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‘Alcarrás’, la recensione del film Orso d’oro a Berlino

A vincere la Berlinale 72 il dramma di Carla Simon

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Per quanto possa suonare falsamente consolatorio, c’è da dire che in Alcarrás, film Orso d’oro a Berlino 2022, c’è un pizzico d’Italia. Alcarràs, infatti, e co-prodotto dall’italiana Kino Produzioni, insieme a Avalon, Elastica Films, Vilaüt Film e la Provincia di Lleida. La regista Carla Simón ne ha scritto la sceneggiatura insieme a Arnau Vilarò. Tra gli interpreti Jordi Pujol Dolcet, Anna Otin, Xènia Roset, Albert Bosch, Ainet Jounou, Josep Abad, Montse Oró, Carles Cabós, Berta Pipó. La distribuzione internazionale è di mk2 Films.

Il Film è in sala dal 26 maggio. Distribuzione I Wonder Picures.

Alcarrás – Clip

Alcarrás – La storia

I membri della famiglia allargata Solé, che comprende genitori, figli, nonni, zii e nipoti, trascorre da sempre l’estate in un podere nel paesino di Alcarrás in Catalogna. Qui gli adulti si occupano della raccolta delle pesche, la cui commercializzazione sembra essere l’unica fonte di reddito della famiglia. Anche i bimbi all’occorrenza includono piccoli aiuti agricoli ai loro giochi. Il possesso della terra è garantito da un accordo orale che si perde nella notte dei tempi e la famiglia Solé non ha alcuna difesa contro i piani del legittimo proprietario che vuole installare sul terreno, al posto dei peschi, una distesa di pannelli solari.

Nella messa in scena, la forza di attrazione

Nella sequenza iniziale di Alcarrás, che ci mostra dentro una vecchia duecavalli arenata tra le zolle di terra uno spassosissimo gioco di bambini interrotto dall’arrivo di una ruspa, c’è una sorta di falsa partenza della storia. Non è la materializzazione della minaccia che gli eroi del film devono scongiurare. Non esistono eroi, né avventure e nemmeno battaglie alla Erin Brockovich. L’unica battaglia messa in scena è quella degli agricoltori contro le grandi distribuzioni sul prezzo svilente dato ai loro prodotti. I camion che trasportano i pannelli solari entrano in scena molto più tardi e sembrano scalfire appena la quotidianità della famiglia Solé. La minaccia di perdere tutto è inizialmente solo accennata e non diventa mai il problema che fa passare tutto in secondo piano. Quest’assenza fa in modo che a risaltare siano altre questioni presenti nel film, ma tutte in relazione tra loro: la crescita e le prospettive dei giovani, la trasmissione dei valori tra generazioni, la sintesi possibile tra modernità e tradizione.

Alcarrás è un film a trama debole. La struttura narrativa si presenta più come un flusso che vortica lentamente su se stesso, privo di snodi o elementi drammaturgici “tradizionali”. L’attenzione dello spettatore rimane tuttavia sveglia per la bellezza della messa in scena.

Alcarràs è un film sobrio, che non concede alcun godimento accessorio. Per via di un linguaggio asciutto, essenziale, privo di elementi decorativi visivi e sonori. Nessuna enfasi o sottolineatura. L’abbondante musica è tutta di origine diegetica, l’eccellente fotografia non indugia mai sulla bellezza di ambiente e natura.

Quella di Carla Simón assomiglierebbe a un’immediata esposizione del reale se non fosse per una messa in scena che sembra frutto di un’attenta preparazione. Una direzione attoriale perfettamente orchestrata su un gruppo eterogeneo e complesso di personaggi. Sono interpretati tutti da attori alla loro prima esperienza, persone prese dalla vita che si ritrovano in un ensemble recitativo perfettamente funzionante.

I paradossi della green economy

Molta della potenza drammatica del film si esplica in tutta la sua forza visiva nelle ultime inquadrature, la terribile devastazione del frutteto. Questa forza spinge allo scoperto definitivamente  l’argomento del film, che coglie in pieno un tema dell’attualità politico-economica che ci vuole tutti sul carro della green economy al costo del paradossale sacrificio della terra coltivabile. A conferma che quello tra capitale e ambiente rimane un matrimonio sterile e sempre in crisi.

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