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Taxidrivers Magazine

Game of Thrones

Televisione come cosa seria(l). Le serie tv raccontate da Taxidrivers. Rubrica a cura di Michelangelo Pasini. Featuring Francesco Massaccesi

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Esiste ancora un gap tra cinema e televisione? Oggi che sul grande schermo la voglia di stupire e la necessità di anticonformismo sembrano essere scemate un po’ ovunque, la sperimentazione, lo si legge in ogni rivista, forum, sito, quotidiano che si rispetti, arriva dalla tanto vituperata scatola televisiva. Se al cinema la libertà pare divenuta ormai una chimera, sul piccolo schermo sembra possibile mostrare qualcosa di inedito e provocatorio. I ruoli, insomma, si sono invertiti. Allora, c’è ancora differenza tra cinema e televisione?

I fanboy dei serial americani risponderanno, orgogliosi,  che dieci, venti, trenta, cento puntate rendono un prodotto pensato per il tubo catodico (anche se  adesso sarebbe meglio parlare di lcd, led o plasma) molto più simile ad un romanzo, quindi molto più profondo, particolareggiato, con mille sfaccettature e piani di lettura. Non ci interessa tanto prendere queste posizioni quanto rilevare che una delle peculiarità che il grande schermo si teneva strette è l’ingente disponibilità economica. Insomma, per far cinema ci vogliono soldi, direbbero (molti) in America. Lost, sì ancora lui, ha dimostrato che anche la televisione può godere di un discreto budget e ha, anche sotto questo punto di vista, livellato ulteriormente le differenze tra l’una e l’altra sponda. Le cose sono più o meno continuate allo stesso modo fino a quando l’HBO ha deciso che anche l’ultimo tabù andava finalmente abbattuto: anche le serie tv possono godere di budget faraonici e quindi garantire spettacolarità e intrattenimento allo spettatore senza badare a spese. Se Lost aveva lanciato uno dei primi sassi ed era stato seguito a ruota da tante altre esperienze, in primis Rome e Boardwalk Empire, Game of Thrones rappresenta la conferma definitiva che il gap economico che ancora sembrava intercorrere tra cinema e televisione è colmato. Da tempo si parlava di una possibile trasposizione del ciclo di romanzi fantasy Cronache del ghiaccio e del fuoco, di George R. R. Martin (oltre tremila pagine già scritte, almeno altri tre nuovi libri in arrivo), ma l’operazione appariva quasi impossibile. Motivo? Il respiro epico e la vastità del mondo creato dallo scrittore statunitense non sembravano adatte neanche per una riduzione su grande schermo. Figurarsi su quello televisivo. Ma HBO sembra aver fatto di necessità virtù: impossibile prendere l’universo di A song of ice and fire e farne un film (o una saga cinematografica), la complessità narrativa richiedeva la lunga distanza garantita solo da una serie televisiva. Ulteriore parola d’ordine: allontanarsi il più possibile da prodotti sulle stile di Camelot. Per rispondere a queste esigenze vengono stanziati oltre cinquanta milioni di dollari per la prima stagione, per un totale di dieci puntate.

Il risultato lascia tutti a bocca aperta. E quando scrivo tutti, intendo dire proprio tutti. Da una parte ci sono coloro che, fan non solo dei libri di Martin, ma di ogni universo fantasy mai immaginato, attendevano Game of Thrones con raro fermento, dall’altra i detrattori a priori del genere, o semplicemente quelli che “non mi fa ne caldo ne freddo”, “non mi ha mai affascinato”. Ecco, bene, i primi li possiamo vedere ancora intenti a leccarsi i baffi, stupefatti dal lavoro di sceneggiatura, di regia, di scenografia, ma anche di casting. Storditi dalla maestosità delle location e dall’incredibile respiro epico della serie. Una magniloquenza, una grandezza, una larghezza, una profondità che non si pensava potesse appartenere al piccolo schermo. Gli altri invece restano a bocca aperta a sentire le parole che avete appena letto: davvero increduli di fronte a chi non fa altro che tessere le lodi di un prodotto che per loro è noia, noia profonda. Chi ha ragione? Entrambe le fazioni. Perché davanti a tanta potenza narrativa e visiva non si può restare impassibili. Poco ma sicuro. Ma è altrettanto sicuro il lento procedere delle intricate vicende di tradimenti, strategie e passioni. Chi ha detto che il fantasy debba per forza di cose far rima con azione e adrenalina? Game of Thrones si prende invece il tempo di cui necessita, non corre, pensa, attende, scoppia e strilla qualche volta (e quando lo fa son davvero scintille), ma per gran parte del tempo gioca con l’atmosfera. E questo non è per tutti i palati. Perché ormai sono in molti a non pretendere più dalla televisione solo ed esclusivamente velocità, ma quando si parla di fantasy il discorso sembra andare nella direzione opposta. Ma chi stabilisce con una serie come Treme non sia lenta ma sospesa e Game of Thrones risulti zoppa proprio perché poco dinamica? E soprattutto, chi continua a pensarlo, ha visto l’ultima puntata di questo nuovo capolavoro targato HBO? Perché, credetemi, cambierebbe idea velocemente.

Michelangelo Pasini

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