del pubblico spetta a Jean che, nella sua apparentemente leggera arringa, parla di zona grigia. Quella zona nella quale nessuno può entrare perché nessuno è in grado di giudicare completamente.

La tecnica di Yvan Attal per il suo L’accusa

Oltre ai temi interessanti, il film francese merita un’attenzione particolare per il modo in cui è costruito e rappresentato. Innanzitutto, la divisione in capitoli, corrispondenti ai personaggi e alle due parti coinvolte, oltre che rimandare ad alcuni titoli del passato, come The Last Duel di Ridley Scott, aiuta lo spettatore a empatizzare con entrambi. Conoscendo il loro passato  o comunque percependo il modo di porsi sia di Alexandre che di Mila, siamo in grado di capire i motivi  di certi atteggiamenti e di certe scelte. Anche se non siamo comunque in grado di giudicare del tutto la vicenda.

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A tutto questo va aggiunta la scelta di un ambiente chiuso per la maggior parte del film. Yvan Attal decide di ambientare due terzi de L’accusa  all’interno di un tribunale. Ma il regista merita un plauso soprattutto per il lungo piano sequenza finale che mostra come L’accusa sia un film tecnicamente incredibile.

Una storia attuale e autentica, raccontata con profonda maturità e tecnica impeccabile. Aiutata da un cast perfetto in grado di trasmettere tutte le sfumature dei personaggi, anche quelle più impercettibili.

Sono Veronica e qui puoi leggere altri miei articoli

L'accusa (Les Choses Humaines)

  • Anno: 2021
  • Durata: 148'
  • Distribuzione: Movies Inspired
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Yvan Attal
  • Data di uscita: 24-February-2022

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